29 maggio 2023

Addio a Ilya Kabakov, pioniere dell’arte concettuale, tra ironia e utopia

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Maestro dell'arte concettuale, sperimentatore della poesia dei materiali, Ilya Kabakov è morto a 89 anni. Con la moglie Emilia diede vita a un sodalizio artistico potentissimo e iconico

Tra i Maestri riconosciuti dell’arte concettuale, assiduo sperimentatore delle potenzialità espressive e progettuali dei materiali, testimone e narratore di rivolgimenti storici segnanti, Ilya Kabakov è morto il 27 maggio 2023. Il 30 settembre avrebbe compiuto 90 anni. L’annuncio della scomparsa è stato diffuso dalla pagina Facebook della Ilya and Emilia Kabakov Foundation, istituita da Ilya e dalla compagna di vita e di arte Emilia, per promuovere l’arte come mezzo di comunicazione e cooperazione tra culture diverse. Originari dell’Ucraina sovietica, naturalizzati americani, con il loro iconico e indissolubile sodalizio hanno dato vita a progetti di profonda poesia e di grande rilevanza sociale. Tra i più conosciuti, apprezzati e diffusi, “The Ship of Tolerance”, progetto multidisciplinare esposto in musei e in manifestazioni in tutto il mondo, che include un’installazione su larga scala di una nave. Le sue opere parlano tanto delle condizioni della Russia post-stalinista quanto della condizione umana universale.

Ilya Josypovyč Kabakov nacque e Dnipropetrovs’k, nel 1933. A otto anni si trasferì a Mosca con la madre, studiò all’Accademia VA Surikov e iniziò il suo percorso come illustratore di libri per bambini, negli anni ’50. Avrebbe proseguito questo lavoro fino al 1987, interpretandolo anche come un modo per mantenere una propria indipendenza. Ilya faceva parte di un gruppo di artisti concettuali residenti principalmente a Mosca e attivi al di fuori del sistema artistico sovietico ufficiale.

In quegli anni lavorò ai suoi progetti artistici in maniera clandestina, ironizzando sui dettami del Realismo Socialista. Anche la fornitura di materiali rappresentava una sfida. Molti dei suoi primi dipinti sono realizzati su compensato o masonite, un pannello rigido che viene spesso utilizzato nella costruzione di pareti e pavimenti. L’uso di questi materiali economici doveva enfatizzare l’idea piuttosto che la manualità e distingueva nettamente l’arte di Ilya dagli artisti sovietici ufficiali. In molte opere compaiono personaggi di fantasia, dietro i quali spesso si nascondeva lo stesso autore. Le figure umili e oppresse che spesso compaiono nei lavori dei Kabakov ricordano la grande tradizione della letteratura russa, come Gogol, Dostoevskij e Cechov.

Ilya Kabakov, The Man Who Flew Into Space From His Apartment, 1985, Centre Georges Pompidou, Paris. Musée national d’art moderne/Centre de Création industrielle. Purchase, 1990 © Ilya & Emilia Kabakov

Nel 1985 Ilya realizzò “L’uomo che volò nello spazio dal suo appartamento”, nel suo studio di Mosca. Era la sua prima opera ampliata su una intera stanza, una installazione “totale”, una messa in scena attentamente coreografata di oggetti, luci e testo che immergeva lo spettatore all’interno dell’opera d’arte. L’opera rappresentava una narrazione fittizia, svolta nei confini di un appartamento comune, una residenza domestica emersa durante l’Unione Sovietica per far fronte alla carenza di alloggi nelle aree urbane. Per Ilya, l’appartamento comunale sovietico era emblematico del modo in cui l’individuo viene esibito ed esposto allo sguardo degli altri. Ma il protagonista trova un modo per fuggire da questa opprimente realtà quotidiana.

Nello stesso anno tenne la sua prima mostra personale alla Dina Vierny Gallery di Parigi. Nel 1987 il trasferimento in Europa, per una residenza di sei mesi con borsa di studio al Kunstverein di Graz, in Austria. Fu nel 1988 che Illja iniziò a lavorare con Emilia che, nata nel 1945, si era trasferita a New York già nel 1975. I due si sarebbero sposati nel 1992. Da quel momento, il loro lavoro sarebbe sempre stato collaborativo, in proporzioni diverse a seconda del progetto specifico. I due vivevano insieme a Long Island, New York.

«Stiamo insieme ormai da così tanto tempo che a volte è difficile dire chi ha avuto l’idea», ci raccontava Emilia, in una nostra recente intervista. «All’inizio Ilya era un mago e io ero una “apprendista mago”, nonostante lavorassi nel mondo dell’arte già da almeno 10 anni. Parliamo sempre molto, discutiamo di cose diverse, idee, politica, arte e di un milione di altre cose. Quando si tratta di dipinti, posso solo esprimere la mia opinione. Io non dipingo. Con l’installazione, è solo il nostro lavoro. Ci fidiamo l’una dell’altro, ci rispettiamo abbastanza, per essere in grado di ascoltare, discutere e cambiare le cose, se necessario. È molto simile al matrimonio: devi amare, fidarti, rispettare il tuo partner. E il nostro lavoro è la nostra vita, quindi non c’è nessun conflitto di interessi in esso».

Emilia and Ilya Kbakov, Portrait, Ph. by James Solomon

Le loro opere sono state esposte in numerosi musei e mostre, tra le quali Documenta 9 di Kassel (1992), XLV Biennale di Venezia del 1993 (dove hanno rappresentato la Russia con “The red pavilion”), Whitney Biennial (1997), Biennale di Mosca (2009) e Monumenta 2014. Tra i riconoscimenti ottenuti l’Oscar Kokoschka Preis (2002), l’onorificenza di Chevalier des arts et des lettres (1995) del ministero della Cultura francese, e la Medaglia per l’Arte dell’Accademia d’Arte di Mosca.

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