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Deceduta all’improvviso lo scorso febbraio, mentre lavorava sulla sua ultima opera, l’artista Marta Czok ha lasciato una vasta gamma di dipinti e disegni che guardavano l’umanità nelle sue contraddizioni: il desiderio di potere, la costruzione di gerarchie sociali, la guerra ma anche la felicità nel quotidiano. La mostra antologica Marta Czok IN MEMORIAM, con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura a Cracovia, della Fondazione per l’Arte dell’Emigrazione Polacca 1939-1989 e della Fondazione Marta Czok, ripercorre un viaggio nel suo immaginario visivo, a cura di Henryka Milczanowska e Jacek Ludwig Scarso.
Conosciuta internazionalmente sia per la sua satira politica che per le sue delicate scene di vita comune, ambientate spesso nella Londra della sua infanzia, Marta Czok nacque in Libano da una famiglia polacca che, all’esito della Seconda Guerra Mondiale, trovò asilo politico nel Regno Unito. Dopo essersi formata alla St. Martins School of Art, ripetutamente invitata a far parte della Royal Academy Summer Exhibition, si trasferì in Italia sin dagli anni settanta, stabilendo qui la sua carriera.
Il legame con la Polonia era stretto ma Czok ebbe poche opportunità di visitare questo Paese. Dal 2017, la Fondazione per l’Arte dell’Emigrazione Polacca 1939-1989 diretta da Milczanowska ne ha realizzato diverse mostre, tra cui l’Istituto di Cultura a Varsavia e il Museo della Caricatura a Lublino.

«Marta Czok ha parlato di sé come di un’artista di origine polacca il cui lavoro è conosciuto in tutto il mondo, ma non nella patria dei suoi antenati», racconta Milczanowska. «Con la galleria di Cracovia dell’Istituto Italiano di Cultura presentiamo una selezione di opere che illustrano pittoricamente la vita e il carattere creativo di Marta Czok, opere mature e riconosciute a livello internazionale, ricche di espressione, ironia e riflessione umanistica. L’arte di Marta Czok è multistrato e multidimensionale, combinando una dura critica sociale con calore e umorismo. La sua pittura è una narrazione sottile, spesso satirica, della vita contemporanea, in cui il grottesco incontra una sensibilità infantile. Le scene dei suoi dipinti – case senza pareti, piene di persone intente nelle attività quotidiane, interni che ricordano case di bambole – pulsano di emozioni: gioia, tristezza, contemplazione e gioco. Per comprendere appieno il suo messaggio, bisogna, come lei, diventare attenti osservatori della vita. Nell’opera di Czok l’infanzia – soprattutto quella trascorsa in Inghilterra – è sia fonte di ricordi che chiave di lettura contemporanea».
«In qualità di Senior Curator della Fondazione Marta Czok – osserva Jacek Ludwig Scarso, figlio dell’artista – operando da Roma, Venezia e dalla mia base qui nel Regno Unito, c’è bisogno di combattere il tumulto emotivo di questo momento doloroso con una spinta a continuare a posizionare Marta Czok nella storia dell’arte contemporanea. Mia madre era un’outsider su tanti livelli: la sua identità apolide, la sua posizione di artista donna, in un mercato dell’arte che, nell’Italia degli anni ’70 fino agli anni ’90, era invariabilmente al maschile, e il suo approccio artistico che ha sostenuto fortemente l’importanza del figurativo in un mondo dell’arte in cui gli stili concettuali e astratti erano considerati più “contemporanei”».
«Questa posizione di outsider dava energia e irriverenza alle sue tele. Osservate attentamente: anche l’immaginario più tenue di vita domestica ha intenzionalmente un senso di sottile instabilità nella composizione – il pericolo è sempre presente, implicito o esplicitamente rappresentato. Eppure tutto parte da un’estetica illustrativa, che appare deliberatamente naïve, celando sia i dettagli minuziosi e l’attenta stratificazione delle tecniche, sia i toni spesso satirici che rendono il suo lavoro così distinto».
«Poco dopo la sua prematura scomparsa – continua Scarso – abbiamo commissionato un video che documentasse il suo studio, esattamente come lo aveva lasciato: migliaia di colori, pennelli e strumenti artistici; posaceneri traboccanti, l’immancabile radio della BBC, libri e giornali, e i suoi schizzi e appunti sparsi ovunque. Questo era il mondo di Marta Czok, che osservava quello esterno dal suo studio apparentemente caotico, dove trovava il suo conforto: mai desiderosa di uscire, ma sorprendentemente a suo agio e piuttosto stravagante nelle occasioni sociali a cui partecipava».

«Questo mondo disordinato ma accattivante è ora al centro di un complesso processo di archiviazione. Costruire un archivio è molto più che catalogare ogni opera, anche se questo di per sé non è un’impresa da poco: si tratta tanto di guardare indietro quanto di guardare avanti, pensando all’archivio come un’opportunità sperimentale per continuare a riscoprire e ricontestualizzare l’opera di Marta Czok. Con questo spirito, stiamo attualmente esponendo una mostra parallela a Venezia, intitolata Marta Czok ARCHĪVUM VR Edition, in collaborazione con Anise Gallery di Londra e AVR London, che esplora un viaggio in realtà virtuale all’interno del suo lavoro. Successivamente, lavoreremo con l’Università di Urbino e il Laboratorio Imaging for Humanities su un nuovo progetto che utilizza le più recenti tecnologie di modellazione 3D per digitalizzare le opere della nostra collezione, allo stesso tempo contestualizzando all’interno del progetto Tangible Archives presso la London Metropolitan University. Al di là della tecnologia e degli sforzi di archiviazione, le opere di Marta Czok continuano a parlare, provocare emozioni e riflessioni; e, facendo ciò, lei continua a vivere con loro».