21 luglio 2018

L’eredità di Robert Indiana

 

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Che ne sarà dell’eredità di Robert Indiana? Per saperlo bisognerà aspettare l’esito di una battaglia legale, tutt’ora in corso. Secondo The Art Newspaper, è da giugno che l’ufficio del Procuratore generale del Maine sta monitorando il caso: l’avvocato che rappresenta la proprietà dell’artista,  che si stima valga 50 milioni di dollari, sta cercando di determinare quanti siano  i beni in questione,  mosso dal sospetto che alcuni “potrebbero essere stati trasferiti altrove o sottratti o venduti senza il dovuto risarcimento” . A maggio la Morgan Art Foundation (MAF),  che rappresentava l’artista dagli anni ’90, e possiede il  marchio “Love”,  ha intentato una causa a New York contro lo storico assistente di Indiana,  Jamie Thomas, e un editore, Michael McKenzie. Secondo la Fondazione la coppia si sarebbe approfittata dell’artista soprattutto nei suoi ultimi anni di vita, producendo opere dubbie sfruttando il suo nome e isolandolo dagli amici. Il problema? Pare che le volontà di Indiana comprendessero la nomina di Thomas a direttore esecutivo del museo che l’artista avrebbe voluto fondare nella sua casa-studio sull’isola di Vinalhaven, a 15 miglia al largo della costa del  Maine.
Luke Nikas, l’avvocato che rappresenta il MAF, dice che Thomas non è qualificato per dirigere un tale museo. Invece, suggerisce che dovrebbe essere gestito da un “comitato eterogeneo” di specialisti che dovrebbero proteggere la sua  eredità. McKenzie ha affermato che la causa è semplicemente “un tentativo futile” di screditare Thomas, che l’editore stesso descrive come “il migliore amico e assistente di Bob, che ha dipinto per lui per molti anni”. Gli imputati hanno rifiutato le accuse, e per ora devono ancora presentare una risposta in tribunale: la prima udienza preliminare è prevista per il 23 luglio a Manhattan. Ma non è tutto: i due, più alcuni rappresentanti del MAF,  hanno ricevuto l’ordine di comparire in tribunale a Rockland, nel Maine, il 18 agosto, con l’accusa di aver venduto opere dell’artista  sottobanco, citando la causa di New York. Staremo a vedere.

 

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