08 febbraio 2025

«Senza la riduzione dell’IVA l’Italia esce dal mercato dell’arte»: parte la lettera dei galleristi al Governo

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Il consorzio che riunisce 74 tra le più importanti gallerie d’arte italiane manda una lettera aperta al Governo: senza la riduzione dell’IVA è a rischio l’intero comparto

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Panorama L'Aquila,2023. Maurizio Nannucci. Ph. Luca M. Fontana, Alessio Tamborini. Courtesy ITALICS and the artist and Galleria Fumagalli

Italics, il consorzio che riunisce 74 tra le più autorevoli gallerie italiane d’arte contemporanea, moderna e antica, lancia un duro attacco al governo di Giorgia Meloni con una lettera aperta, esprimendo «Profondo stupore e grande apprensione», per la mancata riduzione dell’IVA sulle opere d’arte nel Decreto Legge n. 201 del 27 dicembre 2024. Il provvedimento, approvato definitivamente e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 febbraio 2025, ha disatteso le richieste lungamente avanzate dal settore, mantenendo l’aliquota al 22% (ne scrivevamo qui).

«Il governo ha deciso di voltare le spalle al mercato dell’arte italiano, dimostrando indifferenza per il suo valore economico e, cosa ancora più grave, per il suo valore culturale, di fatto decretandone la condanna a morte e causando un danno incalcolabile in termini di sostegno agli artisti e alla rilevanza culturale del nostro Paese sulla scena globale», si legge nella lettera di Italics, che è presieduto da Lorenzo Fiaschi (Galleria Continua), con vicepresidente Pepi Marchetti Franchi (Gagosian).

ITALICS sottolinea come la decisione dell’esecutivo penalizzi un settore già fragile e in difficoltà, escludendo di fatto l’Italia dal mercato artistico internazionale. Francia e Germania, per esempio, hanno abbassato l’IVA sulle opere d’arte rispettivamente al 5,5% e al 7%, mentre l’Italia resta ancorata a un sistema fiscale che, secondo il consorzio, «Scoraggia collezionisti, gallerie e case d’asta a operare nel nostro Paese».

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Italics, l’IVA e il declino del mercato dell’arte

Tra le righe della lettera di Italics si evidenzia l’assenza di una strategia culturale ed economica adeguata per sostenere il mercato dell’arte in Italia. Il mancato adeguamento dell’IVA agli standard europei si prefigura come una politica miope che rischia di far perdere definitivamente alle gallerie italiane il ruolo di protagoniste sulla scena artistica globale.

La preoccupazione è condivisa anche dal Gruppo Apollo, di cui fa parte lo stesso Italics e che in un comunicato ufficiale ha parlato di «Colpo di grazia» per il mercato dell’arte italiano. «Di fatto l’Italia uscirà dal mercato internazionale, perché non le sarà più concesso competere con i paesi europei», afferma il consorzio.

A questo si aggiunge la rigidità della normativa sulla circolazione delle opere d’arte: mentre in altri paesi europei il limite di valore per l’uscita di beni artistici è fissato a 300mila euro, in Italia esiste un’unica soglia di valore pari a 13.500 euro applicabile a qualsiasi tipologia di beni, tranne quelli archeologici, di età superiore a 70 anni.

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Un’occasione da non mancare per l’arte italiana

Secondo gli esperti del settore, il governo ha scelto di ignorare le opportunità offerte dalla direttiva (UE) 2022/542, che ha permesso a diversi paesi di abbassare l’IVA sulle opere d’arte. La conseguenza diretta sarà un’ulteriore fuga di artisti e collezionisti verso mercati più favorevoli, con il rischio di impoverire ulteriormente il tessuto culturale italiano.

Mentre il governo giustifica la decisione con esigenze di bilancio, il settore dell’arte chiede risposte concrete. Italics, nel suo appello, esorta l’esecutivo a riconsiderare la questione e a introdurre misure che possano rilanciare il mercato artistico italiano. Il rischio, altrimenti, è che l’Italia diventi sempre più marginale nel panorama internazionale dell’arte, nonostante il suo inestimabile patrimonio culturale. «Molti attori dell’industria culturale stanno già chiudendo o, per i pochi a cui è possibile, delocalizzando. Ci appelliamo al Governo perché riveda immediatamente le Sue posizioni in materia, che arrecano fin d’ora un danno economico e culturale al nostro Paese, culla indiscussa della cultura mondiale», conclude la lettera.

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