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Popsophia riaccende Civitanova Alta con Retromania, il festival della nostalgia pop
Progetti e iniziative
Nata a Civitanova Marche Alta nel 2011, Popsophia ritorna tra le mura della città alta non per autocelebrarsi, ma per lanciare una sfida: misurarsi con la propria storia per restituire complessità a un tempo che tende a semplificare tutto in feed, swipe e remake.
Il festival – promosso dall’Associazione Popsophia insieme al Comune di Civitanova Marche e all’Azienda Speciale Teatri di Civitanova, con il sostegno della Regione Marche – esplora la nostalgia come archeologia del futuro, scavando fra i resti ancora incandescenti di epoche recentissime, in un arco temporale che attraversa tutto il Novecento. A guidare questa esplorazione – intellettuale e sensoriale – è Lucrezia Ercoli, direttrice artistica del festival, che per questa edizione cura un programma stratificato, in equilibrio tra pensiero critico, estetica pop e dispositivi immersivi. Il manifesto parla chiaro: l’uomo con la bombetta di Magritte ha il volto nascosto da un vinile. Un’identità contemporanea che si cela dietro l’oggetto-feticcio del secolo scorso, a dimostrare che è proprio lì, nel passato, che cerchiamo oggi autenticità o legittimità.

Il racconto dei giorni
Giovedì 3 luglio – Chiostro e Auditorium di San Francesco. Il festival si apre con un vernissage che è già dichiarazione poetica: dopo i saluti istituzionali e l’omaggio sartoriale agli anni Trenta curato dall’IIS Bonifazi-Corridoni, Lucrezia Ercoli introduce la filosofia della nostalgia e, a seguire, Adelmo Togliani rievoca la voce del padre Achille nello spettacolo “Parlami d’amore”, accompagnato dal Concertino Burro e Salvia (ensemble di musica d’epoca) sulle note delle canzonette fra gli anni Venti e Quaranta. È il primo tuffo in quel “tempo perduto” da cui il festival prende slancio.
Venerdì 4 luglio – Chiostro di San Francesco / Piazza della Libertà. Il focus si sposta sugli anni Ottanta, decennio che oggi i giovanissimi riconoscono come rifugio pop. Tommaso Ariemma parte da The Last of Us per intessere un’elegia synthwave dell’immaginario post-apocalittico che attraversa videogiochi e serie TV; Susanna Scrivo rende omaggio a Lady Oscar, icona ante litteram di una nuova coscienza di genere, mentre Selena Pastorino usa Stranger Things per raccontare la fascinazione spielberghiana di una generazione che cerca avventure analogiche in un mondo digitale. La sera, infine, Piazza della Libertà diventa la “Terra di Mezzo”: Riccardo Dal Ferro e Licia Troisi, con la band Factory, intrecciano la filosofia dell’eroe errante e della narrazione archetipica alle colonne sonore epiche di Il Signore degli Anelli e Game of Thrones.

Sabato 5 luglio – Chiostro di San Francesco / Auditorium di San Francesco. È la volta dei Novanta, il decennio del passaggio dal telefono fisso al primo SMS. Eleonora Caruso scandaglia la nostalgia dei ’90, la generazione cresciuta tra aspettative e disincanto; Alice Valeria Oliveri segue l’evoluzione dell’immaginario fisico sullo schermo, dai passi di Raffaella Carrà e delle ragazze di Non è la Rai fino alle coreografie lampo di TikTok. Guerino Nuccio Bovalino contrappone invece lo scenario ipertecnologico di Terminator all’algoritmo di ChatGPT, riflettendo sulla «nostalgia della tecnologia utopica». Di sera, Ilaria Gaspari celebra Mina in “Nostalgia di una voce”: vent’anni di metamorfosi – da Tintarella di luna all’addio di Milleluci – raccontati in forma di philoshow.
Domenica 6 luglio – Chiostro di San Francesco / Piazza della Libertà. Il sipario si chiude sugli anni Duemila, quando la nostalgia diventa quasi “istantanea”. Alfonso Amendola interroga la Gen Z che scrolla il passato con un pollice; Davide Navarria racconta il cinismo cosmico di Rick and Morty e Alessandro Lolli analizza l’ascesa e la caduta lampo degli influencer. Nel gran finale “Like a Rolling Stone”, Carlo Massarini riporta in piazza il primo Bob Dylan elettrico, simbolo di un’epoca in cui il nuovo era davvero inedito e scandaloso.

Contrappunto concettuale di Retromania è MeGa, la galleria immersiva di Popsophia in veste rinnovata e allestita nella cornice trecentesca della chiesa di Sant’Agostino: qui, sotto la curatela di Evio Hermes Ercoli, prende vita la mostra Angeli e Demoni, che esplora la tensione fra bene e male nell’era digitale, dove umano e artificiale, reale e virtuale si sovrappongono. In dialogo con questo spazio c’è L’Angelo Ribelle di Osvaldo Licini, protagonista di una “monografica a opera singola” allestita nell’Auditorium di San Francesco e presentata da Gloria Gradassi. L’esposizione incarna l’idea di «museo intensivo» auspicata da Umberto Eco, costringendo il visitatore a un confronto intimo e prolungato con un solo capolavoro.

In questo mosaico, anche il passato più lontano diventa parte di una costruzione attiva, non un rifugio ma una leva per interpretare il presente. Popsophia 2025 sembra suggerirci che non c’è futuro senza archeologia del desiderio. Che la “retromania”, se attraversata con consapevolezza, può diventare un dispositivo critico per sottrarci alla tirannia dell’algoritmo. E che la cultura pop, spesso sottovalutata, è una miniera di immagini, suoni e simboli in cui si riflette – più di quanto ammettiamo – la nostra sete di senso.
