01 marzo 2025

Intervista a Lorenzo Seghezzi, il fashion designer simbolo del corsetto contemporaneo

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Spazio al dialogo e all’identità: il designer presenta uno spaccato sulla comunità queer milanese attraverso una narrazione fluida e libera, dando a questo elemento dalla lunga storia un significato tutto nuovo

Epitelio, 2025
Epitelio, 2025

«Per me è sempre stato molto difficile dare un nome alle cose, soprattutto quando si tratta di progetti così coinvolgenti». È iniziata così la nostra intervista con Lorenzo Seghezzi, designer emergente che in occasione della Milano Fashion Week 2025 presenterà in anteprima la sua collezione Epitelio. Fondato nel 2021, il brand vuole raccontare un universo stilistico in cui il corpo diventa protagonista di una narrazione senza genere, mentre la sua estetica rende omaggio alla comunità queer.

Epitelio, 2025

Ogni creazione è studiata e realizzata per adattarsi a ogni corpo, indipendentemente dalla sua identità e forma, mentre le silhouette assumono una sfumatura drammatica grazie all’alternanza di corsetti e ampi volumi. Scoperto in occasione di spettacoli di drag e burlesque, il corsetto nello specifico è diventato capo iconico di ogni sua collezione, un tempo simbolo di femminilità e costrizione, oggi invece reinterpretato da Lorenzo in chiave moderna come simbolo di libertà e di controllo sul proprio corpo. Realizzati a mano con materiali selezionati e di alta qualità, gli abiti sono cuciti sfruttando tecniche sia tradizionali che all’avanguardia, un impegno portato avanti dal brand nel rispetto del Made In Italy e della sostenibilità.

Epitelio, 2025
Epitelio, 2025

I capi sono pensati per il mondo dello spettacolo e della nightlife, indossati da diverse artiste del panorama musicale italiano come Miss Keta e BigMama, quest’ultima in occasione del Festival di Sanremo 2024. Su quel palco è stato infatti lanciato un messaggio di inclusività forte – portato avanti stampando sui legging la simbologia trans – accolto da chi, per la prima volta, si è sentito rappresentato nella sua unicità.

Attraverso la sua nuova collezione Epitelio, Lorenzo Seghezzi desidera raccontare il profondo disagio causato dalla dismorfia e disforia di genere, quando cioè il corpo diventa prigione dell’anima. Il suo pensiero è rivolto in particolare alla sua comunità, ovvero alle persone transgender e queer. Nella sua collezione i tessuti si fanno interpreti di questo disagio, tra volumi imponenti che creano come una seconda pelle, e le trasparenze che valorizzano invece ogni corpo nella sua più autentica forma. La silhouette, volutamente distorta, diventa così il simbolo di una trasformazione ancora in atto, in opposizione alla rigidità delle strutture impiegate. La collezione viene presentata al pubblico domenica 2 marzo 2025 presso Fondazione Sozzani, dalle 11 alle 19:30.

Epitelio, 2025
Epitelio, 2025

Parliamo della tua nuova collezione. Perché hai scelto di intitolarla Epitelio e a cosa ti sei ispirato?

«Per me è sempre stato molto difficile dare un nome alle cose, soprattutto quando si tratta di progetti così coinvolgenti. Il perché di questo titolo è abbastanza coerente con la collezione, che vuole essere un omaggio alle sensazioni di dismorfia e disforia di genere. Sono due condizioni che riguardano il non riuscire ad accettare o mostrare il proprio corpo non solo per motivi legati alla forma fisica, ma anche all’identità di genere. Sono delle sensazioni complesse da vivere e che attanagliano molte delle persone che fanno parte della mia comunità queer. La mia collezione Epitelio vuole sia mettere in luce che nascondere. Ci sono infatti delle trasparenze che evidenziano alcune parti del corpo, ma anche grandi volumi che invece nascondono il corpo creando quasi una seconda pelle».

Quali materiali hai scelto di impiegare per la realizzazione della tua collezione?

«Il mio lavoro si concentra sul mondo della corsetteria, quindi penso a materiali tipici come la steccatura in acciaio e i lacci. Per questa collezione ho rinnovato la mia collaborazione con Colombo SRL, un’azienda tessile che produce per molti altri marchi di moda e che possiede archivi di tessuti incredibili. Tra questi, quelli di dead stock che l’azienda dona alle scuole e ai brand emergenti. È sempre un piacere per me poter utilizzare dei tessuti di recupero, e vorrei continuare su questa strada. Per le zip sono stato invece supporto da YKK, marchio a cui sono legato perché ha finanziato la mia primissima sfilata quando, ancora studente, ho partecipato ad un progetto di Camera Moda. Per i nastri invece devo ringraziare De Bernardi, azienda in provincia di Monza che ha fornito parecchie centinaia di metri di nastro per tutti i miei corsetti».

Epitelio, 2025

Nella collezione, c’è un capo iconico e rappresentativo del tuo percorso creativo?

«Decisamente. Si tratta di un abito di colore nero, un elemento che lo renderà facilmente individuabile. Sarà ingombrante e voluminoso per rappresentare il peso che noi esseri umani ci trasciniamo dietro, in particolare le persone queer, in contrasto però con le costrizioni e le trasparenze. Questo capo comunicherà la sensazione di volersi distaccare dal proprio corpo».

Puoi condividere con noi qualche anticipazione del tuo evento?

«Forse è giunta l’ora di fare due piccole anticipazioni. Per questa collezione ho esplorato il mondo delle costruzioni, facendone realizzare alcune in metallo e sulle quali ho poi costruito alcuni dei miei look. Per realizzare il progetto è stato quasi necessario portare avanti uno studio a livello ingegneristico. Ma non solo. La collezione vuole essere un omaggio ad alcuni aspetti molto rilevanti della comunità queer, la mia famiglia scelta. Posso però dire di avere anche un fortissimo legame con la mia famiglia biologica, per quanto riguarda quindi la scenografia ho deciso di utilizzare elementi di arredo e oggettistica recuperandoli direttamente dalle loro case. Vorrei infatti creare un ponte tra quella che è la mia chosen family e quella che è invece la mia famiglia di sangue. Lo faccio per ringraziarli del supporto ricevuto durante tutti questi anni».

Epitelio, 2025

Presenterai Epitelio presso la Fondazione Sozzani. Esiste un legame che unisce la tua arte a questa istituzione milanese? 

«Fondazione Sozzani è un caposaldo del supporto ai giovani talenti. Ho avuto la fortuna di conoscere Sara Sozzani Maino, una persona meravigliosa il cui supporto è stato per me fondamentale sia per raggiungere un certo tipo di obiettivi, sia proprio a livello umano. Per me è stata una grande soddisfazione sapere di poter presentare la mia collezione in Fondazione Sozzani. È uno spazio meraviglioso e il loro impegno nel supportare i designer emergenti penso che sia fondamentale anche in vista di un futuro passaggio di consegne».

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