13 febbraio 2025

Biennale 2026: l’Australia revoca la partecipazione di Khaled Sabsabi

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A pochi giorni dall’annuncio, l’Australia cambia rotta ed esclude Khaled Sabsabi dal Padiglione nazionale per la Biennale di Venezia 2026, per le sue posizioni critiche nei confronti di Israele

Khaled Sabsabi
Khaled Sabsabi, ph. Anna Kucera

A pochi giorni dall’annuncio della sua selezione come rappresentante dell’Australia alla Biennale di Venezia 2026, l’artista Khaled Sabsabi è stato improvvisamente escluso dal Padiglione nazionale. La decisione è stata comunicata da Creative Australia, agenzia del governo che si occupa di promozione artistica e culturale e che gestisce la partecipazione nazionale alla Biennale di Venezia. Il clamoroso dietrofront è arrivato dopo una controversia sollevata da un articolo pubblicato dal quotidiano The Australian, che ha messo in discussione un’opera in cui Sabsabi citava la controversa figura di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, assassinato dall’esercito israeliano nel settembre 2024. L’esclusione riguarda ha anche il curatore del padiglione, Michael Dagostino.

«Il Consiglio di Creative Australia ha preso la decisione unanime di non procedere con il team artistico scelto per la Biennale di Venezia 2026», si legge nella stringata nota pubblicata sul sito dell’agenzia governativa. «Creative Australia è un sostenitore della libertà di espressione artistica e non un giudice dell’interpretazione dell’arte. Tuttavia, il Consiglio ritiene che un dibattito prolungato e divisivo sull’esito della selezione del 2026 rappresenti un rischio inaccettabile per il sostegno pubblico alla comunità artistica australiana e potrebbe minare il nostro obiettivo di unire gli australiani attraverso l’arte e la creatività».

Khaled Sabsabi, You (2007)

Al centro del dibattito è You (2007), un’installazione video in cui Sabsabi manipola digitalmente le immagini di Nasrallah mentre si rivolge alla folla a Beirut nel 2006, recitando le parole «O popolo onoratissimo, puro e generoso, che la pace, la misericordia e le benedizioni di Dio siano su di voi». Nasrallah ha usato queste parole durante un raduno per celebrare la fine di una guerra di 34 giorni con Israele combattuta nel sud del Libano e rivendicata come vittoria a nome di Hezbollah. L’organizzazione islamista sciita e antisionista libanese, fondata nel giugno 1982, è stata designata come terroristica dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea proprio sotto il mandato di Nasrallah.

Il video a doppio canale di Sabsabi ripete le parole di Nasrallah più volte, accompagnato da una moltitudine di voci. Il volto del leader si duplica e poi si moltiplica, le immagini raggiungono la saturazione e le voci crescono, prima di placarsi nuovamente. Sabsabi ha anche manipolato il filmato, oscurando il volto di Nasrallah con fasci di luce che brillano dai suoi occhi e dalla sua bocca, come «Evocando un’illuminazione divina», spiegano dal Museum of Contemporary Art Australia, nella cui collezione è conservata l’opera di Sabsabi.

Secondo alcune interpretazioni critiche, l’opera si inserisce in una riflessione sull’islamofobia e sulle esperienze personali dell’artista, nato a Tripoli nel 1965 ed emigrato dal Libano in Australia nel 1978. Tuttavia, The Australian ha definito l’approccio di You «Ambiguo e discutibile», suggerendo che l’artista abbia voluto in realtà elogiare l’operato di Hezbollah, considerato un’organizzazione terroristica in Australia.

D’altra parte, la posizione politica ed etica di Sabsabi è sempre stata chiara. Nel 2022, l’artista decise di ritirarsi dal Festival di Sydney, insieme ad altri 20 autori, in segno di protesta contro l’accordo di sponsorizzazione con l’ambasciata israeliana. «Ho boicottato per una ragione semplice: io e il mio lavoro siamo legati dal sangue alla Palestina, alla causa palestinese e al loro diritto all’autodeterminazione e al ritorno nelle proprie terre», dichiarava Sabsabi.

Sabsabi e Dagostino erano stati selezionati in base ai consigli di un gruppo di consulenti indipendenti ed esperti di arti visive, al termine di una open call in due fasi. The Australian ha quindi sollevato dubbi sul perché Creative Australia avesse scelto due figure legate al movimento di boicottaggio di Israele per rappresentare il Paese in un contesto internazionale. La controversia si è rapidamente diffusa sui social media, con alcuni utenti che hanno accusato l’artista di non rappresentare i valori dell’Australia. Solo pochi giorni prima, Adrian Collette, CEO di Creative Australia, si dichiarava «Orgoglioso» di supportare il progetto di Khaled Sabsabi, il cui lavoro «Riflette la diversità e la pluralità della ricca cultura australiana e darà vita a conversazioni significative con il pubblico di tutto il mondo».

«Riconosciamo la diversità culturale e linguistica delle Prime Nazioni che esiste in queste terre da migliaia di anni», dichiaravano Sabsabi e Dagostino, commentando la nomina di pochi giorni fa. «La nostra collaborazione è informata dalle nostre comuni esperienze di vita e di lavoro, in quanto migranti e figli di migranti. Confidiamo nelle voci culturalmente diverse di Western Sydney e dell’Australia in generale e negli insegnamenti che possono offrire nelle discussioni sul futuro globale».

L’improvvisa estromissione di Sabsabi risuona quindi come una presa di posizione precisa dell’Australia, che alla Biennale 2024 aveva vinto il Leone d’Oro per il padiglione di Archie Moore, con un progetto incentrato sui popoli aborigeni delle Prime Nazioni, decimati dalle colonizzazioni europee a fine Settecento.

L’edizione 2024 della Biennale di Venezia era stata segnata dalla chiusura volontaria del Padiglione di Israele da parte dell’artista Ruth Patir. Questo nuovo episodio conferma quanto la manifestazioni continui a essere un terreno di scontro politico.

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