29 giugno 2021

La predilezione per il fare: Claudio Palmieri in mostra a Villa Brivio

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Vincitore della 62ma edizione del Premio Bice Bugatti Giovanni Segantini, Claudio Palmieri espone la sua lunga ricerca sulla materia a Villa Brivio di Nova Milanese

Giunto alla 62ma edizione, il premio alla carriera Bugatti – Segantini è stato conferito lo scorso 12 giugno a Claudio Palmieri, che ha inaugurato nello stesso giorno la mostra personale a cura di Flaminio Gualdoni, presso gli spazi di Villa Brivio nella città di Nova Milanese

Nato a Roma nel 1955, Claudio Palmieri ha iniziato a esporre nel 1985 presso la Galleria L’Attico di Fabio Sargentini, legando parte della sua carriera alla storica galleria romana e agli artisti che intorno a essa hanno gravitato. Un artista poliedrico, che da sempre spazia tra tecniche e linguaggi diversi e che ha ricevuto riconoscimenti in Italia e oltreoceano: del 1986 è la personale a New York presso l’Annina Nosey Gallery e, sempre nello stesso anno è ad Aperto ’86, alla XLII Biennale di Venezia. Più recente, la personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, “Natural-mente” del 2015, e la partecipazione a “La luce diversa” del 2018 al Mattatoio di Roma, insieme a Lucilla Catania e Sandro Sanna. Sperimentatore a tutto tondo, nel 1995 ha concepito e realizzato con il musicista jazz Maurizio Giammarco la Hardware per sax e quindici sculture di metallo da lui stesso suonate, più volte replicata negli anni.

La mostra allestita a Villa Brivio comprende circa venti grandi opere che mostrano, tra pitture e sculture, il percorso dell’artista dal 1986 ad oggi. Come sottolinea Flaminio Gualdoni in apertura di catalogo, Claudio Palmieri incarna della sua generazione «il versante di una forte predilezione per il fare», evidente in tutta la sua produzione dagli esordi fino ai tempi più recenti, in cui il rapporto con la materia è predominante nell’ideazione e realizzazione dell’opera. Le solide conoscenze tecniche consentono a Palmieri di passare agilmente dalla pittura alla scultura, attraverso l’utilizzo di materiali diversificati, appartenenti sia a linguaggi più tradizionali sia a quelli radicalmente innovativi.

Le contaminazioni tra le due discipline caratterizzano nel profondo la ricerca di Palmieri. È così, ad esempio, che in un’opera come “Lago” del 1991 l’utilizzo di materie e tecniche vicine al linguaggio della scultura (alluminio, smalti e ceramica su tavola) travalica il concetto stesso di bidimensionalità della pittura. È la quiete, tipica dello specchio lacustre, l’emozione espressa dalla composizione dei tre elementi in ceramica, organicamente posizionati su lastre in alluminio, appena increspate dalla pittura a smalto. In un colloquio con Walter Guadagnini, l’artista esprime la necessità di queste contaminazioni che non comporta lo stravolgimento delle due discipline, ma consente di creare un continuum di rimandi e tensioni il cui elemento centrale resta il “medium colore-materia”.

La materia, intesa come incontro e combinazione di una pluralità di materiali, rappresenta il nodo centrale da cui si dipana la forma, che dà vita all’incontro tra idea, istinto ed emozione in infinite possibilità di accadimenti. Ceramica, metalli, smalti, pittura a olio, stoffe, cera, finanche rami o foglie: la ricerca di Palmieri è tutta tesa ad esprimere l’energia della creazione artistica, in cui l’ispirazione naturalistica è più sensibile alla forza di germinazione interna al mondo vegetativo, che ad un mero richiamo rappresentativo di quest’ultimo. A partire da opere come “Campo”, del 1990, a “Trombe d’Angelo” del 2009, fino alla più recente “Selva” del 2014, la citazione specifica dell’elemento naturale è l’espediente espressivo della volontà dell’artista di far interagire elementi diversi nella rappresentazione della propria idea creativa. In queste come in tutte le sue opere è il colore, tutt’uno con la materia, predominante espressivo della rappresentazione. Dai gialli intensi o terrosi delle opere degli anni Novanta fino ai più recenti verdi fluorescenti, l’immagine prende vita a partire da una volontà espressiva, realizzata grazie a un preciso progetto, passando attraverso quel corpo di materia e colore che l’artista sapientemente sperimenta e utilizza di volta in volta.

Per quel che riguarda la produzione scultorea, anche qui Palmieri indaga una pluralità di materiali, ma particolare menzione merita l’utilizzo della ceramica, anche per il confronto con la grande tradizione artistica del Novecento e con i suoi maggiori esponenti, tra cui Leoncillo, Fontana, Sciannella e Valentini. La ceramica, utilizzata singolarmente come nella grande opera “Germinazione” del 1992, costituita da 29 elementi, o insieme a metalli come in “Guerriero” del 1998, rappresenta una scelta di particolare interesse. In primis per la manipolazione, la necessità di un fare gestuale per ottenere la forma, poi per la necessaria progettualità scandita in precise fasi tecnicamente definite, in ultimo per il colore derivante dalla trasformazione della cottura e la rispondenza alla luce specifica di questo materiale.

Che si tratti di pittura o scultura quel che caratterizza le opere di Claudio Palmieri è il vigore e la forza espressiva del gesto artistico, quell’apparente dissonanza che in alcuni punti sembra quasi urlare. È la potente gestualità che si intravede sulla pelle delle ceramiche, nelle pennellate energiche e nelle composizioni mosse degli elementi sapientemente disposti sulle superfici. È negli accesi colori che sobbalzano o accompagnano lo sguardo dello spettatore, fondendosi in armonie o contrasti cromatici. È infine nel passionale e continuo sussulto creativo di un artista sperimentatore che non smette di ricercare.

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