16 settembre 2004

decibel_soundstoria Morton Feldman, pittore di suoni

 
Un’introduzione all’opera del compositore che è riuscito ad avvicinare l’esperienza dell’ascolto a quella della visione di un dipinto astratto. Perché la musica può imparare dalla pittura. Tra due chiacchiere con gli amici della New York School e l’affinità con Mark Rothko…

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Tra i grandi compositori di tutti i tempi, Morton Feldman è certamente quello che più ha concepito la sua musica in analogia alla superficie pittorica. Con una semplicistica schematizzazione potremmo immaginare la durata dell’opera come la tela sulla quale si sposta l’occhio dell’osservatore, e considerare il suono come colore: la sua durata come estensione sulla superficie, l’altezza come forma ed il timbro come tonalità di colore, caratteristiche che in Feldman si presentano quasi sempre in maniera morbida e sfumata. Lui stesso afferma che la musica può imparare dalla pittura, «dal suo temperamento più percettivo, che aspetta ed osserva il mistero insito nei suoi materiali».
Per Feldman è fondamentale l’incontro del 1949 con John Cage, dal quale impara non soltanto l’importanza del silenzio come vuoto positivo – concetto applicabile tanto alla pittura quanto alla musica –, ma anche a confidare nel proprio istinto e a liberarsi della dipendenza da sistemi rigidi, sebbene la sua musica risulti molto diversa da quella di Cage: mentre quest’ultimo invita a prendere coscienza dell’intero universo sonoro con espedienti talvolta estremi (compreso l’utilizzo del silenzio), Feldman ricerca nelle sue opere più significative una quiete meditativa venata di ansietà, elemento necessario nell’arte per essere esorcizzato nella vita. Per questo apprezza la pittura di Mondrian che, come lui, opera esitando continuamente, senza certezze assolute, ed in ambito musicale si sente affine a Varèse, sebbene i loro lavori siano dissimili.
Morton_Feldman foto di Masotti
Tramite John Cage incontra Robert Rauschenberg (di cui ammira specialmente la «con-fusione di materiale e costruzione, e la fusione di metodo e applicazione»), David Tudor, Earle Brown, Christian Wolff e Philip Guston, che diviene presto il suo pittore preferito nonché il suo migliore amico, mentre nel 1951 gli viene commissionato lo score per il film di Namuth e Falkenberg su Jackson Pollock. Ma è soprattutto dagli anni Settanta che la sua poetica giunge ad esiti di ineguagliabile ispirazione, con pezzi che diventano sempre più lunghi, fino a raggiungere le 4 ore con For Philip Guston (1984) e 5 con lo String Quartet II (1983), mentre i materiali utilizzati, ovvero i suoni, si fanno sempre più scarni: «sentivo che le forme di memoria in musica erano primitive, basate su brevi intervalli di attenzione. […] Intendo la memoria nel senso proustiano». Non è un caso che i suoi principali riferimenti pittorici diventino Jasper Johns e specialmente Mark Rothko: nel 1971 compone Rothko Chapel per la cappella interconfessionale dedicata al pittore un anno dopo il suicidio, ispirandosi esplicitamente ai suoi quadri dai toni cupi e i contorni sfumati realizzati appositamente per quello spazio. Inoltre si fa sempre più vivo in lui l’interesse per i tappeti mediorientali, soprattutto quelli dell’Anatolia, nei cui patterns astratti e simmetrie incomplete ritrova la rappresentazione ideale dell’infinito-vuoto; è proprio in relazione a questi manufatti che si devono ascoltare Spring of Chosroes (1977) e Crippled Symmetry (1981).
Feldman con Cage e Hiller
Infine, merita almeno un rapido accenno il suo amore per la poesia, che l’ha portato a collaborare con Frank O’Hara e Samuel Beckett. La sua musica si è liberata dal vincolo dello sviluppo narrativo, proprio delle forme d’arte legate alla necessità di uno svolgimento temporale, per dedicarsi alla contemplazione, a guidare lo sguardo libero dell’ascoltatore attraverso spazi fatti di suoni dipinti sul silenzio.

Morton Feldman in breve
Morton Feldman nasce a New York il 12 gennaio 1926. In gioventù studia pianoforte con Madame Maurina-Press, già allieva di Busoni. Studia composizione con Wallingford Riegger dal 1941, ed in seguito con Stefan Wolpe.
Nel 1949 conosce John Cage, che lo introduce nell’ambiente della New York School e gli fa incontrare i massimi esponenti dell’Espressionismo Astratto di allora. Di lì a poco Feldman diviene anche suo vicino di casa, e grazie ai suoi insegnamenti inizia a costruire una poetica del tutto personale basata sull’intuizione, che lo porterà ad utilizzare sia partiture grafiche che altre con notazione tradizionale. Dagli anni Settanta comunque specificherà sempre tutte le indicazioni circa altezza, timbro, ritmo e dinamiche di esecuzione.
Nel 1973 diventa Edgar Varèse Professor presso l’Università di New York a Buffalo, un incarico a cui presterà fede fino alla sua morte, avvenuta a Buffalo il 3 settembre 1987.
La sua opera continua ad affascinare anche le generazioni più giovani di musicisti, e tra quelli che gli devono molto ricordiamo almeno Toru Takemitsu, Bernhard Günter e John Luther Adams.


discografia selezionata
Three Voices for Joan La Barbara, 1989 New Albion
Rothko Chapel / Why Patterns?, 1991 New Albion
Piano and String Quartet, 1993 Elektra Nonesuch
Morton Feldman, 1994 ed. RZ (per una panoramica sui suoi lavori giovanili)
Crippled Symmetry, 1994 Col Legno
Aki Takahashi plays Morton Feldman, 1996 Mode
For Philip Guston, 1997 Bridge
Coptic Light, 1998 Argo
Complete Music for Violin & Piano, 2000 Mode
Piano & Orchestra / Palais De Mari, 2001 Col Legno
String Quartet II, 2002 Mode

bibliografia di riferimento
Give My Regards to Eight Street/Collected Writings of Morton Feldman, a cura di B.H. Friedman con una postfazione di Frank O’Hara, Exact Change, Cambridge, 2000
Morton Feldman Essays, a cura di Walter Zimmermann, Beginner Press, Kerpen, 1985

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newalbion.com/artists/feldmanm
mode.com/profiles/feldman.html
cnvill.demon.co.uk/mfhome.htm
hathut.com/home.html

francesco bergamo

decibel – sound Art e musica elettronica è un progetto editoriale a cura di marco altavilla

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