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Alla GAM di Roma, tre decadi di dissenso nell’arte di Shepard Fairey, aka Obey
Mostre
La GAM – Galleria d’Arte Moderna di Roma ospita “Shepard Fairey / 3 Decades Of Dissent”, progetto espositivo curato dallo stesso street artist, conosciuto anche con il nome di OBEY, insieme a Claudio Crescentini e Federica Pirani, in collaborazione con Wunderkammern Gallery. In contemporanea, nel chiostro della Galleria d’Arte Moderna, anche una selezione di opere e un’installazione dei due affermati street artist italiani Sten & Lex.
La Street Art, nella forma in cui iniziò a diffondersi tra gli anni Sessanta e Settanta, ha sempre accolto varie problematiche sociali, per denunciare ma anche per riflettere. Shepard Fairey può essere considerato tra i più significativi urban artist, soprattutto per la grande qualità grafica con la quale esprime temi a carattere politico. Fairey ha sempre rappresentato, in modo eversivo e iconico, personaggi importanti dell’attivismo, impegnati nella difesa della dignità umana, nella lotta contro la violenza sulle donne e contro l’infanzia violata, a favore della salvaguardia dell’ambiente.
La prima opera in mostra alla GAM di Roma che segna l’inizio dei tre decenni di dissidenza è una copia autografata di HOPE del 1989, una delle opere forse più celebri di Shepard Fairey, in cui l’artista ha ridefinito il volto di Barack Obama. In esposizione anche altre opere diventate ormai iconiche, come André the Giant Has a Posse, Power And Equality, dedicata ad Angela Davis, oppure Greetings From Iraq.
Le interferenze di Shepard Fairey con la grande collezione della GAM
Nel linguaggio di Fairey è riconoscibile la tradizione grafica dell’arte dissidente e di Avanguardia dell’Europa del Novecento. Sperimentatore accorto, l’artista statunitense ha sviluppato un concept appositamente per la Galleria d’Arte Moderna di Roma, presentando un nucleo di 30 sue recenti opere grafiche inedite, tutte del 2019, attraverso il quale non solo ripercorre la ricerca ma apre anche un dialogo con importanti opere della collezione d’arte contemporanea del museo della Sovrintendenza Capitolina.
In mostra, le opere di Fairey si relazionano con le opere di Giacomo Balla, Giorgio De Chirico, Mario Sironi, Scipione (Gino Bonichi), Antonio Donghi, Primo Conti, Fortunato Depero, Fausto Pirandello, Mario Schifano, Carla Accardi, Renato Guttuso, Giulio Turcato, Pino Pascali, Luca Maria Patella, Fabio Mauri e Claudio Abate, in un serrato e intenso confronto di idee e di pensiero. Così, Guns and Roses dialoga con La resa delle armi di Giuseppe Salvatori e Pino Pascali – Cannone, ripresa da una fotografia di Claudio Abate, oppure, Mao Money e Nixon Money a confronto con Siao Tai Tai – La cinese, di Primo Conti, e 1) Willy Brandt / 2) Morder von Rechts / 3) Non esiste l’anima?, di Fabio Mauri.
La rigorosa e spietata ricerca politica e la sapiente elaborazione dei temi trattati da Shepard eclissano il discutibile fenomeno popolare di Banksy, amato dal grande pubblico ma poco considerato dal sistema ufficiale dell’arte. L’arte non può essere solo protesta tout court ma anche sintesi tra denuncia e ricerca poetica, nel tentativo di indagare la realtà e sollecitare la riflessione. E in questo senso, Fairey incarna compiutamente la parte nobile della migliore cultura underground.
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