23 febbraio 2022

Al Teatro Manini di Narni, va in scena l’uomo più crudele del mondo

di

L'uomo più crudele del mondo sarà ucciso o ucciderà? Una serrata battaglia dialogica tra vittima e carnefice con incognita morale, nel testo di Davide Sacco, con Lino Guanciale e Francesco Montanari

L'uomo più crudele del mondo, photo Emiliano Luciani

La scena finale, improvvisa e inaspettata, arriva come un autentico pugno allo stomaco. Scena che non va svelata. Spiega il perché di quanto è accaduto fino a quel momento e cosa abbia spinto due uomini a incontrarsi, scontrarsi, rivelarsi a vicenda, prima riottosi, poi sempre più complici, quindi di nuovo diffidenti e, ancora, acconsenzienti alla posta in palio messa sul tavolo. Un gioco di potere tra il più forte e il più debole, tra vittima e carnefice, senza esclusione di colpi, con ribaltamento di ruoli dal quale ci si aspetterebbe un vincitore e un vinto ma, forse, non ci sono né l’uno né l’altro.

Nel frattempo, prima di decretare il vincente e il sottomesso, si saranno esplorati i lati oscuri di ciascuno, quelli sottesi, sconosciuti, nascosti, taciuti, difficili da riconoscere e da affrontare se non sollecitati da qualcuno o da qualcosa che li faccia emergere, con cui confrontarsi e fare i conti. Prova a indagare i labirinti malsani della mente, il confine tra il bene e il male, spingendo a una profonda riflessione sulla natura umana, lo spettacolo L’uomo più crudele del mondo, testo del talentuoso Davide Sacco trasposto in scena da due superbi interpreti, Lino Guanciale e Francesco Montanari, per i quali sembrerebbe essere stato scritto, calzante com’è sulle loro forti personalità attoriali.

Il primo, Paul Veres, proprietario della più importante azienda di armi d’Europa, si pone nei confronti dell’altro come un diavolo ammaliatore, un adescatore di anime, noto per essere un uomo senza scrupoli, spietato e privo di valori – così sembra –, della cui vita si sa quasi nulla, sennonché nell’ambiente è nominato “l’uomo più crudele del mondo”; il secondo, una persona perbene – così sembra – che si definisce normale, mite, è un giornalista di un piccolo quotidiano di provincia. L’incontro di quest’ultimo con l’importante e riservato imprenditore, che lo sceglie per una delle rare interviste che concede, gli offre la grande opportunità di dare una svolta alla sua vita. Presto però sarà chiaro che ben altro è il motivo di quell’incontro pianificato dall’uomo d’affari.

Quali nefandezze si è disposti a compiere per soldi? Sarà una sfida oltre ogni etica, un gioco malvagio, perverso, scatenato attraverso una proposta immorale che cambierà le loro vite. «Lei ucciderebbe l’uomo più crudele del mondo per un miliardo?», propone Veres a bruciapelo. «…Prima di domani mattina lei sarà morto – dice al giornalista -, ma io farò tutto perché prima di ciò sia lei ad uccidere me… Domani ci sarà un solo uomo tra me e lei. Un uomo diverso, forse migliore, forse peggiore, che si guarderà allo specchio e sarà sicuramente più cosciente di che cosa sia il dolore».

Il dialogo incalzante, animato sempre più dal bere e dal fumare, avrà acceso, prima ancora della proposta omicida e del suo perché, domande come: «…lei che si conosce, mi dica, è felice della sua vita?», o «Cosa ne pensa dell’umanità? …parola strana, piena di paradossi, di contraddizioni, forse l’unica parola del nostro vocabolario che ha un significato diverso per ogni singolo uomo»; e provocazioni: «Le è mai capitato di dare sfogo a istinti sopiti?»; per giungere a costatare: «non siamo uomini noi, siamo feccia, siamo tutti brutti, tutti mostruosi, rinchiusi in questi corpi di gomma, e se non ci autorizziamo l’uno con l’altro nei nostri piccoli peccatucci, allora come potremo aspirare alla serenità?». «Non le piacerebbe – incalza l’imprenditore – essere autorizzato per una notte, una sola notte, una notte dove non esistono il bianco e il nero, il bene e il male, una notte senza giudizio, dove può essere, possiamo essere, noi stessi? Una notte che l’autorizzi ad essere… feccia?».

Tutto il marcio, l’inconfessabile e l’indescrivibile che scaturiscono dalla tesa conversazione tra i due avversari di un ring che non prevede limiti nel colpire l’altro, sveleranno anche il dolore nascosto, la rabbia, la natura repressa, il bisogno di riscatto, di liberazione da un nodo che attanaglia l’anima e che sentiamo serpeggiare nel confronto-scontro tra queste due anime dannate e in pena. L’azione si svolge dentro l’ufficio dell’azienda che la scenografia colloca tra le ampie vetrate di un capannone, con un tavolo, due poltrone, e alcune grandi lampade basse il cui raggio immerge i due protagonisti in una costante penombra.

Tra squarci intermittenti di luci e improvvisi colpi di pistola, un tentativo di fuga e un ballo incontrollato dettato da ubriachezza, arriverà il finale a ribaltare le sorti dei protagonisti. Chi ucciderà chi? Il grumo di tensione e di mistero accumulatosi si riverbererà in un finale spiazzante che non assolverà nessuno dei due. O forse sì. Avvincente come un thriller psicologico dove si cerca di attaccare la mente dell’altro e demolirne il suo stato, L’uomo più crudele del mondo (che ha debuttato al Teatro Manini di Narni, con il sostegno di LVF e Teatro Bellini di Napoli), è potente nella scrittura e nella resa interpretativa di Guanciale e Montanari: il primo di bravura camaleontica, dalla cangiante e multipla personalità; il secondo dalla sobria razionalità e voglia di penetrare il muro di parole dell’avventore. Il testo di Davide Sacco, giovane autore tra i più interessanti della drammaturgia contemporanea, fa parte della trilogia La Ballata degli Uomini Bestia, che ha come tematica la caduta dei Titani, in cui egli pone un quesito dal punto di vista politico, imperialista e umano: quanto male sapremmo infliggere, cosa saremmo capaci di fare se avessimo delle giustificazioni, se fossimo, cioè, autorizzati a essere delle “bestie”? Un’inquietante riflessione sul senso della giustizia e della morale.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui