23 giugno 2010

decibel_live Autechre

 
Ogni loro live è un evento a cui non bisogna mancare. Dopo il tour di due anni fa, Sean Booth e Rob Brown tornano a Torino per calcare il palco dell’Hiroshima Mon Amour. Ad attenderli, un pubblico folto e non prettamente electronic oriented...

di

Con alle spalle una discografia massiccia disseminata in vent’anni
di attività (il primo EP è del 1991) il duo Autechre
è sempre uscito a testa alta
attraverso tutte le mode e le tendenze che hanno influenzato la scena,
rappresentando un caso molto particolare nella musica contemporanea. Ogni loro
registrazione, infatti, ha contribuito a ridefinire il concetto di musica
elettronica e ogni singolo album rivela un’opera unica e originale.

Le loro release, praticamente sempre uscite per la storica
Warp Records, hanno raggiunto ogni volta picchi creativi e sperimentali
diventati poi un riferimento per qualsiasi artista contemporaneo. Fu così che i
primi album Incunabula
(1993) e Amber (1994) crearono nuove prospettive per l’elettronica dell’epoca. Gli
Autechre attraversarono poi il boom del mercato discografico elettronico della
seconda metà gli anni ’90 con tre ottimi album: Tri Ripeate
(1996), Chiastic Slide (1997) e LP5 (1998).
Ma è nel 2001 che il capolavoro Confield fa uscire la loro arte dai
confini per andare a ricreare una nuova estetica di ascolto della musica pop.
Fu allora la prima volta che sul mercato venne resa disponibile una
registrazione di quel tipo: ritmi spezzati e pulsanti, accelerazioni e
decelarazioni, un senso della melodia molto ricercato, sperimentazioni e suoni
mai sentiti prima. Un lavoro che per ambiziosità ricorda la celebre
composizione di Karlheinz Stockhausen
, Kontakte, trasposta però in avanti di quarant’anni e attraversata
da influenze electro, hip hop e ambient.

Sean Booth e Rob Brown
La formula divenne quindi il marchio di fabbrica degli
Autechre e con questo sound distintivo vennero composti altri album strepitosi,
in particolare Draft 7.30
, del 2003, Untilted, del 2005, e il più recente Quaristice, del 2008.
Oversteps, uscito quest’anno per Warp, segna ancora una volta un
cambio di rotta, puntando tutto sulla costruzione di melodie intricate mai
apparse così chiare negli album precedenti. Definire Oversteps
in un genere è riduttivo perché –
e ciò vale per tutta la musica degli Autechre – gli si può attribuire qualsiasi
sfumatura di elettronica: techno,
ambient, glitch, IDM, electro, drone… Etichette alle quali però sfuggono velocemente,
così come i loro beat sghembi evitano di essere ingabbiati in rigidi sequencer
e si trasformano in esseri organici e pulsanti.

E così anche la performance live degli Autechre è qualcosa
di unico e irripetibile. Sulla sala dell’Hiroshima Mon Amour cade un buio
tetro, squarciato solo dai pochi led in consolle. Il suono è perfetto, grazie a
tecnici fidati che, oltre a fare egregiamente il proprio lavoro, presidiano il
banco mixer e prevengono il diffondersi di registrazioni bootleg. Gli Autechre
non permettono di essere fotografati perché l’attenzione deve concentrarsi,
come l’old school impone, esclusivamente su che cosa si sta suonando e non su
chi sta suonando. In questo contesto gli spettatori si trovano davanti a un
muro di suoni impenetrabili e viaggiano per galassie soniche mai scoperte dalla
specie umana. La musica rallenta, si infittisce poi accelera di nuovo e diventa
minimale. Un sali e scendi continuo, un’esecuzione impeccabile.

Autechre in versione live
La cosa che impressiona è la facilità con la quale i due
si districano tra sequencer e sintetizzatori. Un approccio unico e genuino,
come se per loro fare musica elettronica fosse la cosa più semplice e naturale
del mondo. Rob Brown
e Sean Booth suonano praticamente a occhi chiusi, trasportati dal magma sonoro
creato attraverso Max/MSP e un interminabile linea di apparrecchiature e
congegni elettronici. Sembrano due musicisti usciti da un futuro sporco e
fatiscente, gli ultimi coloni di una base spaziale in smantellamento.

Quando, dopo un’ora e mezza di live, interrompono la
performance, il pubblico grida estasiato e loro si allontano nel buio senza
salutare, sicuri di aver lasciato un segno indelebile nell’immaginario dei
presenti.

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decibel – suoni e musica
elettronica
è un
progetto a cura di alessandro massobrio

[exibart]

2 Commenti

  1. Sicuramente un concerto più che soddisfacente (tenutosi il 26 marzo 2010), ma leggermente inferiore in confronto a quello di due anni or sono (14 marzo 2008, nella stessa location), non fosse altro perché a un certo punto pareva quasi che avessero inserito il pilota automatico… Nel corso della stessa serata ottima performance live di Russell Haswell (excursus a 360° nel mondo dell’elettronica non allineata e spesso violenta).

  2. haha grazie per l’ottimo e divertente articolo. stavo giusto ascoltando Kontakte di Stockhausen. non ne ho trovate molte di recensioni recenti in italiano, e concordo con la scansione dei periodi dove Untitled è inserito anche fin troppo compatto nella fase precedente ad Oversteps – a dispetto della critica scetticista che a volte fa di quell’album un capro espiatorio per denigrare quel fenomeno rivelatorio per le sorti dell’elettronica che fu Draft 7.30

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