30 aprile 2021

‘Riverbero’: Enrica Borghi a Villa Borromeo d’Adda. Intervista all’artista

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Negli spazi di Villa Borromeo d’Adda, ad Arcore, la personale di Enrica Borghi, con varie opere nuove in dialogo con il luogo. A giugno la mostra si sposterà al Castello Reale di Govone (CN). L'artista ci ha raccontato la mostra

Enrica Borghi, Riverbero, 2021 © l'artista

Dal primo maggio le opere di Enrica Borghi popoleranno le sale di Villa Borromeo d’Adda, ad Arcore (MB), con la mostra “Riverbero”, a cura di Simona Bartolena e Pierre Padovani, che pone il visitatore al centro di una lettura stratificata tra passato e presente, attraverso il “riverbero” continuo che le opere dell’artista innescano con l’architettura da poco restaurata e con le storie che evoca, attualizzandole. Dal 26 giugno al 29 agosto la mostra si sposterà al Castello Reale di Govone, in provincia di Cuneo.

Sempre il primo maggio a Villa Borromeo d’Adda sarà inaugurata un’antologica dedicata a Federico Faruffini (1833, Sesto San Giovanni, Milano – 1869, Perugia), “Io guardo ancora il cielo”, a cura di Simona Bartolena con la collaborazione di Anna Finocchi (fino al 27 giugno).
Entrambe le mostre sono promosse dal Comune di Arcore e realizzata da heart – Pulsazioni Culturali con il supporto di Ponte43, a cui, per la personale di Borghi, si aggiunge la collaborazione di Associazione Asilo Bianco.

Enrica Borghi, Ritratto, foto Francesco Lillo, post produzione Lisaly Martinez © l’artista

Intervista a Enrica Borghi

Come è nata la mostra “Riverbero”?

«Ho ricevuto l’invito da parte di Associazione Heart e nello specifico da Simona Bartolena e Pierre Padovani. Non conoscevo Villa Borromeo d’Adda e mi sembrava davvero una sfida interessante portare un dialogo tra gli spazi fortemente connotati non solo della villa storica, ma anche dall’intervento di restauro conservativo terminato nel 2018 dall’importante studio di architetti Atelier(s) Alfonso Femia. Con questa premessa lo spazio appariva già come una sovrapposizione di storie presenti e attualizzate e la sfida di “inserire” le mie opere mi è sembrata un’occasione per creare una sovrapposizione ulteriore e “incastonare” come tessere di un mosaico lo scarto della nostra società dei consumi. Ripeto non come banale denuncia ecologica ma come convivenza “parassitaria”. Come una forma di interazione biologica, fra due specie di organismi».

Enrica Borghi, Corazze, 2021, foto Damiano Andreotti © l’artista
Quale rapporto instaurano le opere con il luogo che le ospita?

«Abbiamo lavorato molto sul progetto e più volte definito alcuni momenti di visita e sopralluogo. Ho cercato non solo un “dialogo”, ma un “riverbero”, come un baluginare perpetuo del tempo colto da uno scatto veloce di diaframma fotografico. Il “riverbero” è la percezione dello spazio ma non lo spazio stesso. La foto dell’invito (che potete vedere nella prima immagine in alto, ndr) ritrae infatti la villa attraverso il filtro di un collo di bottiglia in plastica, con colori fluorescenti. Un’architettura quindi “contaminata” dall’artificiale, da uno “scarto” che non è solo denuncia ma capacità di interpretare il proprio presente in un approccio di convivenza con esso».

Enrica Borghi, Corazze, 2021, foto Damiano Andreotti © l’artista
Nel percorso espositivo si trovano anche alcune opere realizzata appositamente per la mostra, tra cui una serie fotografica e un omaggio a Federico Faruffini, a cui in questo periodo è dedicata una mostra nei sotterranei della Villa. Ce ne puoi parlare?

