17 dicembre 2020

Palinsesti resilienti in Friuli, in attesa di rincontrare il pubblico

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Chiuso, ma non fermo: il Festival Palinsesti, in quattro sedi tra San Vito al Tagliamento e Pordenone indaga sulla parola tempo: quello storico-artistico, quello intimo ed emozionale, quello sociale e politico

Valdi Spagnulo, Lembo di cielo, 2006 (ph. credits © GC Palinsesti 2020)

Presentata ufficialmente in diretta streaming il 7 novembre scorso, la XXIXa edizione della rassegna d’arte contemporanea Palinsesti, resterà allestita fino al 17 gennaio 2021. Di fatto è «chiusa ma non ferma» parafrasando ICOM Italia, anche se #empty.
In un anno così sfidante anche per il settore espositivo e museale, il team curatoriale dell’ormai storica rassegna friulana, ha deciso di dare forma ad un ricco programma di mostre, coinvolgendo numerosi artisti, nazionali e internazionali, in quattro diverse sedi tra San Vito al Tagliamento e Pordenone. Quattro mostre per cui la parola chiave sembra essere il ‘tempo’: quello storico-artistico, quello intimo ed emozionale, quello sociale e politico.

Alberto Gianfreda, Crolli, 2018; Alberto Gianfreda, Via Lattea, 2013 © GC Palinsesti 2020

Ospitato all’Antico Ospedale dei Battuti, il progetto espositivo “Tempo al tempo”, a cura di Luca Pietro Nicoletti, vede protagonisti ben dieci giovani artisti – Christian Cremona, Cesare Galluzzo, Alberto Gianfreda, Alessandro Gioiello, Fumitaka Kudo, Andrea Marinelli, Gianni Moretti, Daniele Nitti Sotres, Matteo Pizzolante e Marco Useli – tutti nati intorno anni Ottanta, per una collettiva che si sviluppa su due possibili percorsi di lettura, all’insegna dei temi del ‘tempo’ e della ‘materia’, e che prova a tracciare un primo profilo di una generazione artistica proprio sulla base di queste coordinate. I lavori esposti testimoniano di un ritorno ai medium delle arti visive nella loro consistenza materica e tattile, nel segno di un recupero di manualità a tratti quasi artigianale, cui si accompagnano l’esigenza di confronto, più o meno diretto, con la tradizione artistica novecentesca e l’urgenza di incrociare il presente e la realtà attuale. Alcuni degli artisti in mostra, testimoniano un rinnovato interesse per i problemi della scultura, oscillando fra il primato della materia – come nel caso di Gianfreda, Kudo e Nitti Sotres – e quello del disegno – come accade per Galluzzo. Se la pittura in quanto tale pare la grande assente, una certa sensibilità pittorica si esprime invece per il tramite di altri media, come la fotografia – in Cremona – o la tecnica a stampa – in Useli – media che vengono reinventati e spinti ai limiti linguistici. Negli interventi di Moretti e Pizzolante, l’immagine bidimensionale viene invece sottoposta a manipolazioni fino a dare corpo e forma a delle evocazioni mnestiche ed emozionali. Avvalendosi di mezzi digitali o analogici, Marinelli e Gioiello, rispettivamente, riscrivono la pratica del collage attingendo letteralmente dalla storia dell’arte e dalla sua iconografia.

Carlo Vidoni, Destiny_Destination, 2020 (ph. credits © MT Palinsesti 2020)

Ad appendice della collettiva, nella Chiesa di Santa Maria dei Battuti, l’installazione Lembo di cielo (2006) di Valdi Spagnulo con le sue torsioni di acciaio e plexiglas ingaggia un suggestivo dialogo sovra-temporale con “il cielo più bello del Friuli” affrescato da Pomponio Amalteo.
Ospitata all’Essiccatoio Bozzoli e curata da Antonio Garlatti, la personale di Carlo Vidoni, costituisce l’ormai consueto affondo che la rassegna dedica ad un artista della collezione Punto Fermo, la raccolta d’arte contemporanea civica. Tempo vissuto e attualità del nostro tempo sono poste al centro dell’intervento site specific Destiny_destination (2020), pensato ad hoc dall’udinese Vidoni in collaborazione con l’antropologo svizzero-friulano Alessandro Monsutti. L’opera affronta diversi aspetti legati alle vicende migratorie contemporanee, andando a ricostruire il vissuto di sette persone che hanno lasciato il Friuli in differenti momenti della loro vita o sono arrivate in regione da orizzonti lontani. Esperienze eterogenee, che narrano di un’umanità accomunata dalla stessa tensione tra attaccamento ai luoghi natii e curiosità per il mondo oltre il domestico.
Di stretta attualità sono anche le opere esposte alla Fondazione Furlan di Pordenone, dove è ospitata la personale di Elisa Caldana, vincitrice dell’edizione 2019 del Premio In Sesto con il suo Monumento alle vie inesistenti. Nella mostra “Hometown / Casa città”, curata da Giada Centazzo, Caldana propone una selezione di opere del suo corpus creativo esemplificative della sua ricerca estetica, condotta con vari media intorno ai temi dell’esclusione dal tessuto sociale e delle nuove forme di povertà e disadattamento.

Elisa Caldana, “Hometown/Casa Città” exhibition view, Fondazione Ado Furlan, Pordenone (ph. credits © GC Palinsesti)

É il caso ad esempio dell’installazione Shutterstreet (2019-in corso) che con la sua saracinesca abbassata allude agli esiti più deleteri della globalizzazione e del capitalismo aggressivo, ma anche alle tristi conseguenze della crisi epidemiologica sul nostro tessuto economico.
Alle Antiche Carceri di San Vito al Tagliamento il Premio In Sesto – challenge di scultura contemporanea per spazio urbano giunto alla XIIa edizione e curato da Michela Lupieri – non rinuncia al respiro internazionale e riconferma anche quest’anno la volontà di favorire l’incontro tra artisti e patrimonializzare il contemporaneo. In gara troviamo gli italiani Matteo Nasini e Maria Walcher e il duo tedesco costituito da Sinta Werner e Markus Wüste con tre progetti in concorso, ideati per uno spazio verde nel centro storico del borgo friulano. Come da tradizione è il pubblico chiamato ad esprimere la propria preferenza – ora votando on-line sul sito www.palinsesti.org – a decretare il progetto da realizzarsi nel 2021.
In attesa degli eventi, in un’ottica di resilienza le diverse esposizioni possono essere al momento fruite via web sul sito di Palinsesti, grazie a quattro ‘tour virtuali’. Nella speranza di tornare ad accogliere il pubblico ‘in presenza’ quanto prima.

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