09 aprile 2014

L’intervista/ H.H.Lim Ma perché Lim fa l’hula hoop?

 
Troppa velocità e poco approfondimento. Soprattutto per le cose serie come la guerra. Ma anche per il linguaggio e la politica. Nella sua prima mostra milanese, Lim ci piazza davanti lo sguardo enigmatico di una iena. Mentre lui gioca con un Hula Hoop. Perché siamo tutti equilibristi sull’orlo dell’equivoco.

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H.H.Lim, Iena in rosso ossido 2013 cm.185x250 Foto credits Dario Lasagni
Nella prima personale a Milano, curata da Giacomo Zaza, H.H. Lim ci racconta la sua “real life”. L’artista nato in Malesia da genitori cinesi, romano adozione dalla fine degli anni ’70, ci regala input da reinterpretare. E l’occasione di fermarci per approfondire argomenti come la guerra, la società, il linguaggio, la politica, giocando come un equilibrista sul filo del misundstending. Mentre per il 15 aprile prepara un talk dall’inequivocabile titolo: “Francamente parlando”.
Sei un artista che lavora da anni, anche come promotore con il progetto Edicola Notte. Ma solo ora hai la tua prima personale a Milano, presso la Galleria Bianconi. Com’è nata questa mostra? 
«Ho accolto l’invito di Giacomo Zaza, con cui lavoro da anni e al quale sono unito da un rapporto di stima reciproca, per realizzare una mostra appositamente per lo spazio. Si tratta di un progetto articolato che include anche un libro sul mio lavoro e un talk negli spazi della galleria. Ho apprezzato molto l’energia e la piena disponibilità di Renata Bianconi nel condividere questo progetto, la professionalità di tutta la sua squadra che ha reso possibile la mostra. Questa è una cosa straordinaria in tempi certamente non facili».
H.H.Lim, Politicamente parlando. Installation View Galleria Bianconi, Milano 2014. Foto credits Dario Lasagni
“Francamente parlando” è il titolo del talk che il 15 Aprile alle ore 19.00 si terrà nella Galleria Bianconi. Quale sarà la discussione che insieme al curatore Giacomo Zaza e ai relatori Alberto Garutti, Hou Hanru, Evelyne Jouanno,, Gabi Scardi, verrà affrontata? Qual è il filo conduttore che li unisce?
«”Francamente Parlando” non significa che ognuno potrà dire quello che vuole in modo offensivo o aggressivo. Abbiamo scelto questo titolo per sottolineare il fatto che durante il talk ognuno potrà sentirsi a proprio agio nell’affrontare i temi e gli argomenti che preferisce, in maniera franca. Il fil rouge che ci collega nella discussione è Giacomo Zaza. Questo mi fa pensare all’opera esposta da Alberto Garutti in Edicola Notte, un filo rosso, appunto, come quello che in un modo o nell’altro ha unito il mio lavoro con quello di tutti gli altri in amicizie e collaborazioni varie. Con Hou Hanru collaboriamo da oltre dieci anni, Evelyne Jouanno è la curatrice di Emergency Biennale alla quale ho partecipato, con Giacomo Zaza abbiamo un rapporto di lavoro che inizia al Torrione Passari in Puglia fino all’ultima Biennale di Venezia e con Gabi Scardi abbiamo collaborato, insieme a Hou Hanru, per Wherever We Go, nello Spazio Oberdan di Milano. Anche Wherever We Go mi ha ispirato per l’idea del talk, cioè quella di un gruppo di persone provenienti da Paesi e esperienze differenti che si riuniscono per condividere dei punti di vista, in questo caso sull’arte, la cultura, la politica e l’economia. Mi piacerebbe anche discutere di un argomento che mi sta a cuore: la costante voglia di misurare la lontananza tra la mia mente e il mio corpo».
H.H.Lim, Politicamente parlando. Installation View Galleria Bianconi, Milano 2014. Foto credits Dario Lasagni
Politicamente parlando invece, è il titolo della mostra, cosa ci racconta? È una sorta di provocazione?
«È la necessità di andare in fondo a determinati argomenti, come la politica e la guerra. Gioco sulla linea della provocazione, il mio lavoro è sempre al limite del “misunderstanding” tanto da rischiare di cadere nel moralismo. La linea che divide il mio lavoro dal moralismo è molto sottile, un po’ come in Fabio Mauri, dove basta un piccolo “misunderstanding” per farlo diventare fascista, in quanto si pone sullo stretto confine dell’ambivalenza. E percorro fino in fondo questa linea. Sono antimoralista, così come lo è il mio lavoro, anche se parla di una morale che non si può ignorare. Un po’ come i film di Quentin Tarantino che usa la violenza per parlare di altro, così anch’io porto all’estremo alcuni elementi della società per evidenziarne degli altri».
E allora, come Tarantino nel film Le iene anche tu per “Politicamente parlando” utilizzi il valore simbolico di questo animale?
«Si, anch’io uso questa metafora, trasportandola dal mondo animale a quello umano. La iena rappresenta un concetto legato più all’umanità che al mondo animale. Alla fine l’animale è anche buono, cerca di vivere a suo modo, di nutrirsi e sopravvivere come fanno tutti gli altri animali. Il destino gli ha riservato questa nomea, forse per il suo aspetto fisico, essendo un po’ bruttina, con uno strano sorriso. Secondo me è l’unico animale in cui l’uomo si può rispecchiare: uno specchio dove la nostra anima si riflette nelle parti più oscure e maligne. E ciò vale per tutti noi, dato che questa parte ci appartiene. La figura della iena ci crea sempre delle domande, dei dubbi introspettivi, delle perplessità, la paura di essere messi in causa, di essere scoperti. La iena diventa una icona “assoluta”, che scava dentro di noi, l’immagine di un gatto non può creare queste perplessità». 
H.H.Lim Hula Hoop, 2013, Video 10'23
Il grande tappeto in PVC all’ingresso della Galleria Bianconi, costruisce quasi un nuovo pavimento, dove sono stampati i volti di gente dello spettacolo, giornalisti, comunicatori. Un passaggio obbligato che ci impone di calpestarli?
«Ecco questo è proprio il filo di cui ti parlavo, potrebbe essere inteso così ma si rischia di cadere nel moralismo! Per me loro rappresentano solo il nostro quotidiano, basta accendere una tv e ce li ritroviamo subito li in casa. Sono le nostre “teste parlanti” (riprendendo il nome del gruppo rock americano Talking Heads), che più delle volte comunicano notizie sgradevoli di cronaca nera, crisi, cioè quello che praticamente fa “odiens”. Quindi questo tappeto è un percorso che anche se inconsciamente ti appartiene e non puoi farne a meno, fa parte del nostro quotidiano, non si può prescindere da queste notizie di cronaca, l’uomo senza di esse cadrebbe in depressione quasi, ormai costituiscono la nostra vita quotidiana e in un certo senso questa violenza ci rassicura, come un po’ la guerra. Trattiamo determinati avvenimenti come facenti parte di una dimensione domestica, senza scavare in fondo le reali motivazioni che spesso non entrano a far parte delle nostre argomentazioni così come invece entrano a far parte del nostro quotidiano. La guerra in Corea e il video dove sono ripreso a vedere un tg che parla della guerra in Corea, ne è un esempio eclatante. Quella non è stata una guerra civile così come ce la comunicavano, ma potenzialmente sarebbe potuta essere la madre di tutte le guerre».
H.H.Lim Pensierino in grigio,2013 Tecnica mista su tavola, cm.40x50 Foto credits Dario Lasagni
Ricordo, è mancato pochissimo che non si trasformasse in una guerra nucleare. Pensi che a volte ci parlano delle guerre come se fossimo di fronte ad una calamità naturale?
«Certo, è proprio questo che ho voluto dire con la scritta incisa sul pannello rosso: “Mi sono reso conto di quanto la guerra fosse per me un argomento necessario”. Bisogna parlarne ma in maniera approfondita, non come se fosse una calamità naturale. Non siamo di fronte ad uno “tsunami” eppure oggi anche sulle calamità naturali si cerca sempre di capirne il reale perché. Ma sulla guerra non si arriva mai ad affrontare la verità. C’è qualcuno che ha inventato la guerra come possibilità per arricchirsi, avere il predominio sulla terra e sull’economia, e si inventano questioni religiose o razziali tra i popoli per giustificarne la causa. In questo caso poi era particolarmente assurda e pericolosa perché le sorti di un intero mondo erano nelle mani di un pazzo furioso, a capo di un paese con la bomba atomica, che è stato capace di uccidere suo zio, il “comandante supremo” e darlo in pasto ai suoi cani. Abbiamo rischiato tantissimo, poi improvvisamente il silenzio, e nessuno si è fatto più domande ne tanto meno ci sono state delle risposte e degli approfondimenti.  Tutto è caduto nell’oblio e siamo passati ad un’altra notizia di cronaca. Per me è necessario in questo momento parlarne, io lo faccio con il mio personale linguaggio artistico, altri potrebbero farlo in un modo completamente diverso, ma ci accomuna il fatto che è necessario farlo. Il mio modo è utilizzare una lettura specchiante. Nelle mie opere, io do un inciso e chi legge si rispecchia in questo o si distacca comunque lo interpreta personalmente».
Quindi l’opera “Sei immerso in un mondo inventato da te” racchiude il tuo linguaggio?
«È un chiaro esempio! Io do degli input, senza moralismo, così come il mondo fa e poi ognuno di noi da la propria visione, ed addirittura alcuni individui più potenti degli altri con la loro personale visione ne condizionano il mondo intero».
H.H.Lim Pensierino in rosso ossido, 2013 Tecnica mista su tavola, cm.40x50 Foto credits Dario Lasagni
Nella sala dove troviamo il tappeto che riporta una giornalista nell’atto di raccontarci le notizie attraverso la lingua dei segni, c’è un monitor per terra con un video che riprende un incidente, dove e come lo hai realizzato?
«L’ho realizzato dalla finestra del mio appartamento in Piazza Vittorio a Roma, proprio il giorno dopo essere stato derubato. Una situazione che mi ha creato un trauma molto forte proprio a causa della sua violenza. Qualcuno ha spaccato un muro grande e spesso della mia casa per estrarre la cassaforte e nessuno ha sentito niente!  Io guardo spesso dalla finestra del mio appartamento, è un modo per rilassarmi: così come se vedessi un paesaggio, o un film. A volte mi si presentano situazioni improvvise e particolari, e avendo la telecamera sempre con me carica come una pistola, inizio a girare la scena che sto guardando. I miei video sono caratterizzati tutti dalla stessa durata che mi è imposta dalla durata della batteria della mia telecamera. Tutti i video sono in presa diretta, senza tagli o eventuali manipolazioni, quindi estratti di “real life”. La storia si deve incastrare precisamente nel momento di ripresa altrimenti la cestino. Ma questo casualmente ed inspiegabilmente accade, perché io sono dell’idea che sempre accade qualcosa di interessante: basta guardare!»
H.H.Lim, Politicamente parlando. Installation View Galleria Bianconi, Milano 2014. Foto credits Dario Lasagni
In effetti mi è difficile immaginarti senza una videocamera, una macchina fotografica o lontano da internet e dai social network: è una necessità anche questa?
«Considero la mia opera un continuo life show, così anche nelle mie performance registro i cambiamenti del mio corpo mettendoli a nudo. Sono interessato alla vita reale, la studio la analizzo e la metto in scena con le mie opere. Quindi cerco di recuperare più materiale possibile per trovare il pretesto di realizzare un’opera».
Questa potrebbe essere una chiave di lettura del video Hula Hoop proiettato nella sala sotterranea della galleria, dove ti vediamo in mutande ad affrontare la fatica di far girare un Hula Hoop il più a lungo possibile?
«Non dimentichiamoci però che la vita reale a volte è contro di te perché è sincera e spietata. Il video Hula Hoop è contro di me, ovviamente! In questo momentio stiamo parlando l’uno di fronte l’altro in pigiama, ma questo è possibile solo perché hai visto il mio video e quindi ti ho dato la possibilità di non vergognarti, altrimenti non l’avresti mai fatto. La sincerità spesso è contro di noi perché racconta delle cose che non vorremmo mai dire agli altri. E questo mi affascina».

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