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Il museo come spazio politico. Uno scenario possibile?
Musei
I musei pubblici si trovano oggi di fronte a un bivio, nella sfida di definire la propria rilevanza in un mondo in rapida evoluzione. Le generazioni più giovani, in particolare, guardano spesso al settore pubblico con scetticismo, percependo un divario tra i principi dati – democrazia, diversità, sostenibilità e inclusione – e la loro effettiva applicazione. Il divario sottolinea l’urgenza di una trasformazione all’interno dei musei pubblici e spiega perché l’International Council of Museums (ICOM) abbia recentemente rivisto la sua definizione di museo, dopo anni di intenso dibattito.
La nuova definizione continua a sottolineare i principi classici, come la preservazione e l’esposizione del patrimonio, ma ora incorpora esplicitamente questi valori. L’enfasi è posta su un approccio attivo e collaborativo, su una programmazione sviluppata insieme alle comunità. Questo cambiamento è a mio avviso essenziale per ridefinire il museo pubblico come spazio politico, incoraggiando queste istituzioni ad allineare le proprie strutture interne con i valori che sostengono all’esterno. La nuova definizione evidenzia l’importanza di ridistribuire il potere – sia esso finanziario, culturale o organizzativo – abbandonando le tradizionali strutture gerarchiche per passare a sistemi più inclusivi e porosi. Due principi guida di questa trasformazione sono la competenza e la solidarietà.

Le responsabilità sociali e politiche dei musei
I musei pubblici sono, e sono sempre stati, spazi profondamente politici. Decenni di discorso post-coloniale hanno sollevato domande importanti sulle dinamiche di potere: chi decide e chi ne beneficia? Chi siede al tavolo delle decisioni? Come hanno sottolineato teorici come Edward Said e James Clifford, i musei hanno storicamente svolto un ruolo nel plasmare e perpetuare le narrazioni coloniali, spesso privilegiando le prospettive eurocentriche. Mentre oggi molte mostre promuovono una comprensione più diversificata e globale, le strutture organizzative dietro le quinte in Europa rimangono in gran parte invariate. I musei spesso non mettono in pratica l’inclusività che mostrano nella programmazione, rafforzando la necessità di una riforma sistemica.
Tradizionalmente, i musei erano considerati i bastioni dell’autorità accademica, dove la competenza e la specializzazione conferivano il diritto di plasmare le narrazioni culturali. Sebbene questo fondamento rimanga, oggi i musei sono molto di più, ed è proprio questa complessità che alimenta la mia passione nel dirigerne uno. Sono delicati ecosistemi alimentati da specialisti che avvertono una profonda responsabilità, unendo il rigore intellettuale all’impegno per l’impatto sociale. Tuttavia, la conoscenza non è più l’unico standard per il mondo. Oggi, i musei sono promotori del dialogo, unendo le proprie prerogative con i punti di vista di diverse parti interessate per dare forma in modo collaborativo alle storie che raccontano. Questa evoluzione ridefinisce il museo come spazio politico dinamico, non più confinato nella sua architettura ma sostenuto da una governance e da un’infrastruttura sociale.

Un museo della comunità e per la comunità: una prospettiva differente
Elemento chiave di questa formula è la solidarietà. Sebbene i musei abbiano a lungo sostenuto il settore creativo, esiste una distinzione cruciale tra sostegno e solidarietà: il primo spesso implica una relazione dall’alto verso il basso che può essere revocata in qualsiasi momento, mentre la solidarietà implica la definizione di obiettivi congiunti, un approccio che implica un dialogo attivo e costante tra le parti. Queste due tendenze – ridistribuzione del potere e promozione della solidarietà – determinano cambiamenti radicali nei musei, consentendo loro di costruire un’autenticità che va oltre i singoli progetti. Articolando il “perché” delle proprie azioni, i musei possono creare legami più profondi e significativi con le comunità. A Museion stiamo abbracciando questa evoluzione trasformandoci da museo d’arte contemporanea ad agente culturale contemporaneo.

