02 febbraio 2004

Parola di Granata

 
Un incontro con Fabio Granata, Assessore ai Beni Culturali della Regione Sicilia. L’uomo di punta del momento della politica culturale siciliana. Per parlare di arte contemporanea in Sicilia. Dei vuoti, dei progetti, dei ritardi, dei programmi. Per fare il punto di una storia difficile, segnata da trascuratezze ed ambigue disattenzioni...

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Nel panorama dell’arte e della cultura contemporanee, la Sicilia quasi non esiste. Fuori dai giochi, nessun sistema dell’arte. Palermo è addirittura tra le città meno vitali. Quanta consapevolezza esiste, a livello del governo regionale, di questa condizione? E quali proposte, se ce ne sono?
La Sicilia non ha una grande tradizione di arte contemporanea, fatta eccezione per alcune, pregevoli realtà (Antonio Presti, la Fondazione Orestiadi di Gibellina, la Galleria civica di Siracusa…). Nessuno finora si era mai occupato di queste problematiche. Le cose cominciano adesso a cambiare: il primo passo è una normativa, fatta approvare l’anno scorso dall’assessorato ai beni Culturali – in anticipo rispetto alle normative nazionali – che consente di eliminare il limite dei 50 anni previsto dalla Legge Bottai, per gli interventi di restauro sulle opere d’arte.
La questione progettuale è stata posta all’interno dei fondi di Agenda 2000. Stiamo intanto cercando di rafforzare l’attività della Fondazione Orestiadi, attraverso la creazione di una rete, un museo diffuso di arte contemporanea che abbia Gibellina come punto di riferimento, e che preveda poi tante antenne, alcune già esistenti – come Paternò ed Erice -, altre in via di creazione, come il Museo di Trecastagni che aprirà a breve.
E poi i progetti per il Museo Mediterraneo per l’Arte Contemporanea e per la Sezione Documentaristica della Scuola Nazionale di Cinema: entrambi sorgeranno nei capannoni industriali della Zisa, appositamente ristrutturati, grazie ai fondi della UE.
Due però sono i grandi progetti pilota: l’istituzione del Museo Regionale di Arte Contemporanea di Messina e, a Palermo, l’istituzione del Guggenheim negli spazi di Palazzo Sant’Elia, messo a disposizione dalla Provincia.Palermo - cantieri culturali Zisa

Il Guggenheim nel resto del mondo non è certo uno degli esempi attualmente più interessanti per la produzione dell’arte contemporanea. In Sicilia arrivano le cose che altrove stanno già tramontando o che comunque ormai sanno di vecchio…
Il Guggenheim rappresenta un esempio della politica che stiamo cercando di portare avanti, legata al marketing territoriale di qualità. Che ne esista qui una sede e che attorno a questa si potranno svolgere eventi, mostre, manifestazioni vicine al contemporaneo, e dotate di una visibilità internazionale, è comunque un fatto importante. Il ragionamento complessivo su come va il Guggenheim nel mondo a noi non interessa.

Esistono dei vuoti comunque, in ambito artistico e culturale, soprattutto per quegli aspetti legati alla produzione e all’innovazione, non può che convenirne, credo.
Bisogna lavorare sui punti di forza e una terra come la nostra, che ha una storia straordinaria e stratificata, non può che esaltare quelli. La contemporaneità non è un punto di forza della Sicilia. Le esperienze artistiche contemporanee sono importanti, ma non si può pensare che in Sicilia si centri, come in Texas, la propria attività culturale sull’arte contemporanea, quando abbiamo il nostro reale patrimonio. In altre parti del mondo si bada di più all’arte contemporanea perché evidentemente c’è un grande deficit di stratificazione culturale storica. Questa è una mia idea, contestabile, ma è la mia.

Non è sempre vero questo, all’estero (Inghilterra, Germania, Spagna…) ma anche in Italia. Roma per esempio sta lavorando molto sul contemporaneo.
Sì, starà anche lavorando sul contemporaneo ma ciò che di Roma emerge non è certo questo, sono comunque i Musei Capitolini, San Pietro, i Musei Vaticani…
Gibellina (ingresso del Belice)- Stella -Pietro Consagra
Le cose iniziano a cambiare per fortuna. E poi, non c’è il rischio di rimanere ai margini dello scenario internazionale, e di lasciare che la tradizione diventi una gabbia, un ostacolo allo sviluppo?
No, non ci credo che si resti margini: il fatto che il Satiro o le Teste di Pantelleria siano richieste dai musei più importanti di tutto il mondo – che si occupano anche di arte contemporanea – significa che l’attività svolta ha una rilevanza anche nella contemporaneità.

