04 aprile 2025

La Libertà è una lotta costante: Ishita Chakraborty al Museo Vincenzo Vela di Ligornetto

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Fino al 18 maggio il Museo Vincenzo Vela ospita “La libertà è una lotta costante”, progetto espositivo che prevede il dialogo tra l’opera di Ishita Chakraborty con la collezione del museo

Ishita Chakraborty, Museo Vincenzo Vela, Ligornetto. Ph. Sebastiano Carsana

Artista originaria del Bengala, attiva in Svizzera, Ishita Chackraborty è stata chiamata dal museo con sede a Ligornetto, comune ticinese e quartiere costitutivo della città di Mendrisio, a realizzare un’opera che dialogasse con la propria collezione. Carta bianca per un’installazione che tesse una relazione con lo Spartaco, capolavoro realizzato in giovane età da Vincenzo Vela, scultore e docente originario di Ligornetto, a cui è dedicato il museo ticinese. Nell’ottica di un confronto tra la produzione artistica contemporanea e le opere della sua collezione, il Museo Vincenzo Vela accoglie l’installazione pensata dall’artista bengalese. Il titolo del lavoro installativo fa riferimento ad Angela Davis, scrittrice e attivista del movimento afroamericano statunitense, in particolare al volume “Freedom Is a Constant Struggle” (La Libertà è una lotta costante, da cui il titolo del progetto). 

Ishita Chakraborty, Museo Vincenzo Vela, Ligornetto. Ph. Sebastiano Carsana

L’opera di Ishita Chackraborty dialoga con lo Spartaco di Vincenzo Vela, che dal 1851 fa parte della collezione del museo e rappresenta il simbolo della ribellione alla dominazione austriaca. L’artista riflette sul significato e sulle conseguenze di quelle che sono le forme di resistenza contemporanea, sul concetto di schiavitù moderna, sull’idea di libertà. Il dialogo con l’opera di Vela avviene attraverso questa stratificazione di significati, sull’idea che la libertà e l’indipendenza siano, ove non siano garantite, da conquistare attraverso la lotta al potere, qualunque esso sia.  L’installazione site-specific presentata a Ligornetto si intitola In Passage Tropical e rimanda a un “giardino creolo”, l’esatto opposto delle consuete monoculture coloniali. Il riferimento è quindi agli appezzamenti coltivati dagli schiavi che realizzavano questi sistemi di raccolto per sopravvivere alla barbarie della loro condizione. L’opera presenta anche la possibilità di interagire con essa, attraverso l’ascolto di sette storie di vita di individui emigrati in Svizzera sia di recente che in passato. 

Ishita Chakraborty, Museo Vincenzo Vela, Ligornetto. Ph. Sebastiano Carsana

In Passage tropical ci mette davanti al dramma dell’immigrazione, alle storie di persone che hanno dovuto lasciare la propria terra in cerca di fortuna. Un dramma contemporaneo, che l’artista richiama tramite la confluenza di narrazioni diverse da parte di persone che in comune hanno una gran voglia di rivalsa dopo una vita passata rimanendo nell’ombra. Il Museo Vela di Ligornetto si pone dunque come spazio di riflessione e ascolto, con l’obiettivo di contestualizzare l’opera di Ishita Chackraborty alla realtà odierna, in cui immigrazione, mancanza di libertà e discriminazione rimangono, purtroppo, temi di assoluta centralità. La mostra è accompagnata da una pubblicazione, da numerose attività di mediazione culturale negli spazi del museo e alcuni eventi collaterali.

Ishita Chakraborty, Museo Vincenzo Vela, Ligornetto. Ph. Sebastiano Carsana

Il giorno dell’opening sono intervenuti il sindaco di Mendrisio Samuele Cavadini, la direttrice del Museo Vincenzo Vela Antonia Nessi e Ishita Chakraborty in persona. Tra i prossimi eventi previsti in relazione a La Libertà è una lotta costante figurano: “Altri Sguardi”, un incontro con Giulia Grechi, professoressa di antropologia culturale e dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, previsto per il 6 aprile; un altro incontro del programma “Altri Sguardi” con Blaise Mulhauser, biologo ed ecologo, direttore del Giardino botanico di Neuchâtel, con un focus sulla relazione tra l’opera di Ishita Chakraborty e i giardini botanici coloniali. Il 4 maggio, invece, è prevista la proiezione di Dahomey, film diretto da Mati Diop, vincitore dell’Orso d’oro alla Berlinale 2024, una riflessione sul processo di restituzione di una serie di opere sottratte dalla Francia al Regno del Dahomey, l’attuale Benin (in collaborazione con il Cineclub del Mendrisiotto). 

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