23 settembre 2022

exibart prize incontra Leopoldo Bon

di

I progetti li ritengo forme restrittive del crescere culturalmente, la ricerca può generare forme nuove dell’essere e delle sue forme di espressione.

 

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Il mio percorso artistico incominciò a circa 8 anni usando la macchina fotografica di mio padre; contemporaneamente frequentai una Galleria di via San Francesco a Trieste dove esponeva mio zio delle opere ad olio. Poi continuai la mia tendenza alla fotografia e a seguire diverse mostre pittoriche in ambito triestino. Successivamente mi fu regalata una macchina fotografica ed usai le pellicole a colori per diapositive. Nel 1977 acquistai una reflex ed un ingranditore. Quindi cominciai a fare foto analogiche B&N e a svilupparle ed a stamparle in formato 30*40 cm o di formato minore. Contemporaneamente seguivo la via accademica sia di Ricerca, vertente sulle funzioni del cervello, sia Didattica nell’ambito della Fisiologia integrativa. Ciò mi appassionò molto e scelsi di seguire la strada della ricerca e della didattica universitaria.
Comunque la fotografia non la lasciai completamente utilizzando l’uso delle diapositive.
Gli anni passarono, la mia attività di ricerca e didattica di sviluppò prima a Trieste e poi a Modena. Come succede le cose cominciano e poi finiscono, inizio e fine!
Con l’avvento della fotografia digitale, riprese la passione, rimessa in un angolino del mio cervello, attorno al 2007-2008. Il nuovo inizio fu una ricerca sui riflessi nell’acqua con luce diurna (catalogo: Astrazioni: percezioni informali dello spazio). Successivamente, l’andar per mare di notte, con la barca a vela mi suggerì ulteriori sviluppi: le luci appese nei ristoranti ( konobe) si riflettevano nel mare e ciò mi aprì un nuovo mondo. Cercai posti isolati con luci che si specchiavano sul mare e sulle onde, uscirono forme diverse, attraenti, cromie contrastanti ed avvolgenti. Successivamente la ricerca, perché di ricerca si tratta e non di progetti, si estese sempre in condizioni di illuminazione particolare fino allo sfuocato.
Da questo continuum di ricerca nacque il libro Watch and Image, in bilingue, che raggruppava tre fasi della ricerca: Percepire, Riflettere, Immaginare. Libro Presentato dal Prof. Dario  Evola ( Docente di Estetica, Accademia di Belle Arti di Roma), Curato da Laura Marcolini, (Curatrice Artistica di Studio Azzurro), Elena Varesi (Grafica) e Edito da Carlo Bonacini  (ArteStampa Modena).
Se uno osserva attentamente il libro Watch and Image alla fine del capitolo Immaginare trova i prodromi del futuro sviluppo di ricerca.
Futuro sviluppo che si concretizzò nella Fotografia Scultorea. Fotografia che non sarà più rettangolare o quadrata ma seguirà delle linee che io vedo ed evidenzio con uno scontornamento dell’immagine. Alla fine di tale lavoro l’immagine viene stampata su plexiglas e fissata posteriormente su Forex. Tralascio alcuni punti tecnici di scarso rilievo ai fini artistici. Da questa ricerca nasce l’idea delle Allucinazioni ed il libro conseguente: Allucinazioni – Hallucinations (Bilingue). Le allucinazioni, non sono dovute come molti credono compresi i medici a droghe, ma il frutto in situazioni fisiologiche, patologiche e farmacologiche.
Fisiologiche quando si sta entrando od uscendo dalla fase di sonno; Patologiche quando la retina, con l’età si altera o ci sono lesioni ischemiche a livello di aree visive in particolare della V4; Farmacologiche quando si usano sostanze allucinogene o ci si trova in sala chirurgica sotto l’effetto di anestetici.
Tale ricerca si concretizza nel libro Allucinazioni-Hallucinations presentato da Franco Rosso ( Editore del libro Trieste), Flavia Motolese ( Critica della Galleria SaturArte Genova), Leandro Lucchetti ( Regista RAI e Scrittore  Roma,Trieste).
L’esperienza accumulata come Scienziato in quaranta anni di vita accademica da un lato e l’esperienza come fotografo/artista hanno scatenato in me la voglia di fondere Arte e Scienza in modo molto didattico e semplice per far capire che i due aspetti di espressione intellettuale sono vicini; così decisi di cimentarmi in un saggio: Arte e Scienza – Art and Science ( bilingue). In modo di dare ad entrambe le popolazioni Artisti e Scienziati un modo per capire che i due aspetti non sono disgiunti. Tale saggio è stato rivisto dal prof Giacomo Rizzolatti, che mi fu maestro in una fase della mia vita accademia.
Dalle prime risultanze sembra che la non conoscenza degli artisti sia somma, non si pongono domande su come mai riescono a fare le loro opere, pensano a qualche cosa di DIVINO. Ignorano che hanno un cervello che attraverso meccanismi di percezione, apprendimento, memoria, attenzione, elaborazione dei vari segnali attraverso i processi integrativi, negli anni riesce a dare i segnali di uscita premotoria e motoria per creare l’opera d’arte. In altri termini, non sanno che tutti i processi succitati generano la loro creatività.

