22 luglio 2020

Burocrazia e assenze di prospettive: così il Musja di Roma chiude

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Aperto poco meno di un anno fa, il Musja di Roma chiude le porte a causa di impedimenti burocratici post covid-19. La lettera del direttore, Ovidio Maria Jacorossi

In tempi di riapertura, qualcuno chiude: «È con grande rammarico che ci troviamo costretti a comunicare la chiusura di Musja». inizia così la lettera in cui Ovidio Maria Jacorossi, Direttore di Musja e figlio del collezionista e fondatore del museo di Roma, Ovidio Jacorossi, scomparso il 23 ottobre dello scorso anno, spiega le motivazioni che hanno portato alla drastica decisione.

Il Musja fu presentato alla stampa esattamente un anno fa, il 23 luglio 2019, annunciando l’apertura ufficiale dell’8 ottobre, con la mostra “The Dark Side – Chi ha paura del buio?”, a cura di Danilo Eccher, con opere site specific di Christian Boltanski, Monica Bonvicini, James Lee Byars, Monster Chetwynd, Gino de Dominicis, Gianni Dessì, Flavio Favelli, Sheela Gowda, Robert Longo, Hermann Nitsch, Tony Oursler, Chiharu Shiota, Gregor Schneider.

«Purtroppo le misure restrittive dovute all’emergenza sanitaria da Covid-19 non hanno consentito al Museo di riaprire le sue porte. I limiti agli accessi e le numerose prescrizioni sanitarie non combaciano, infatti, né con le caratteristiche di una mostra ricca di grandi installazioni site-specific né con la particolarissima struttura dello spazio, ricavato in un edificio che sorge nel cuore di Roma, sulle antiche rovine del Teatro di Pompeo e che nei secoli ha visto stratificarsi elementi architettonici di epoche diverse, dall’età romana sino al Rinascimento», continua la lettera.

Insomma si chiude, nonostante il successo del primo – e unico, almeno fino a ora – progetto espositivo, visto che la mostra “The Dark Side – Chi ha paura del buio?” ha accolto oltre 10mila visitatori, un «entusiastico riscontro ci ha dato forza, ha confermato la validità del progetto e dimostrato la necessità di simili iniziative», si legge. Continuerà solo qualche attività online, come la playlist Mus(j)ca con gli approfondimenti dedicati alle opere della collezione Jacorossi.

«Custode di un patrimonio così prezioso, la famiglia Jacorossi ha deciso nel 2017 di intervenire con un’importante opera di restauro che ha tutelato lo spazio, preservandone le peculiarità, e rendendolo adatto ad aprirsi al pubblico. Da qui è nato “Musia”, un laboratorio di sperimentazione multidisciplinare che nel tempo è cresciuto per poi trasformarsi in “Musja”, un vero e proprio museo, innovativo, aperto al dialogo con il pubblico e ispirato dalla profonda convinzione di Ovidio Jacorossi sulla centralità della persona umana. Un principio che gli ha permesso – nel corso della sua lunga attività – di considerare arte e impresa come un binomio inscindibile, individuando proprio nell’arte quel punto d’incontro tra il perseguimento del profitto e l’interesse collettivo», si ricostruisce nella lettera.

«Purtroppo l’esperienza di Musja termina qui. Per quanto motivati a rimboccarci le maniche e desiderosi di contribuire alla ripartenza del settore culturale, per una piccola realtà privata come la nostra, il momento non è dei più felici. I procedimenti eccessivamente burocratizzati, i pochi incentivi per la ripartenza e la grande incertezza per ciò che avverrà, non ci consentono di impostare una programmazione per i prossimi mesi. Eppure, l’arte e la cultura guardano al futuro, lo immaginano e contribuiscono a delinearne i contenuti. Nell’assenza di prospettive si spegne la loro luce, le si rende impotenti e si priva la comunità di un valore imprescindibile», conclude amaramente Ovidio Maria Jacorossi, puntando il dito.

«La mostra “The Dark Side – Chi ha paura del buio?” affrontava proprio questo tema: 13 artisti di rilievo internazionale presentavano la loro personale interpretazione di quel sentimento e di come superarlo. Ci auguriamo che questo buio svanisca presto e che l’arte possa tornare quanto prima a svolgere il proprio ruolo di luce e di guida».

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