Quale modello di gestione museale lei ritiene più innovativo e funzionale, oggi? Che ruolo, ad esempio, ritiene possano svolgere i privati?
Questa amministrazione ha avviato una grande rivoluzione. Tre anni fa nemmeno si pagava il biglietto per accedere agli spazi espositivi. Adesso stanno nascendo servizi aggiuntivi e stiamo riattivando grandi spazi espositivi, condizione prima perché le cose possano avvenire. La mostra curata da Vittorio Sgarbi, un successo straordinario, è un esempio di come un grande spazio (L’Albergo delle Povere) venga restaurato e reso funzionale dal nulla. Per l’aspetto più specificamente gestionale, diverse strutture private si sono aggiudicate le gare e stanno gestendo i servizi aggiuntivi nei nostri siti culturali. Stiamo inoltre preparando una normativa quadro sui beni culturali in Sicilia che va ben oltre la Ronchey. Avvieremo una serie di rapporti esternalizzati, con figure che non saranno cioè assorbite nella pubblica amministrazione, ma che, grazie all’acquisizione di nuove e specialistiche professionalità, saranno in grado di dirigere al meglio la nuova rete espositiva regionale. Si stipuleranno convenzioni a cui la regione parteciperà in termini di promozione, di organizzazione, di contenuti, e anche di prestito di opere.

Questo assessorato sta mostrando una grande sensibilità per la conservazione ed il restauro. Ma c’è un aspetto produttivo che continua a mancare. Oggi un museo non può più accontentarsi di conservare opere.
Noi non facciamo solo conservazione. La politica di questo assessorato negli ultimi anni, scontrandosi anche con una diffusa mentalità cristallizzata, si è mossa proprio nel senso della valorizzazione, sempre partendo dal presupposto che la custodia è la cosa principale. Essenziale per esempio è la possibilità di far uscire le opere dai magazzini consentendone la circolazione.Renato Guttuso

All’interno di questo quadro progettuale sembrerebbe necessario, anche all’interno delle amministrazioni, l’inserimento di figure dotate di competenze specifiche nell’ambito del contemporaneo.
Certo: l’idea è proprio quella di costituire una sorta di Commissione per l’ Arte Contemporanea. Ogni sopraintendenza, sulla base della normativa approvata, prevederà una sezione per l’arte contemporanea dotata di un comitato regionale; questa dovrà operare una supervisione sull’acquisizione delle opre, sulla selezione dei progetti, sull’organizzazione e la qualità degli eventi. E’ una struttura che manca e che va assolutamente costituita se si vuole attivare una reale politica culturale.

Sono previsti fondi per acquisizioni di opere d’arte contemporanea nei nuovi musei?
L’articolo approvato che elimina il vincolo dei 50 anni e quindi qualifica come Beni Culturali. anche le opere di arte contemporanea, ci apre la strada all’investimento per nuove acquisizioni, l’intenzione c’è senz’altro.

E la politica di sostegno per i giovani artisti? Residenze, concorsi, produzioni di opere, l’istituzione di un archivio regionale?
Questa “soprintendenza” regionale per l’arte contemporanea dovrà svolgere un’attività di catalogazione, individuando parallelamente percorsi per la valorizzazione; un archivio dei giovani artisti diventerebbe uno strumento importante di supporto. Le cose più interessanti raccolte dall’archivio saranno utili per suggerire produzioni di mostre ed eventi.

