19 settembre 2006

decibel_talenti laterali John Duncan

 
Di Duncan, artista indiscusso del pre e del post-industrial, della body art e dell’ecologia noise, si sa praticamente tutto. Eppure la sterminata discografia, il lavoro performativo e installativo, ne hanno pluralizzato le stratificazioni. Lo abbiamo incontrato...

di

Nel tuo lavoro c’è qualcosa di molto “psichico”, che quasi somiglia ad una fase di trasogno, fase caratterizzata da una crudele ossessività e dal continuo sfalsamento sulla fruizione. È un lavoro che trapassa sicurezze e abbellimenti, tentando sempre una fruizione traumatica. Pare che il tuo lavoro sia addirittura psicanalitico: metti in gioco le tue ossessioni e poi quelle dello spettatore?
Sono affascinato dallo psichico, si, e il mio lavoro è basato sulla stimolazione delle emozioni. Ogni spettatore vi trova qualcosa di unico che non provo neanche ad anticipare.

“Ear/art” mi sembra una definizione molto più appropriata per coloro che tentano di avvicinare il tuo lavoro ad una sperimentazione sul corpo. Più che il corpo, credo che tu abbia, a differenza della Body Art più esplicita, fatto sempre riferimento all’interno, e se di corpo bisogna parlare, perché corpi siamo, credo che l’orecchio sia il mezzo dentro cui tu spingi limiti e meccanismi psichici. Del resto mi sembra che sebbene tu abbia prodotto molti lavori discografici, la tua “applicazione” sia l’arte come condizione e non come forma. In che modo il corpo interagisce con la psiche nel tuo lavoro?
Innanzitutto, per me “crudele” significa un desiderio di causare sofferenza deliberatamente negli altri. Non sono mai stato interessato a questo significato e non ho nessun desiderio di soffrire. Gli aspetti dell’interno e del corpo sono parte di un esplorazione privata; il mio lavoro è creare situazioni che l’incoraggiano. L’indagine stessa è, per chi partecipa, accettare oppure no.
Conservatory, un
Una costante della tua arte consiste nel generare da materiali molto semplici, spesso d’uso comune, una potente carica psichica, ritualistica, ne è un esempio l’uso delle onde corte. Scegli degli approcci “non-tecnici” per avvicinarti più profondamente ed in fretta al fruitore?
Noto l’effetto emotivo di una fonte audio su di me e su quella base creo combinazioni di fonti.

Chi censura: più l’istitutore o il fruitore?
Le censure quasi certamente vengono da una persona con esperienze limitate e non bisogna lasciarsi fermare.

Dove hai più avvertito la censura?
Dalle persone che per qualcun motivo hanno paura di esaminare loro stesse, di domandarsi se le regole sociali con cui sono cresciuti sono valide o no. Secondo le mie limitate esperienze, è quella paura che spinge il desiderio di censurare. Lo vediamo nei tentativi di difendere i loro giudici, che diventano sempre ì più assurdi e finiscono spesso in disperazione dicendo: That’s just not done!”.

In The grotto, l’installazione che hai presentato al festival Piombino Experimenta 2, hai messo su una stanza buia, quasi blindata dalla luce, e nell’assenza di luce, hai individuato una prima forma di attenzione all’ascolto. Un primo modo di raggiungere un contatto differente col corpo. Cos’è il buio per te?
Un lusso raro. L’eliminazione temporanea di una distrazione quasi costante.
John Duncan, Photo © Pietro Clarizia
Credi che il tuo approccio in qualche modo possa essere squalificato, danneggiato, dal modo, talvolta discutibile con cui viene gestito il mercato dell’arte contemporanea?
No, perché ci sono persone che apprezzano il mio lavoro e vogliono comprarlo, per averlo vicino come un ricordo delle cose che trovano importanti. Un lavoro è negativo soltanto se è calcolato e fatto deliberatamente per essere accettato da un mercato commerciale, focalizzato solo dalla moda, invece di definire un valore per l’arte stessa.

C’è stato un momento particolare nella tua vita in cui hai compreso che la tua attività dovesse essere l’arte?
Quando avevo 16 anni.

Tre nomi: Marina Abramovic, Andres Serrano, Joel Peter Witkin. Ti senti in qualche modo legato a questi artisti?
Non direttamente.

Rispetto a tutta la tua discografia c’è qualche lavoro a cui ti senti più affezionato?
Il prossimo.

Degli artisti contemporanei a chi ti senti più legato?
Non proprio ‘legato’, ma mi sento molto vicino a Carl Michael von Hausswolff, LeifElggren, Teresa Margolles, Phill Niblock, Giuliana Stefani (che includo anche se non vuole che la si consideri come ‘artista’).


discografia parzialissima e consigliata
Presence (with Edvard Graham Lewis), 2004 Allquestions
Tongue(with Elliot Sharp) , 2004 Allquestions
Phantom Broadcast , 2003 Allquestions
Infrasound-Tidal , 2003 Allquestions
Da sich die machtgier, 2003 Die Stadt
Stun Shelter (with Carl Michael Von Hausswolff) , 2003 Allquestions
The John See Soundtracks , 2002 RRRecords
Nav (double cd with Francisco Lòpez) , 2001 Allquestions & .absolute.
Palace of MIND , 2001 Allquestions
Tap internal , 2000 Touch
Cruciale (with Alcin Curran) , 1998 Die Stadt
Home: Unspeakable, 1996 Trente Oiseaux
River in flames/Klaar , 1994 Staalplaat

link correlati
sito di John Duncan
sito della Allquestions

(etre)

[exibart]



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