19 settembre 2020

MASI Lugano, le mostre d’autunno

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Abbiamo visitato il MASI Lugano, con le due nuove mostre - "What's New" nello spazio dedicato alla Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, e l'antologica di Hans Josephsohn - e le personali di Lois Hechenblaikner e Paolo Mazzuchelli

Installation view "What's New" - opere di Franz West (in primo piano) e Rudolf Stingel, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, 2020, MASI Lugano, courtesy Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, ph MB

Nel press day di ieri, il Direttore del MASI – Museo d’arte della Svizzera Italiana, a Lugano, Tobia Bezzola, inizia il suo discorso con una serie sterminata di ringraziamenti. E come poteva essere altrimenti, visto che anche il MASI ha sofferto l’effetto del Covid-19. Ma le nuove mostre ora ci sono, insieme a una bella hall riammodernata anche per i futuri appuntamenti con stampa e pubblico. 

Lois Hechenblaikner, Ischgl, 2019 © Lois Hechenblaikner

Lois Hechenblaikner

Partiamo nella visita dal primo piano, dal bel progetto di Lois Hechenblaikner che chiude il prossimo 4 ottobre, dedicato alla località tirolese di Ischgl (diventata celebre per essere stata uno dei focolai europei della pandemia) che il fotografo ritrae però da ben prima del 2020.
Nelle sue slide fotografiche, che hanno come sottofondo una radio tirolese e una serie di canzoni universali (ad esempio All You Need Is Love dei Beatles) si scopre un’umanità grottesca, divertita sotto i fumi di litri di birra e dei cannabinoidi, volgarmente esplicita nei confronti del sesso – probabilmente per una questione di repressione nella sfera reale dell’esistenza – mascherata e pronta a una festa perenne tra piste da sci e “devastazioni alcoliche”. Un ottimo paesaggio psichedelico e strafatto, se raffrontato all’idea romantica delle “Alpi da meditazione”.

Hans Josephsohn alla Kesselhaus ca. 2006, courtesy MASI Lugano

Hans Josephsohn

Al piano meno uno è allestita la mostra dello scultore Hans Josephsohn, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita.
Un artista di successo, come lo “scolpisce” con le parole il curatore Ulrich Meinherz (insieme a Lukas Furrer), visto che Josephsohn ha avuto diverse mostre negli ultimi anni, compreso all’ICA di Milano e in Svizzera il Museo La Congiunta di Giornico e il Kessehaus  Josephsohn di San Gallo sono due istituzioni che ospitano permanentemente le sculture di questo Maestro della scultura del XX secolo.
A Lugano un percorso non cronologico, e volutamente allestito come se ci trovassimo quasi nello studio dell’artista, tra figure reclinate, indagini di volumi che non rispecchiano una “naturalità” ma quasi assumono valori simbolici nell’anatomia, in rifrazioni di volti che vengono abbozzati nelle loro peculiarità o in bassorilievi che permettono una “terza visione”. Per l’occasione anche nel cortile del museo è stata installata una scultura, per poterla fruire con “la luce e le situazioni di ogni giorno”, secondo le parole del curatore. 

Un artista, Josephsohn, che con il territorio ticinese ha avuto un rapporto profondo, visto che i suoi pezzi sono stati realizzati per moltissimi anni dalle Fonderie Perseo di Mendrisio. 

Installation view “What’s New”, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, 2020, MASI Lugano, courtesy Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

“What’s New”, Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

Un legame profondo come lo hanno anche Giancarlo e Danna Olgiati che da oggi aprono “What’s New”, mostra che mette in scena la modificazione del profilo della collezione negli ultimi mesi, che si apre nella sede della loro raccolta, proprio accanto alla sede principale del MASI. 

Questa mostra «é una sorta di liberazione dopo tutti questi mesi di chiusura. È stato difficile non vedere opere d’arte. Noi siamo grandissimi frequentatori soprattutto delle opere che espongono gli altri, dalle gallerie alle fiere; guardiamo quello che avviene di fronte a noi e impariamo», racconta la Signora Danna, lirica e appassionata. 

«La nostra vita collezionistica è lunghissima, e ce ne siamo sempre occupati professionalmente e privatamente. Quello che vedete da noi è una scelta personale; noi due – insieme – divertendoci e guardandoci in giro abbiamo imparato a riconoscere la qualità».

E così sfilano tra le pareti e il pavimento una serie di opere splendide che si guardano l’una con l’altra: Mona Hatoum con Ana Mendieta e Gabriele Basilico; Niele Toroni (compagno di scuola e di jazz di Giancarlo Olgiati) con Piero Dorazio e Irma Blank, artista che secondo il collezionista possiede la stessa potenza di Yves Klein nel creare un blu meraviglioso e profondo. Con la penna a biro.

«Noi abbiamo guardato a sud delle Alpi, ma anche alla Svizzera del Dadaismo, al Surrealismo: dalle Avanguardie storiche siamo sempre andati a cercare le avanguardie più vicine al nostro tempo. Oggi continuiamo a comprare, anche durante il lockdown abbiamo comprato», raccontano gli Olgiati, che destineranno la loro collezione alla città di Lugano. 

E, senza avere la responsabilità di un museo pubblico, dagli Olgiati potrete trovare allestimenti che sono veri e propri dialoghi, dal 1914 al 2020: «Perché le opere non hanno confini di spazio e di tempo, bisogna guardare le opere nella loro qualità e capire che cosa hanno lasciato gli artisti ai loro eredi».

L’ultimo aneddoto, per una delle ultime opere comperate, ce lo rivela ancora la Signora Danna: si tratta di una bellissima opera di Franz West «che doveva essere assolutamente esposta vicino all’opera di Rudolf Stingel: due personalità affini, ricercatori, innovatori, uno nella pittura e uno nella scultura. Opere empatiche per colori e sintonie. Abbiamo deciso di comprarla proprio per poter avvicinare questa scultura con i colori di Stingel di questo pezzo, comprato perché ci ricordava il Lago di Lugano nei giorni di pioggia, che diventa metallico». 

Inutile dire che il senso del piacere in questo caso non è solo nelle opere, ma anche nell’ascolto del racconto degli Olgiati. E del loro amore per l’arte.

Paolo Mazzuchelli, Rhinoceros, 1990-1991, Tecnica mista su carta, 150 x 200 cm, Collezione privata

PAM Paolo Mazzuchelli

Last but not least, torniamo al MASI al terzo piano, dove si è aperta lo scorso 6 settembre la retrospettiva di PAM, al secolo Paolo Mazzuchelli, artista ticinese con formazione all’Accademia di Brera in un percorso complesso di figurazioni dai numerosi rimandi alla storia dell’arte e della letteratura, della società (alcuni pezzi “al nero” sono dedicati all’attivista brasiliano Chico Mendes).

Tra le ciglia”, questo il titolo della mostra, mette in scena un centinaio opere che culminano nell’ultima sala zeppa di figure oscure, violenze e denunce politiche e sociali. Ma il potere dell’arte, lo sappiamo bene, è di mettere in atto una catarsi contro gli orrori del mondo. E qui, tra omaggi a Goya e Gauguin, nelle interferenze inscindibili e infinite tra bene e male, lo stupore e talvolta il nodo alla gola sono quasi assicurati. 

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