La situazione – poco chiara – della Filmoteca regionale? Possediamo un’ importante raccolta di video, un archivio prezioso che necessiterebbe di un’adeguata attenzione.
L’istituto del catalogo ha svolto un’attività molto importante, ha curato anche per 2 stagioni, a Taormina, le rassegne sul cortometraggio, un successo grandissimo. Ora lo stiamo indirizzando sull’unico vero grande progetto strategico in cui crediamo che è la Film Commission regionale, cioè una grande struttura capace di interloquire con le case di produzione cinematografiche per creare sevizi, location, accoglienza, e allo stesso tempo promuovere il territorio. Quanto all’Archivio è gestito dall’istituto del catalogo, certo se non è consultabile la responsabilità non credo sia nostra ma di chi ci lavora. Adesso è stata assegnata anche la nuova sede. Pur essendo concentrati sul progetto della Film Commission, ci rendiamo conto di avere del materiale prezioso, un patrimonio filmico notevole e che va potenziato e valorizzato.

E questa storia della Tavoletta di Antonello da Messina? Un acquisto un po’ chiacchierato…
E’ solo una professoressa (la prof.ssa Teresa Pugliatti, ordinaria di Storia dell’Arte Moderna presso la facoltà di architettura di palermo –) che contesta l’autenticità. Gli studiosi sono convinti dell’appartenenza dell’opera ad Antonello, ed è stato un grande fatto simbolico e sostanziale l’averla acquisita: per la prima volta, rompendo un certo burocratismo delle istituzioni locali, si è partecipato a un’asta e ci si è aggiudicati un’opera di valore evitando che finisse sul letto di uno sceicco o di un petroliere texano. Acquistandola a un prezzo irrisorio rispetto al valore effettivo.

Come mai questo prezzo-affare? Strana occasione…
Perché è un’opera piccola forse, benché importante, e magari siamo stati più bravi degli altri, una volta tanto, ad aver riconosciuto la qualità di un’opera pagandola 10 volte meno del suo valore reale…

Un investimento invece per un’opera d’arte pubblica contemporanea, o per un cantiere di architettura? Sarebbe un segnale importante.
Io non ho una grande predisposizione per il contemporaneo, credo si sia percepito. Certo sarebbe un bel segnale, in Sicilia è mancata del tutto l’architettura contemporanea e questo è grave. Tutto ciò però va fatto sulla qualità: le istallazioni, i progetti, la capacità di dare segni di modernità, di aprirsi alla contemporaneità, sono tutte cose che ci trovano perfettamente d’accordo.

Antonello da Messina -ritratto di gnotoLa contemporaneità, che, assessore, non è certo Guttuso. Ci intendiamo?
Si, certo, ma è anche Guttuso. A Bagheria c’è stata adesso una mostra straordinaria su Guttuso che è un grande esempio di arte contemporanea. Però la differenza tra la mostra di Guttuso a Bagheria e la mostra storica di Sgarbi alle Povere, è che quest’ultima ha fatto in 10 giorni il triplo di visitatori che quella ha fatto in quattro mesi.

C’è stato un lavoro di promozione molto grosso, c’era Sgarbi che faceva da richiamo…
Posso essere realista? In Sicilia vengono per vedere l’archeologia e l’arte storica che possediamo.

Non si può continuare a venirci solo per questo. E nemmeno come contemporaneo si può proporre e concepire, ancora e solo, Guttuso, o peggio Bruno Caruso, o gli esempi che ne dà Sgarbi nella mostra alle Povere.
Già, la sezione sui giovani… Lei quell’ultima stanza l’avrebbe chiusa vero?

Beh, più o meno… Tanto di cappello a Sgarbi storico dell’arte del ‘400, ma…
… di contemporaneo non ne sa nulla. Lo so, lo dice anche lui. Occorrono figure di supporto idonee. Non posso negarlo.

helga marsala

[exibart]

2 Commenti

  1. la sicilia ci stupisce sempre anche per questo stefano malatesta scrisse “il cane che anva per mani ed altri eccentrici siciliani”. se ne parla da parecchio di fabio granata e mi stupisce possitivamente questa intrevista , ci auguriamo tutti che dal dire si passi il prima possibile al fare, i giovani talenti della sicilia ne hanno assoluto bisogno

  2. Sono assolutamente d’accordo con l’on.le Granata. Sono un esperto catalogatore del patrimonio storico artistico della Regione Siciliana, opero nel settore dei Beni Culturali. La contemporaneità è solo un’etichetta…è nella tradizione stilistica e linguistica delle forme che ritroviamo l’Arte. Questo i fruitori lo sanno. Non dimentichiamo che la “vera” contemporaneità è la trasformazione del bene culturale in bene economico e sviluppo.

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