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Dopo quattro anni di restauri, il Grand Palais di Parigi riapre le sue porte al pubblico: con un investimento di 466 milioni di euro e sotto la guida dello studio francese Chatillon Architectes, il progetto rappresenta la trasformazione più significativa dell’edificio fin dalla sua inaugurazione, che avvenne in occasione dell’Esposizione Universale del 1900. Ma il vero cambio di passo non riguarda solo la sua architettura. Nei suoi spazi, infatti, troverà posto un ospite di assoluto rilievo: il Centre Pompidou vi si trasferirà temporaneamente, fino al 2030, durante la chiusura della sua sede principale.
Il progetto di Chatillon Architectes
L’intervento di Chatillon Architectes non ha inteso reinventare il Grand Palais, bensì “rivelarlo”, restituendone le proporzioni originarie, i flussi di circolazione e gli assi visivi storici. L’asse centrale che collega Square Jean Perrin alla Senna è stato riaperto, trasformandosi in una nuova “place centrale” accessibile e permeabile, pensata come spazio pubblico vivo. Sono stati inseriti oltre 40 ascensori e 30 nuove scale, mentre le pareti interne sono state alleggerite per riattivare le prospettive del primo progetto. L’architettura monumentale in vetro e acciaio, simbolo della modernità della Belle Époque, è stata rispettata e valorizzata ma oggi è anche pienamente accessibile, sostenibile e tecnologicamente equipaggiata. Il progetto di Chatillon per il Grand Palais ha vinto anche il Popular Choice Award nella categoria “Gallerie e spazi espositivi” degli Architizer A+Awards.

Grand Palais: una nuova casa per il Centre Pompidou
L’arrivo del Centre Pompidou, una delle istituzioni culturali più importanti al mondo, nel Grand Palais, un edificio altamente simbolico per la Francia, segna un momento fondativo per la museologia, con l’innesto di un modello curatoriale e collaborativo sperimentale. In questo senso, le nuove gallerie sono state pensate per accogliere installazioni monumentali e mostre d’arte contemporanea, che necessitano anche di accorgimenti specifici, come pavimentazioni rinforzate, impianti di illuminazione sofisticati, controlli climatici.
«Questo è un momento cruciale. Istituzioni importanti collaborano, condividono competenze e si adattano alle mutevoli aspettative del pubblico», ha affermato François Chatillon, l’architetto responsabile del progetto. Il Grand Palais è gestito dal RMN -GPR Réunion des Musées Nationaux, un ente pubblico francese sotto l’egida del Ministero della Cultura e dal 2021, in occasione dell’avvio dei restauri, è stato creato un ente specifico, la Société du Grand Palais des Champs-Élysées, incaricato di supervisionari i lavori. A gestire il Centre Pompidou è l’omonima istituzione pubblica che, sotto la tutela del Ministero, gode però di autonomia speciale. La sfida, insomma, è anche infra-istituzionale, per una sinergia destinata a diventare iconica. In un’epoca in cui le istituzioni culturali devono ripensarsi in chiave adattiva e trasversale, il Grand Palais con il Centre Pompidou potrebbe diventare il laboratorio ideale per un nuovo modello di integrazione e ibridazione culturale.

Il Grand Palais come città della cultura
Oltre alle mostre del Pompidou, il rinnovato Grand Palais ospiterà fiere internazionali, come Paris Photo e Art Basel, già presenti nella prima fase di riapertura, sfilate di moda, installazioni pubbliche e nuove attività legate alla vita quotidiana cittadina. I giardini ridisegnati, oltre 60mila piante inserite nel paesaggio, un sistema di raccolta delle acque piovane per l’irrigazione e nuove entrate pedonali contribuiscono a trasformare l’edificio in una vera cittadella culturale. Senza dimenticare le nuove brasserie, come il rinnovato Le Grand Café che, gestito dagli imprenditori Loulou Groupe, con l’interior design firmato da Joseph Dirand, la sua terrazza di 75 metri e il menù curato dallo chef Benoit Dargère, diventerà una meta irresistibile per gli appassionati d’arte e non solo.