Oltre alla programmazione di mostre internazionali, gran parte del lavoro privilegia la collaborazione e la co-creazione, assicurando che le comunità non siano solo partecipanti, ma agenti attivi. Iniziative come il Museion Art Club consentono ai giovani creativi (tra i 20 e i 35 anni) di curare e produrre una programmazione che rifletta le loro esperienze e valori. Allo stesso modo, Museion Academy si occupa del patrimonio culturale attraverso la lente della collezione del museo, promuovendo il dialogo con gli stakeholder locali e i partner accademici e affrontando temi di attualità.
Tale approccio assicura che la narrazione del museo rimanga pertinente e autenticamente connessa alla sua comunità. In quanto spazio politico, il museo offre a questi creativi opportunità di impatto significativo, di maggiore visibilità e di networking. Per realizzare questa visione, è necessario che la trasparenza e l’inclusività siano al centro della governance del museo. Ciò significa ripensare non solo al modo in cui vengono prese le decisioni, ma anche a chi le prende. In Museion, la nostra Roadmap per la sostenibilità fornisce un quadro chiaro per allineare le nostre operazioni ai principi ambientali, sociali e di governance (ESG). Integrando questi principi nelle nostre attività, miriamo a trasformare il museo in una piattaforma per l’innovazione sociale e il progresso collettivo.

Esempi di queste pratiche sono emersi a livello globale negli ultimi decenni. Istituzioni come il Van Abbemuseum nei Paesi Bassi sono state pioniere di iniziative partecipative e incentrate sulla comunità. In definitiva, il ruolo politico del museo risiede nella sua capacità di mettere le persone al centro e promuovere l’inclusione. I musei devono agire come catalizzatori del dialogo, dare potere alle comunità e mantenere la propria autonomia come spazi di conoscenza e innovazione culturale. Ridistribuendo il potere e abbracciando la collaborazione, i musei possono evolvere in istituzioni dinamiche e orientate al futuro, in grado di gettare un ponte tra passato, presente e futuro, tessendo nuove narrazioni di significato culturale condiviso.
ieri ho ricevuto il programma 2025 del MUSEO AGA KHAN
nato 10 anni fà il primo Museo Islamico in Canadà
per la Prima volta presento una Mostra di Donne Cristiane Sante in un contesto di ARTE e FEDE,
-Santa Chiara-Santa Rita- Santa Caterina…Ect
fui invitata come consigliera a collaborare- sapevano del mio progetto Museo Sociale in Cina, e come la Cina mi chiesero di aiutarli……
esattamente il contrario del progetto Politico nel MUSEO
nel 1999 la Cina invita a Pechino-al Ministero Culturale i MANAGER dell’ARTE MONDIALE-,seleziona progetti ed eventi che aprano la POLITICA agli scambi culturali con il resto del mondo- partono da MUSEI- ed Eventi che aprano una nuova ERA SOCIALE
creano un dipartimento all’interno del Ministero, il CICE con poteri POLITICI ed ECONOMICI
incontro LU JUN il Direttore Generale della Cultura- che mi boccia tre Mostre
il 600 Romano
Giorgio De Chirico e
la FORNARINA di RAFFAELLO (una mostra digitale esposta in Italia solo a Milano
rifiuto seguito subito da una proposta curare gli scambi culturali fra la Cina e l’Italia- dopo riflessione ricevo un mandato scritto ed accetto
positiva ed immediata la risposta dell’Europa e del Ministero Culturale Italiano-che apre a GRAZ CAPITALE della Cultura 2003 l’ingresso CINA -e ROMA nel 2004 apre le porte del MUSEO dell’EUR alla CINA-il SOCIALE entra nei MUSEI ITALIANI-ripreso ed introdotto in sede UNESCO a SAN PIETROBURGO 2004
2005 il Ministro degli Affari Esteri ITALIANO- invita ufficialmente la CINA e gli ARTISTI UNESCO per la PACE,la Cina delega me ufficialmente di rappresentarla nel mio PAESE-……ed in VATICANO
il resto è storia……