23 febbraio 2022

La National Portrait Gallery chiude con la filantropia tossica della BP

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Dopo 30 anni di sponsorizzazioni e partnership, la National Portrait Gallery di Londra interrompe i rapporti con il gigante petrolifero BP British Petroleum, tra i responsabili della crisi climatica

Henry Nicholls/Reuters, 2019

Un vero terremoto sta sovvertendo l’ordine costituito dei musei inglesi: dopo anni di sponsorizzazioni, partnership e relazioni, è ormai stato scoperchiato il vaso di Pandora della filantropia tossica. E così, mentre la Tate Britain, dopo le vibranti proteste dell’artista Nan Goldin, ha deciso finalmente di eliminare le targhe con il nome della famiglia Sackler, responsabile della crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, anche la National Portait Gallery ha fatto la sua mossa: dopo 30 anni, l’importante museo londinese interromperà i suoi rapporti con la BP – British Petroleum. Un gesto significativo e storico, visto che il gigante petrolifero British Petroleum sponsorizzava il Portrait Award, annuale e ambitissimo premio che, però, non si svolge da due anni, a causa di un importante lavoro di ristrutturazione della sede di St Martin’s Place della National Portrait Gallery.

Già da tempo questa relazione poco etica era stata portata all’attenzione del pubblico. Nel 2019, gli attivisti di Extinction Rebellion si inzupparono di vernice nera mettendo in scena una protesta “performativa” nella sala principale dell’ala Ondaatje della galleria, dove sono esposte diverse opere d’arte sponsorizzate da BP (peraltro, le azioni di Extinction Rebellion sono giunte anche in Italia, ce ne parlava l’artista originario di Venezia, Michele Tombolini). Nello stesso anno, molti artisti britannici di primissimo piano, tra cui Sarah Lucas, Antony Gormley e Anish Kapoor, firmarono una lettera chiedendo alla galleria di porre fine alla partnership, a causa del «Ruolo della BP nella crisi climatica».

A seguito di queste dimostrazioni, nel 2020, British Petroleum si è ritirata dalla giuria del premio ma il direttore della National Portrait Gallery, Nicholas Cullinan, ha comunque sottolineato il ruolo importante della società: «Il museo è estremamente grato a BP per il suo sostegno a lungo termine al Portrait Award. Il suo finanziamento per il premio ha incoraggiato la creatività e la ritrattistica per oltre 30 anni e ha offerto una piattaforma di opportunità ad artisti di tutto il mondo, oltre a fornire ispirazione e divertimento al pubblico di tutto il Regno Unito». Secondo quanto comunicato dal museo, nel corso dei 30 anni di partnership, il sostegno di BP al Portrait Award ha consentito a più di sei milioni di visitatori di accedere gratuitamente alla mostra e ha contribuito a promuovere la carriera di oltre 1500 artisti attivi nel campo del ritratto.

Il contratto di partnership tra il museo e la compagnia petrolifera andrà a scadenza nel dicembre 2022 e non sarà rinnovato. E quindi, che ne sarà del premio? Si troveranno altre fonti di finanziamento etiche – sicuramente ce ne saranno – oppure si potrà cambiare il format, nella speranza che comunque il progetto venga portato avanti.

Ma la crociata è tutt’altro che finita: lunedì scorso, il gruppo di attivisti per il clima BP or not BP? ha organizzato una manifestazione all’apertura della mostra “The World of Stonehenge” del British Museum, sponsorizzata proprio da BP. Durante la protesta, gli attivisti hanno mostrato immagini photoshoppate di Stonehenge trasformato in un sito di trivellazione petrolifera.

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