22 dicembre 2021

Giacomelli e Burri: bianchi e neri assoluti, al MAXXI

di

Giacomelli e Burri. Al MAXXI un confronto tra i due protagonisti dell’arte del Novecento, osservati nella vicinanza formale tra l’astrazione fotografica e l’espressione materica

Giacomelli | Burri. Fotografia e immaginario materico

Inaugurata al MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), negli spazi EXTRA, il 2 dicembre 2021, la mostra “Giacomelli | Burri. Fotografia e immaginario materico”, a cura di Marco Pierini e Alessandro Sarteanesi, dopo la prima apertura a Senigallia, l’esposizione approda a Roma fino al 6 febbraio 2022, in collaborazione con la Fondazione Burri di Città di Castello e gli Archivi Mario Giacomelli e Sarteanesi.
«Non sembri azzardato leggere in parallelo le ricerche di Giacomelli sul paesaggio e alcuni cicli di Alberto Burri. A uno sguardo indifferente alle categorie e alle convenzioni della critica, apparirà infatti evidente, al di là di un’epidermica vicinanza formale, l’analoga attitudine a costruire l’immagine con sintesi, astratta riconfigurazione sulla superficie dell’opera di un’unità visiva generata dal medesimo sentimento della natura», afferma il curatore Marco Pierini.
Il progetto e il catalogo, edito Magonza, hanno ricostruito un dialogo, in bilico tra figurativo e astrazione, tra le fotografie paesaggistische di Mario Giacomelli (Senigallia, 1925 – Senigallia, 2000) e le opere multi-materiche di Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995), come indagine del loro continuo scambio e comune ricerca artistica “dall’essenziale significazione, tradotta con lo stringato linguaggio dei bianchi puri e dei neri assoluti”.

Giacomelli | Burri. Fotografia e immaginario materico

«Burri incontra Giacomelli, per la prima volta, nel ’66. A presentarglielo è Nemo Sarteanesi, pittore, intellettuale, amico dell’artista, con cui dà vita all’omonima Fondazione e che, in due occasioni, organizza mostre di Giacomelli a Città di Castello», racconta in un nostro colloquio il curatore Alessandro Sarteanesi, partecipe al legame dei due da quando i suoi “occhi non superavano ancora l’altezza del tavolo dove si verificava il miracolo della nascita dell’immagine”.
È l’inizio di un rapporto di tangenza e divergenza fra i due artisti, sigillato dalla conoscenza con Nemo Sarteanesi presso la Corniceria Angelini di Senigallia, in cui si svolgeva gran parte della vita artistica cittadina del tempo, poi evoluto in numerosi eventi condivisi, tra questi le personali di Mario Giacomelli del 1968 e 1983. I ripetuti confronti vengono testimoniati dal retro di pregiate fotografie e di inediti cartigli, in mostra grazie al meticoloso lavoro degli archivi.

Giacomelli | Burri. Fotografia e immaginario materico

Il percorso non segue un ordine cronologico quanto di coerenza visiva: nella prima parte vi è una selezione delle opere più informali degli artisti, il cui focus è suggerito dai solchi laceri degli alberi, “memori di remote voci come antica presenza cristallizzata dell’uomo”. Essi tracciano una grafia ricca di modulazioni le cui fenditure e screpolature si diramano in una serie di 6 Combustioni del ‘65 e di 8 Cretti (7 neri e 1 bianco) del ‘71, realizzati da Burri con acquaforte e acquatinta su carta. Proseguono alcune fotografie di Giacomelli, sospese in una struttura svetrata, studiata dall’architetto Claudio Tamburini insieme ad Alessandro Sarteanesi, con la quale si ricrea una corrispondenza tra l’allestimento della mostra e gli spazi della Fondazione Burri di Palazzo Albizzini.

Giacomelli | Burri. Fotografia e immaginario materico

Oggetto di rappresentazione sono i campi coltivati che, come distese di nuvole, si stagliano sul piano secondo un tentativo di astrazione che si spinge fino a richiedere all’agricoltore un intervento di aratura sui terreni, a modificarne la morfologia per un fine artistico. Tale è la purezza dei pieni sui vuoti da rendere l’apparizione isolata delle case un elemento estraneo e, al contempo, partecipe.
Si approda, infine, a un documentario autobiografico di Giacomelli che orchestra il materiale raccolto dalla giornalista Alessandra Mauro nel 2000, con la voce dell’artista prestata dall’attore Francesco Botti.
Il confronto proposto dall’esposizione allinea due desideri di abitare spazi – fisici e mentali –, perimetri che si somigliano, opere d’arte capaci di rendersi indipendenti dal proprio mezzo espressivo.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui