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Realismi Magici. Pyke Koch e Cagnaccio di San Pietro per la prima volta a confronto al Mart di Rovereto
Mostre
In un clima di ritorno all’ordine, nel desiderio di risollevarsi dalla distruzione della guerra, dalla metà degli anni Venti prende vita una nuova poetica. In Italia, come in Europa, «si avverte ovunque la necessità di rappresentare la realtà alludendo a sogni, misteri, incanti», come osserva Vittorio Sgarbi nel catalogo della mostra. In una possibile fuga, un’arte sospesa tra realismo e incanto trasporta la percezione della realtà in una dimensione altra, pervasa da un’atmosfera di magia e di intensa inquietudine. Ed è in questo sentimento di immobile stupore che scaturisce la mostra Realismi Magici. Pyke Koch e Cagnaccio di San Pietro, visitabile fino al 31 agosto 2025.

A distanza di cento anni dalla nascita del termine “Realismo Magico”, coniato dal critico tedesco Franz Roh, il Mart di Rovereto celebra una ricerca artistica già da tempo indagata nelle Collezioni del museo, grazie a capolavori unici di Casorati, Oppi, Borra e molti altri. Ma in questa occasione, l’intuizione del presidente Vittorio Sgarbi, con la curatela di Beatrice Avanzi, ha espresso la necessità di allargare lo sguardo oltre i confini del contesto italiano, documentando la diffusione del Realismo Magico a livello europeo.

Ed è a questo proposito che la mostra assume per il pubblico italiano il valore della scoperta: per la prima volta in Italia, infatti, viene presentata l’opera di Pyke Koch (Paesi Bassi, 1901 – 1991), pittore neerlandese dalla potente carica espressiva e in gran parte sconosciuto nel nostro Paese. Circa un quarto della produzione dell’artista nordico, proveniente dai principali musei dei Paesi Bassi, dialoga vivacemente con una settantina di pitture e disegni di uno dei protagonisti più importanti del Realismo Magico italiano, Cagnaccio di San Pietro (Desenzano del Garda, 1897 – Venezia 1946).

Il percorso tematico e cronologico è tanto essenziale quanto denso. È il confronto inedito che delinea perfettamente un linguaggio e un sentire comuni, unendo in similitudini estetiche pensieri e ideologie diverse, spesso agli antipodi. Visioni e sensibilità formali affini, come la resa analitica del vero e una meticolosa abilità tecnica, trovano nell’ampiezza del movimento europeo accenti diversi, ben rappresentati dalle due personalità protagoniste della mostra.
Le opere di entrambi riflettono una visione limpida e incisiva, una durezza che si traduce nella precisione lenticolare dei contorni. Una luce ferma e tagliente scolpisce ogni piega, ogni volto, ogni dettaglio creando un’atmosfera di magia che proietta lo spettatore in una realtà così reale da risultare improbabile, a tratti persino inquietante. Pur essendo entrambi autodidatti, sorprendono per una pittura lenta e meticolosa, di uno stile “nordico” prossimo alla Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività), che cattura lo sguardo e rivela verità profonde.

Ma il confronto stupisce perché, se ad accomunare il percorso di entrambi è anche un’attenzione per il mondo degli umili, le evidenti differenze date dalla provenienza da contesti geografici e sociali distanti, e i contrapposti background ideologici, riflettono prospettive inconciliabili. Se Pyke Koch guarda agli ambienti poveri e degradati con sguardo tagliente, ironico e spesso impietoso, Cagnaccio nutre un sentimento di ammirazione per le famiglie di pescatori che abitano l’isola di Pellestrina.
Dall’inizio degli anni Trenta, i protagonisti scelti dal pittore neerlandese si caratterizzano per un’asprezza caricaturale e un inquietante simbolismo, interpretato spesso secondo matrici psicoanalitiche. Figure del mondo circense, spazzacamini, giocatori di rugby e prostitute – di cui è ineludibile esempio la Mercedes de Barcelona – popolano un mondo angosciato e ricco di elementi spaesanti, mentre la loro perfezione formale crea un contrasto sorprendente con l’enigma che portano con sé. Ambiguità sessuale, derive grottesche e tensioni psicoanalitiche si nascondono dietro i volti cristallini e in gesti che sembrano congelati nel tempo.

Dall’altra parte, non vi è mai in Cagnaccio di San Pietro l’asprezza caricaturale e ironica riconosciuta a Koch. Veneziano, figlio di pescatori, Cagnaccio trova la sua vocazione tra gli emarginati del piccolo borgo di San Pietro in Volta, che immerge in un’atmosfera rarefatta e straniante. Nelle scene domestiche, nei ritratti di ospedale e nelle prostitute stanche si percepisce un’autentica e sincera empatia, intrisa spesso di un accento mistico e spirituale, ancora più lampante nei quadri a soggetto religioso.

La mostra non elude i conflitti. Anzi, li esalta. Le differenze politiche tra i due — Koch vicino al fascismo, Cagnaccio irriducibilmente antifascista — non sono solo note biografiche, ma chiavi di lettura per interpretare il loro sguardo sul mondo.
Il valore di Realismi Magici è duplice. Da un lato, riporta all’attenzione del pubblico italiano un artista fondamentale ma sconosciuto come Pyke Koch, grazie alla generosa collaborazione dei musei olandesi. Dall’altro, restituisce centralità a Cagnaccio di San Pietro, figura fondamentale per la pittura italiana tra le due guerre. I due artisti si rivelano, così, perfetti interpreti di quel «sentimento di immobile stupore» che caratterizza il Realismo Magico europeo.