 

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

C’è solo un elemento: la RICERCA. Da essa possono nascere idee e creatività, risvolti culturali inattesi.
I progetti li ritengo forme restrittive del crescere culturalmente, la ricerca puo’ generare forme nuove dell’essere e delle sue forme di espressione. Chi ha fatto ricerca, come me, sa che da un dato sperimentale colto da una persona esplorativa e con capacità associative puo’ nascere qualche cosa di nuovo. Dico può, non deve, perché se deve vuol dire che è obbligato a fare, quindi il risultato è molto dubbio.

 

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

L’arte può essere paragonata al seme di frumento che se seminato su un campo arido non darà alcun frutto.
L’arte è il frutto di persone che esprimono, secondo  Paul Klee, quello che non è visibile o quello che noi non vediamo.
Quindi come l’arte riesce ad interagire con le persone? Attualmente ci troviamo in una grave fase di decadimento intellettuale come un campo arido: 1) il livello scolastico è pessimo, all’Università entrano studenti impreparati ed escono laureati di profilo bassissimo; 2) l’espressione artistica è di basso profilo, i critici, non tutti, scrivono a ruota libera; sorgono non gallerie ma camere in affitto; le persone non distinguono cosa è un frutto dell’arte da quello che è un obbrobrio . Basti pensare agli occhiali caduti per terra durante una mostra, e la gente pensava fosse una installazione!! La stessa cosa vale per la scienza: gente che produce 40 lavori l’anno viene acclamata! Senza sapere che i lavori sono falsi, ciofeche…. Così accade nell’arte.
Non è l’arte culto del bello, della creatività, dell’innovazione che riuscirà a cambiare l’essere umano. L’essere umano dovrà cambiare con una formazione culturale (dalle scuole elementari in poi…..) seria, selettiva e soprattutto critica…..allora l’arte completerà ed arricchirà la mente, amplierà il modo di vedere, di percepire, cresceranno l’arguzia e le correlazioni tra esseri umani. L’Arte allora sarà un mezzo di riflessione e spinta verso un miglioramento, in tutti i sensi, dell’essere umano.

 

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

È molto semplice, la mia ricerca, spero, continuerà a sviluppare la mia attuale linea artistica, senza fare intervenire il software che non ho mai usato se non per piccole correzioni di luminosità e contrasto.
Certamente proverò a generare ulteriori forme e colori attraenti per me.
Chi vedrà le mie opere potrà bearsi oppure non apprezzarne né la ricerca che sottende a tale attività artistica, né il risultato finale.
Avrei la speranza di insinuare, di fare un pressing sui fotografi al fine di far cambiare la loro rigidità formativa e di favorire la loro creatività. Superbia? Può essere, ma in un lavoro di ricerca bisogna provare.

 

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Le istituzioni devono avere artisti e curatori molto preparati, per esempio come hanno fatto in certi musei nel chiamare direttori dall’estero. Siamo allo stesso punto di prima: se la scuola italiana è di basso profilo è difficile avere persone colte o di forte sensibilità verso l’arte in genere. Ricordiamoci delle opere scultoree scambiate per opere di Modigliani.
Quindi assumiamo persone preparate da altri paesi, ciò darebbe un forte impulso al lavoro degli artisti e dei curatori.
Se per contro le città (a me note) Venezia e Trieste vogliono sostituire i direttori dei musei con i funzionari comunali c’è poca speranza, anzi nulla….
E conseguentemente le Istituzioni privilegeranno la cultura passata (Michelangelo, Bernini, Canova, Verdi, Rossini, Bellini, Paganini, Frescobaldi, Vivaldi, Donizetti, Lulli, Fontana, Mulas, Ghirri, Vaccari, Pinna, De Biasi, Migliori, Caravaggio, Raffaello, Donatello, Gentilini, DE Chirico, Campigli, Guidi, Guttuso, Spaçal, Brunori, Pomodoro, Warhol etc… etc… etc…). Bisogna puntare alle istituzioni con personaggi preparati, gallerie con critici preparati.
In questo paese bisogna tornare ai tempi in cui gli artisti erano in ansia quando aprivano un giornale per vedere come la critica aveva considerato il loro lavoro. Noi siamo alla frutta, forse ai semi della frutta.
Le istituzioni potrebbero fare moltissimo per gli artisti, ma dovrebbero essere formate da veri esperti.

 

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