14 giugno 2025

La materia scultorea è vibrante, corporale. Alla Fondazione Bonollo Paloma Proudfoot e la quarta collettiva dalla collezione

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Alla Fondazione Bonollo, la prima in Italia di Proufdoot ‘Tessitrici del Verbo - Speech Weavers’ e la collettiva con opere dalla collezione Bonollo ‘Materia Vibrante/Vibrant Matter’ raccontano delle possibilità della materia di scoprirsi fonte di cura, espressione di nuovi linguaggi futuribili e di critica ecologica

Materia Vibrante/Vibrant Matter. Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo credit: Giovanni Canova

Sandra e Giancarlo Bonollo aprono le porte della fondazione che porta il loro nome. Un gesto semplice che racconta l’entusiasmo della coppia di collezionisti in questo progetto, il desiderio di accogliere con il sorriso, di costruire una comunità viva attorno alla – nuovissima – fondazione nel cuore di Thiene, a Vicenza. Con le loro mani fanno scorrere la porta vetrata d’ingresso, da cui, già dall’esterno, si intravede un’opera monumentale al centro della prima sala.

Allinterno, si resta stupiti nel ritrovarsi inaspettatamente al centro di una piccola cappella sconsacrata del Settecento. Un tempo qui pregava, nascosta dietro le grate del piano superiore, la congregazione delle Dimesse.

Paloma Proudfoot, Tessitrici del Verbo – Speech Weavers. Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo credit: Giovanni Canova

Oggi, quello stesso luogo diventa spazio espositivo e cornice ideale per una riflessione sul corpo, lascolto e il genere. Lopera che si intravedeva già dallesterno si svela ora in tutta la sua potenza visiva: una (rivisitata) pala daltare, popolata unicamente da figure femminili. Speech Weavers, lavoro site-specific dellartista britannica Paloma Proudfoot, apre il percorso espositivo della prima delle due mostre, a cura di Elisa Carollo, fino al 30 agosto. Con questopera, Proudfoot indaga la ridefinizione dellascolto come gesto attivo, resistente. Un gesto che la storia ha spesso considerato passivo, subordinato, e che qui assume una nuova dignità. La pala daltare contemporanea raffigura infatti tre donne, e invita a riflettere sullesperienza delle Dimesse che dietro le grate erano ascoltatrici invisibili. Lopera diventa così occasione per interrogarsi sulla genderizzazione culturale di questo gesto, e sul suo potenziale sovversivo.

Oltre alla forza concettuale, colpiscono i materiali con cui Proudfoot realizza le sue opere: ceramica, bronzo, modellati con echi di una metodologia che proviene dalla sartoria. Le mani, non a caso, sono le vere protagoniste. Mani che creano, plasmano largilla e la accompagnano nel suo processo trasformativo, mani che raccontano unestetica profondamente femminista e materiale. Lartista dà forma a opere che sembrano altorilievi ceramici: frammenti corporei sospesi sulle pareti che custodiscono significati da scoprire come fossero amuleti o talismani.

Paloma Proudfoot, Tessitrici del Verbo – Speech Weavers. Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo credit: Giovanni Canova

Le mani accompagnano il visitatore, lo guidano tra gli spazi: mani che scostano una tenda, mani riparatrici che come sarte rammendano parti del corpo ferite. Mani amputate ma resilienti, che sembrano aver subito traumi fisici, culturali, simbolici, di genere. In questo senso, risuona potente la riflessione dellantropologa Scheper-Hughes, secondo cui «il corpo è larchivio vivente di tutte le nostre storie, personali e collettive». Proudfoot riporta così lattenzione sullidentità corporea delle donne e sul lungo, paziente lavoro di cura quando ci si ritrova alienate, frammentate o silenziate. Nella grazia, delicatezza e vulnerabilità delle sue figure umane si nasconde una forza profonda, capace di commuovere. Come nei lavori The Archivist II e The Archivist III (2025), in cui due volti femminili si rispecchiano da pareti opposte nellultima sala. Poggiano su delle buste: «Queste buste, frutto di una ricerca d’archivio, raccontavano di donne descritte solo attraverso le parole dei medici. Non avevano un volto, né unidentità che le definisse oltre la diagnosi» racconta Proudfoot. Attraverso la gestualità artistica, Proudfoot restituisce loro un volto, una storia, un tempo. In un paziente processo di riappropriazione identitaria, corporea e spaziale, costruisce un immaginario visivo e politico in cui queste donne, punto dopo punto, sutura dopo sutura, tornano ad esistere. È un lento processo alchemico di rigenerazione, lo stesso, dopotutto, che trasforma l’opaca terra in splendente ceramica.

Paloma Proudfoot, Tessitrici del Verbo – Speech Weavers. Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo credit: Giovanni Canova

Si prosegue nelle due sale successive, con Materia Vibrante/Vibrant Matter, a cura di Chiara Nuzzi, fino al 7 novembre, dove le opere scultoree di otto artisti aprono a una riflessione sul peso dei cambiamenti in atto sul nostro pianeta: dalla crisi climatica allimplacabile estrattivismo che riscrive le geografie del Sud del mondo, fino a immaginari futuribili antropomorfi e animali che cercano nuovi codici, linguaggi, forme di relazione ecologica. Giorgio Andreotta Calò, Jesse Darling, Bronwyn Katz, Isabel Nuño de Buen e June Crespo interrogano un ambiente eroso, sfibrato – come nella Clessidra di Calò – dove il tempo si fa materia che cola. Un ambiente estratto, cementificato, manipolato, che diventa scenario e insieme sintomo del nostro presente, da leggere, o criticare.

Materia Vibrante/Vibrant Matter. Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo credit: Giovanni Canova

Giulia Cenci, Sandra Mujinga e Luca Trevisani spostano lo sguardo sullinterdipendenza tra esseri viventi, sistemi e idee. Figure post-industriali, antropomorfe, stridenti e crude si muovono nello spazio espositivo: nellopera di Cenci si esercitano a trovare una propria andatura, in un mondo dove corpi robotici e (forse non più tanto?) alieni sembrano camminare accanto a quelli umani dei visitatori. Nuove forme di vita appaiono, vulnerabili, accasciate al suolo, pancia in alto, forse ansimanti, forse in mutazione, sicuramente vulnerabili, come nelle creature esplorate da Mujinga. In Trevisani, infine, il gesto si fa speranza: un guscio di tartaruga modellato in 3D si accosta a un calco in gesso delle sue stesse mani. Una carezza trattenuta, forse una proposta silenziosa di comunione possibile tra uomo e ambiente, dove, parafrasando il titolo, nessuno è da meno. Ancora una volta, le mani si avvicinano con discrezione a ciò che è altro da sé, in un augurio di co-esistenza equa in questo mondo che ci è solo in prestito.

Materia Vibrante/Vibrant Matter. Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo credit: Giovanni Canova

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