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A Milano, un dialogo poetico tra l’arte di Umberto Mastroianni e il design di Gianfranco Frattini
Mostre
Ogni anno, la frenetica kermesse del design milanese, la cui edizione 2025 è di recente giunta alla conclusione, sembra inseguire incessantemente le forme della contemporaneità e del futuro, producendo un caos semantico talvolta inebriante ma più spesso cacofonico. Uno degli lati più fertili della Design Week è rappresentato dai giochi di trasversalità e di contaminazioni che si vanno determinando tra diversi ambiti del progetto così come tra differenti tipologie di prodotto. Del resto, è oramai acclarato che le ibridazioni, a livello sia metodologico che fisico, siano una delle risorse creative più interessanti della nostra epoca. In un quadro particolarmente dinamitardo e multiforme, anche i confini tra la sfera del design e quella dell’arte appaiono tentacolari, ricchi di stimoli figurativi, soprattutto in termini di ricombinazione semantica.
Proprio su questo versante, la Galleria Cesati di Milano (in via S. Giovanni sul Muro, 3) ha messo a punto un’esposizione secondo format curatoriale decisamente insolito: a dispetto della spasmodica ricerca di novità che investe, in chiave effimera, la settimana del Salone del Mobile, essa è stata presente nella fitta rete degli eventi disseminati nella città con un progetto di natura completamente retrospettiva, visitabile fino al 31 maggio 2025.

In collaborazione con la galleria Volumnia di Piacenza, Alessandro Cesati propone un dialogo tra alcune sculture di Umberto Mastroianni, eminente e poliedrico artista, e Gianfranco Frattini, brillante designer che, pionieristicamente, ha fatto del progetto d’arredo un campo d’azione del tutto autonomo rispetto all’architettura.

Nonostante la diversità professionale dei due personaggi, considerata tale soprattutto nei decenni passati, oggi, grazie ad approcci storiografici e critici molto più lontani dai dogmi, possiamo individuare i loro lavori delle corrispondenze sottili e caleidoscopiche, riconducibili in entrambi i casi d attenti percorsi di ricerca intorno alle risorse dei materiali. E finalmente, attraverso l’installazione intitolata La materia diventa linguaggio, nel 2025 i due autori si “incontrano” grazie all’iniziativa di una prestigiosa galleria attiva da diversi decenni nel campo dell’arte antica: oltre ad avere sempre attribuito fondamentale importanza allo studio dei materiali come terreno d’indagine favorito per la selezione delle opere, la Galleria Cesati si è contraddistinta soprattutto per una pervicace e marcata predilezione per i metalli quali il ferro, il bronzo, il rame e l’ottone, unitamente a un’intensa e appassionata attività di esplorazione dell’universo della scultura europea, senza limiti geografici o temporali.

Umberto Mastroianni nasce nel 1910 nel Frusinate. Dopo una fase classico-figurativa, è solo negli anni ‘50 che può “restituire” nella propria arte gli stimoli provenienti dal Futurismo (ma anche da altre figure dell’avanguardia europea), assorbiti silenziosamente tra le due guerre. Proprio questo imprinting lo porta a indagare, in modo libero e dinamico, sul DNA dei materiali e sulle loro risorse espressive. Questo approccio determina una sostanziale continuità tra ambito pittorico e quello scultoreo, entrambi ricchi di geniali sperimentazioni materiche e linguistiche. Mastroianni si avventura, ad esempio, nella lavorazione di lastre metalliche (argento, bronzo, rame, acciaio) che, grazie a coraggiose applicazioni di colore a pennello, arricchiscono il proprio carattere e raggiungono una forte complessità “costruttiva”.

In questa prospettiva rientra anche il lavoro di Gianfranco Frattini, nato a Padova nel 1926, fra i protagonisti di quel professionismo colto e sensibile che connota la scena milanese del dopoguerra. Proprio nel capoluogo lombardo, nel quale si trasferisce per studiare Architettura al Politecnico, egli ha l’occasione di confrontarsi con le aziende d’arredo del nascente Made in Italy, avviando con esse delle feconde collaborazioni; ma anche con una committenza borghese attenta alle trasformazioni del gusto ma anche alla qualità intrinseca dei prodotti.

Frattini avvia la professione in un momento in cui l’industria del mobile è ancora permeata di artigianalità. Per questo, come accadeva negli stessi anni per Mastroianni, lo studio della materia non può che rappresentare il nucleo delle sue creazioni, che parte dai legni preziosi tipici degli anni ’50 fino all’acciaio cromato tornato in voga nei due decenni seguenti.

Difatti la bellezza sensuale dei legni di noce e di jacaranda è protagonista delle linee di mobili disegnate per Bernini nel 1961 – oggi considerate modelli di punta nei circuiti del modernariato, di cui la Galleria Cesati espone alcuni esemplari proprio in questa occasione (tavolo da caffè mod. 514, sideboard 503 e una cassettiera) – che segnano la transizione dalla dimensione artigianale alle logiche dell’arredo industrializzato.