04 febbraio 2005

decibel_talenti laterali Intervista a Bob Ostertag e Pierre Hébert

 
A Roma, per presentarci il loro lavoro “Between Science and Garbage”, Bob Ostertag e Pierre Hébert hanno dato vita ad una performance in divenire. In cui spazi, persone e suoni interagiscono definendo nuovi possibili significati...

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Come è nata la vostra collaborazione artistica?
Bob Ostertag: conoscevamo i rispettivi lavori prima ancora del nostro primo incontro avvenuto durante un festival. Abbiamo iniziato a vedere in che modo i nostri progetti potessero svilupparsi insieme. Solo nel ’99 abbiamo iniziato a parlare di un progetto comune.
Pierre Hébert: In realtà era già da alcuni anni che c’era una sorta di relazione tra i nostri lavori. I primi progetti insieme hanno sempre avuto uscite separate, lui ne faceva un disco, io un film.

Qual è la tua opinione circa i rapporti sulla musica elettronica cosiddetta d’avanguardia e i sottogeneri nati negli anni novanta come l’intelligent techno, il glitch, il noise…?
B.O: Sul fatto che il primo tipo di musica che hai menzionato esista io nutro dei dubbi…qualcuno dice di si. Le persone coinvolte nella musica cosiddetta d’avanguardia ritenevano di appartenere ad una elite culturale, mentre la musica elettronica odierna appartiene sicuramente alla popular culture poichè quest’ultima si è espansa oltremisura rispetto alla metà degli anni cinquanta.

La normalizzazione del computer e dei software musicali è qualcosa di positivo o no?
B.O: Non so dirti se sia positivo o negativo, è così…in entrambi i casi, avanguardia e musica elettronica popolare, è riscontrabile l’esistenza di sequenze di beat elettronici che non sono realizzabili se non artificialmente. Questa è la loro indubbia similitudine.

In un tuo saggio “Computer musica sucks” affermi che quasi tutta la musica elettronica è basata sulla sperimentazione timbrica. Negli ultimi anni però tale panorama è a mio parere cambiato, in quanto è forte la ricerca di nuove strutture ritmiche o melodiche.
B.O: Assolutamente, pensa anche alla sperimentazione sul volume, sulla dinamica del suono…

ostertag & hebert
Osservando il tuo lavoro ci si chiede quali sono i riferimenti, ad esempio registi, animatori, correnti artistiche che hanno maggiormente influenzato il tuo immaginario.

P.H: Sono cresciuto con la nouvelle vague rimanendo profondamente suggestionato dalla sua estetica tanto che ancora oggi li considero i miei punti di riferimento in merito al linguaggio cinematografico. La mia ricerca è poi passata dall’interesse per il neorealismo italiano, a quello per l’animazione giapponese fino alla sperimentazione europea della fine degli anni sessanta.

Il tuo approccio alla videoarte è quindi maggiormente cinematografico. Quali sono i consigli che daresti a chi si cimenta in questo ambito?
P.H: Indubbiamente consiglierei di partire dalla ripresa come tappa fondamentale per costruirsi una visione personale del mondo da trasporre successivamente in immagini.

ostertag & hebert
Cosa ne pensate dell’arte politica o degli artisti che producono arte con un messaggio politico?

B.O: Credo che un buon artista non sia mai politico. I lavori in cui ci si è prima seduti ad un tavolo decidendo di quale messaggio essi dovrebbero essere portavoce scontano un po’ di uniformità dovuta al fatto che non concedono interpretazioni differenti dall’idea dell’artista. Ma se si usa l’arte per esaminare e definire un’area entro la quale muoverti, come ad esempio avviene in Between Science And Garbage, non sei portatore di un messaggio propriamente politico in quanto è la risposta emozionale del pubblico a dare significato all’opera. Questa produzione di senso varia da persona a persona e si potrebbero fare numerosi esempi. Anche All the Rage non era secondo me un lavoro politico ma un’opera su una emozione come la rabbia. Politica è una parola che assume significati diversi da persona a persona.
P.H: Durante la prima americana del nostro spettacolo, avvenuta pochi giorni dopo l’undici settembre, abbiamo avuto il timore dei possibili fraintendimenti rispetto ad alcune parti dello spettacolo. Alla nostra decisione di portare avanti lo show senza cambiamenti il pubblico ha risposto interpretando i riferimenti che vi si potevano leggere come una sorta di catarsi delle emozioni provate in quei giorni. Noi non volevamo essere portatori di nessun messaggio ma la situazione era tale che forse qualsiasi cosa in quel momento ed in quel posto avrebbe avuto gli stessi problemi. D’altronde, già prima dell’undici settembre noi avevamo deciso di usare alcune immagini di guerra e simili che solo dopo hanno assunto connotazioni più forti. La natura stessa di questo spettacolo in cui le performance cambiano di volta in volta a seconda dei luoghi in cui ci esibiamo, è quella di avere numerosi chiavi di lettura. Il lavoro può a volte scatenare reazioni negative in relazione all’utilizzo di elementi di attualità inserite nelle manipolazioni audio video eseguite dal vivo. Ma ripeto, noi non vogliamo sembrare nè accademici nè denigratori nei confronti degli argomenti che trattiamo quando siamo su un palcoscenico. Vogliamo tentare di arrivare all’emotività di chi ci vede interagire tra noi, tra i suoni e le immagini, tra questi e l’attualità…

Un ringraziamento speciale ad Eleonora Trani

bio
Nato negli Stati Uniti nel 1957, Bob Ostertag è compositore, musicista e artista multimediale di spicco della musica elettronica contemporanea. Attivista consapevole, paga il suo tributo ai tumulti gay di San Francisco con Burns like fire, opera basata su fields recordings dal grande impatto emotivo. In questo progetto è affiancato da Pierre Hébert, regista d’avanguardia canadese membro del National Film Board of Canada e inventore della live scratch animation.


discografia essenziale di B.Hostertag
1983 Voice Of America, Rift
1992 Burns Like Fire, MVORL
1997 Like A Melody No Bitterness

link correlati
detritus.net/ostertag/>sito ufficiale di Bob Ostertag
nfb.ca/f/rayonnement/pierre_hebert.html>sito di informazioni su Pierre Hébert

emiliano barbieri

decibel – Sound Art e Musica Elettronica è un progetto editoriale a cura di marco altavilla

[exibart]




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