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Perché siamo ossessionati dalla cultura coreana? A Zurigo una mostra prova a spiegarlo
Mostre
Arriva Museo Rietberg, nel cuore della città di Zurigo, l’unica tappa in Europa continentale della grande mostra prodotta dal Victoria and Albert Museum di Londra, dedicata alla ricca cultura sudcoreana, visitabile fino al 17 agosto 2025. Hallyu! L’onda coreana esplora un fenomeno emerso alla fine degli anni Novanta e ormai diffusissimo in ogni angolo del pianeta: l’interesse e la passione verso la vasta cultura della Corea del Sud, forza trainante di settori come arte, moda, musica e cinema. La mostra si pone come spaccato sulla contemporaneità con circa 200 oggetti allestiti in zone tematiche – tra costumi, oggetti di scena, fotografie, video – affiancati da importanti opere d’arte antica e contemporanea. Il percorso si apre con una sala storica dedicata alle radici culturali millenarie, per poi svilupparsi nelle sezioni dedicate a: storia recente, k-drama e k-cinema, fenomeno k-pop, k-beauty e k-fashion. Ad inaugurare il percorso, una grande videoinstallazione di Nam June Paik, in prestito dallo ZKM di Karlsruhe.
Verso la metà degli anni Cinquanta, la Corea del Sud era un paese ancora preindustriale con prevalenza di attività agricole, devastato dagli accadimenti della Seconda Guerra Mondiale. Nei decenni successivi ha preso avvio una forte trasformazione, denominata dal sociologo Chang Kyung-Sup come compressed modernity, fenomeno particolare caratterizzato da una crescita rapida in poco tempo. Il paese, durante il periodo di ripresa, ha scommesso su un procedimento caratterizzato da aumento di tecnologie all’avanguardia, industrie, forte identità in ambito culturale da esportare in tutto il mondo.

Alla fine degli anni Ottanta la democrazia iniziò a germogliare in Corea del Sud, di conseguenza, anche l’industria televisiva e cinematografica conobbe un forte sviluppo. Le emittenti commerciali e l’allora emergente TV via cavo alimentarono la competizione, portando a un significativo miglioramento qualitativo sia nei film che nelle serie televisive, i cosiddetti K-drama. Il fenomeno Hallyu si sviluppa globalmente alla fine degli anni Novanta, quando le serie televisive e i film sudcoreani hanno iniziato a riscuotere grande successo in tutta l’Asia e poi in tutto il mondo. Oltre al forte interesse verso il mondo del cinema, anche l’industria musicale conobbe un forte sviluppo: a partire dal 1987, con l’allentamento della censura culturale, la musica straniera inizia a circolare nel territorio della Corea del Sud, influenzando e ispirando la scena locale. Oggi, con una solida infrastruttura digitale a livello mondiale, assistiamo a diversi fenomeni derivativi dello sviluppo del paese. In prima linea c’è sicuramente il K-pop, movimento musicale in grado di movimentare milioni di fan in tutto il mondo; la fusione di generi musicali provenienti dal mondo, dal metal al bossanova, ha prodotto dei sound ibridi e sperimentali. All’apice dell’interesse anche la produzione sul grande schermo, esempio è il film Parasite (2019) di Bong Joon-ho, vincitore nel 2020 del prestigioso premio Oscar al miglior film.

La mostra svela un paese stratificato, a tratti incastrato al millimetro, in una grande veste tessuta da antichità e iper-contemporaneità; si respira una Corea del Sud millenaria e spirituale, ma anche iper-contemporanea e vivacissima. Per la tappa zurighese, il Museo Rietberg ha allestito, all’interno della collezione permanente e da tappa d’apertura all’intera mostra, una sala dedicata alle tradizioni artistiche della Corea. Qui, accanto a immagini buddhiste e sciamaniche, sono esposte pitture decorative di genere e xilografie policrome provenienti dalla collezione del museo e da raccolte europee. Un grande Buddha Amida Nyorai in legno con le mani nel mudra della meditazione, il Bodhisattva Kokuzo Bosatsu, in legno risalente al 1200 circa, Il Buddha in forma di Fudo Myoo che sorregge la spada e il laccio, attributi tipici, contornato da una fiamma viva. Accanto a questi, una serie di finissimi dipinti su paraventi e rotoli, rappresentanti scuole di buddhismo, simboli di longevità e ricchezza – rifacendosi anche alla disciplina e modo di vivere confuciano. Non è difficile tendere il laccio comunicante tra antichità e modernità. Gli standard estetici sono profondamente radicati nella cultura coreana. Durante la dinastia Joseon (1392-1910), prendersi cura del proprio aspetto non era considerato affatto un atto di vanità, ma un dovere morale, l’espressione del proprio status sociale e della virtù stessa, poiché l’aspetto esteriore rifletteva lo stato interiore. Nonostante le trasformazioni della Corea moderna, questa concezione è ancora molto diffusa e si piò osservare nel fenomeno del K-beauty che combina formulazioni naturali con tecnologie avanzate. La cura del sé, intesa come atto di rispetto anche verso l’altro, riveste molta importanza anche in campo tessile con molte rivisitazioni dell’hanbok, abito coreano tradizionale, rivisitato dagli stilisti in modalità sempre diverse e creative.
HALLYU! si pone come una mostra, a tratti antropologica, che parla della storia di un paese che ha influenzato culturalmente il mondo. È un fenomeno decennale, un flusso proveniente dalla Corea – come spiega, alla lettera, il titolo scelto – che continua a scorrere incessante. Una Corea del Sud vivace, che è riuscita a ricostruire sé stessa dopo i durissimi eventi della guerra, ma mai dimenticando le proprie radici culturali; le stanze del Rietberg Museum di Zurigo offrono un viaggio temporale tra accadimenti sociopolitici, radici culturali, fenomeni contemporanei, pop culture e nuove tecnologie. Ogni oggetto selezionato è un tassello per ricostruire la storia, dai poster pubblicitari ai vestiti d’alta moda indossati dagli idol coreani, dalla ricostruzione scenografica di uno dei set iconici di Parasite (il bagno) alle fotografie scattate nelle prime industrie del paese.