«Proprio in tema di “riverbero” e di sguardi incrociati nel tempo, l’opera pittorica di Federico Faruffini è stata una vera scoperta. Non conoscevo questo artista della scapigliatura milanese ma è nata una vera “fascinazione” per la sua capacità espressiva e l’uso del colore.
L’opera Toletta 1825 mi è sembrata incredibilmente suggestiva: i colori rosa cangianti, le forme dei corpi femminili e la presenza di piccoli flaconi di essenze e creme profumate hanno ispirato un mio nuovo progetto. La stessa cosa è avvenuta per la serie delle due opere dal titolo Corazze presenti in mostra. Due presenze, due corpi che si proteggono e nello stesso tempo “evocano” citazioni rubate da libri antichi e polverosi, da memorie di collezioni di antropologia.
E la stessa suggestione è nata per ricreare un “giardino d’inverno” in cui le mie “Veneri” storiche, rivestite da unghie finte, dialogano con essenze di camelie e azalee, riverbero ancora di giardini di fine ‘800».

Enrica Borghi, Toeletta 1865, dedicato a Federico Faruffini, 2021, foto Studio Giudicianni Biffi © l’artista
Puoi suggerire a un ipotetico visitatore un paio di opere a cui prestare particolare attenzione nel percorso espositivo?

«In mostra sono presenti due teche con una serie di gioielli che realizzo da quasi una ventina di anni. In una, nello specifico, sono presenti i gioielli realizzati nel 2020 per la mostra “Fragile Bellezza” presso il Centro Culturale di Valenza, nati in collaborazione con Margherita Burgener. Credo che la plastica in questa “contaminazione” mostri la sua forza espressiva, mimetica e che, con i metalli definiti “preziosi”, abbia davvero retto la sfida!».

Enrica Borghi, Margherita Burgener, in collaborazione con Chiara Di Gennaro, Ginestra, 2020, foto di Laboratorio Margherita Burgener
Alla fine di giugno la mostra si sposterà al Castello Reale di Govone, quali saranno le principali differenze tra i due percorsi espositivi?

«Sto realizzando nuovi lavori che andranno ad arricchire la mostra di nuovi spunti di riflessione dedicati allo spazio del Castello, bene Unesco, che presenta delle stupende stanze decorate da carte cinesi. Le carte dipinte a mano importate dalla Cina sono state di moda per tutto il XVIII secolo. Molte stanze delle dimore nobiliari ne avevano le pareti tappezzate. La grande qualità di questi disegni, sia per la carta sia per i pigmenti adoperati, ha permesso che se ne preservassero molte fino ad oggi. Le decorazioni che si possono trovare sono essenzialmente tre: scene di vita quotidiana o tratte da opere letterarie e romanzi, paesaggi, fiori e uccelli, rappresentazioni delle principali manifatture cinesi. Grazie alla collaborazione con alcune aziende che mi hanno messo a disposizione alcuni materiali completamente inediti nel mio percorso di ricerca, vorrei dedicarmi quasi esclusivamente a questo tema. Inoltre verrà ampliato il tema delle foto, di cui alcune dedicate proprio al Castello Reale di Govone».

Enrica Borghi, Mandala, 2000-2021, foto Studio Giudicianni Biffi © l’artista
Oltre a queste due mostre, dove potremo vedere i tuoi lavori nei prossimi mesi?

«Sempre nelle Langhe Roero, nello specifico a Ceresole d’Alba. Sono stata invitata dall’Associazione Creativamente Roero a una residenza per il sostegno di un nuovo progetto site specific che coinvolge la comunità. In questa occasione il tema è l’acqua e la presenza di peschiere storiche con alcuni fiori di loto mi ha ispirato una piantumazione di un centinaio di rizomi di piante acquatiche: ninfee, iris e pontedeire che andranno a rafforzare questa “memoria”. Un ennesimo “riverbero” giocato sulla luce specchiante dell’acqua». (SC)

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