28 aprile 2025

Pamela Diamante, corpi come pratiche di resistenza: la mostra alla Galleria Gilda Lavia di Roma

di

Le mangiatrici di terra: alla galleria Gilda Lavia di Roma, la nuova mostra personale di Pamela Diamante. Corpi, volti, linguaggi e memorie, come possibilità di resistenza

Pamela Diamante "Le Mangiatrici di Terra", 2024. Fresa meccanica in ferro e acciaio e stampa su carta cotone montata su dibond, cm 95,5 x 73,5 x 5,5. ph Sarthak Chakraborty, Courtesy l'artista e Galleria Gilda Lavia

Una cartografia politica e sensuale, stratificata di corpi, storie, voci. È quanto propone Le Mangiatrici di Terra, mostra personale di Pamela Diamante visitabile dal 5 maggio al 5 luglio 2025, alla Galleria Gilda Lavia di Roma. Un titolo arcaico, quasi mitologico, che evoca pratiche ancestrali e forme di resistenza femminile. Ma anche un progetto fotografico e installativo che si muove tra Sud del mondo e soggettività queer, tra lutti privati e battaglie collettive.

Pamela Diamante: la biografia

Nata a Bari nel 1985, Pamela Diamante è un’artista visiva la cui ricerca si articola tra fotografia, installazione, suono e scrittura. Laureata in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Bari e specializzatasi in Arti visive all’Accademia di Brera, vive e lavora tra Bari e Milano. La pratica artistica di Diamante è concepita come un processo aperto e dinamico, configurandosi in opere dispositivi in grado di interrogare la visione e la partecipazione dell’osservatore e di agire criticamente all’interno dei meccanismi culturali e antropologici della conoscenza, della produzione economica e della comunicazione.

Ha esposto in numerosi spazi pubblici e istituzionali, sia in Italia che all’estero. Tra le sedi più recenti si ricordano MO.CA di Brescia (2025) e la Fondazione Museo Montelupo Onlus di Montelupo Fiorentino (2024). Nel 2023 è stata protagonista di una mostra al Mattatoio di Roma, mentre nel 2022 ha partecipato a una collettiva presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano. Il suo lavoro ha avuto visibilità internazionale, con progetti ospitati al Ioseb Grishashvili Historical Museum di Tbilisi, al CerModern Arts Center di Ankara e al Kyiv History Museum.

Nel 2020 le sue opere sono state presentate sia alla GAM – Galleria d’Arte Moderna di Torino che al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, nonché al CaMusAc – Cassino Museo di Arte Contemporanea. Ha inoltre esposto al Concretespace di Miami (2019), al Kooshk di Teheran (2017), al MAXXI – Museo delle Arti del XXI secolo di Roma (2016) e al Centro de Desarrollo de las Artes Visuales de L’Avana (2015).

La mostra alla galleria Gilda Lavia

Diamante lavora sul corpo come luogo politico, come superficie attraversata da poteri, memorie e possibilità. Le “mangiatrici” non sono figure immaginarie ma presenze vive: Nicole, attrice e attivista trans, vice presidente del MIT – Movimento Identità Trans, Marianna, regista e militante per il diritto all’aborto, Marzia, madre della Terra dei Fuochi e voce di una resistenza civile, Nunzia e Nina, artiste del margine che rielaborano radici ed esclusioni, Tita, poetessa e performer, che attraversa l’intera mostra come un principio generativo. I loro ritratti, affilati e partecipati, si fanno incarnazione di un’urgenza.

In esposizione anche una scultura indossabile, nata dal dialogo tra l’artista e la stilista Antonella, che interroga la moda come grammatica del corpo e dispositivo di rottura. C’è un paesaggio sonoro, Alleanze Sonore, in cui la voce lirica di Anna Maria viene manipolata da Puta Caso in una partitura acustica disturbante, spezzata, militante: il canto diventa detonazione, la voce un gesto politico che sfida la forma.

Pamela Diamante “Untitled”, 2023. Ceramica smaltata e ferro, cm 98 x 28 x 8. ph Sebastiano Luciano. Courtesy l’artista e Galleria Gilda Lavia

In Le Mangiatrici di Terra, Pamela Diamante costruisce un’iconografia collettiva che affonda nel terreno spesso trascurato del Sud, inteso non solo come spazio geografico ma come orizzonte critico, fertile, inedito. Qui la memoria è una postura di lotta. Il linguaggio visivo si ibrida con la performance, il suono, il tessuto, per generare un’estetica relazionale, intersezionale, militante.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui