04 febbraio 2025

Il Decreto Cultura non ha ridotto l’IVA, è il colpo di grazia per gli operatori del settore

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Resta inascoltata la richiesta degli addetti ai lavori di abbassare l'aliquota IVA sugli oggetti d’arte. E così l'Italia si ritrova sempre più svantaggiata, sempre meno competitiva sul mercato internazionale

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Artissima © Photo: Perottino-Piva-Peirone

La Francia ha abbassato l’IVA al 5,5% per le opere d’arte, la Germania al 7%. Accade che in Italia uno spiraglio ci fosse, per restare al passo, che da tempo ormai galleristi, antiquari, case d’aste e collezionisti agognassero la fantomatica riduzione delle aliquote IVA sulle importazioni e le transazioni delle opere d’arte, da considerarsi non solo come beni di lusso, ma in primis come beni culturali, alla maniera degli stati vicini.

Già a marzo 2023, l’allora sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi anticipava un abbassamento dell’IVA al 5,5%. E invece: in data 3 febbraio il Decreto Legge del 27 dicembre 2024 n. 201 è stato ufficialmente approvato dal Governo, ma dei tagli sull’IVA nessuna traccia, l’aliquota è ancora fissa al 22%, tutto resta com’è. Tradotto: il mercato dell’arte nostrano risulta sempre meno attrattivo, a discapito di chi ci lavora. E di chi preferirebbe chiudere affari entro i confini, e non spostare la propria attività altrove, e ora riceve l’ennesimo disincentivo.

Decreto Cultura, le prime proteste

Arriva veloce lo sconcerto da parte del Gruppo Apollo, che rappresenta l’industria dell’arte in Italia. «Per il nostro settore questo è il colpo di grazia», rivela in un comunicato. «Di fatto l’Italia uscirà dal mercato internazionale, perché non le sarà più concesso competere con i paesi europei. Oggi l’IVA ordinaria è al 22% a fronte di regimi fiscali estremamente più competitivi, come quello tedesco o francese, che hanno abbassato strategicamente e in maniera tempestiva le aliquote al 7 e al 5,5%, cogliendo l’opportunità consentita dalla direttiva (UE) 2022/542. L’effetto a cui assistiamo è il trasferimento di moltissime attività verso Paesi con regimi fiscali oggi molto più convenienti. Non possiamo ignorare le conseguenze che questo mancato allineamento produce su tutta la filiera dell’arte: artisti, accademie e centri di formazione, restauratori, artigiani, e il fondamentale comparto delle fiere».

«Il Governo, inoltre», prosegue il Gruppo Apollo, «non modifica neanche il regime di circolazione dei beni artistici e di antiquariato – sottolinea il Gruppo Apollo. Mentre negli altri Paesi europei per l’uscita dei beni dal territorio nazionale si raggiunge come soglia di valore 300.000,00 euro, in Italia esiste un’unica soglia di valore pari a 13.500 euro applicabile a qualsiasi tipologia di beni, tranne quelli archeologici, di età superiore a 70 anni. Tutto ciò crea grave impedimento alla circolazione delle opere rendendo il mercato del nostro Paese sempre più complesso, farraginoso e quindi meno attrattivo, con la conseguente svalutazione dell’arte e degli artisti italiani nel mondo».

«Da tempo attendevamo questi provvedimenti vitali per il nostro settore. Occorre dunque intervenire ora con la massima urgenza attraverso misure in grado di interrompere questa spirale che mette a rischio il comparto dell’arte e l’intero sistema culturale del Paese».

1 commento

  1. La decisione di non applicare la riduzione dell’IVA per l’acquisto di beni d’Arte, per rendere l’Italia competitiva rispetto ad altri Paesi che già hanno introdotto tale misura, è purtroppo la palese dimostrazione che la politica italiana, tutta, è totalmente disinteressata alla crescita della divulgazione della Cultura nel nostro Paese, prigioniera di una ideologia ottusa, a letale discapito di professionisti che dedicano la loro vita a questo mondo.
    Tutto questo dopo mesi di conferme ed assicurazioni!
    Mi auguro che per molto tempo nessun politico si intesti qualche inaugurazione o taglio di un nastro per un’esposizione d’arte!

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