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Nel sud del mondo la moda diventa un gesto radicale: viaggio visivo di Daniele Tamagni
Fotografia
di redazione
Dalla vivacità dei sapeurs congolesi ai silenzi carichi di potenza delle cholitas boliviane, dalle ombre ribelli dell’afrometal in Botswana ai retroscena della Dakar Fashion Week, Daniele Tamagni ha attraversato le estetiche più dirompenti della contemporaneità urbana con uno sguardo empatico e lucido. Questo giro intorno al mondo si condensa nella Galleria Civica di Trento: qui, dal 17 maggio al 6 luglio 2025, il Mart dedica al fotografo milanese, prematuramente scomparso nel 2017, la mostra Style Is Life, un’antologica che ne ripercorre i sette anni di intensa e troppo breve attività, attraverso 80 fotografie ordinate in sei sezioni tematiche. La mostra, curata da Chiara Bardelli Nonino, Gabriele Lorenzoni e Aïda Muluneh, è realizzata in collaborazione con la Daniele Tamagni Foundation e si affianca a una retrospettiva gemella allestita a Dakar, città simbolica nella geografia affettiva dell’artista.

La moda come linguaggio visivo e sociale
Nato nel 1975, laureato in Beni Culturali e con un Master in Storia dell’Arte, Tamagni scelse la fotografia come strumento di indagine sociale, dedicandosi solo in età adulta alla pratica visiva e ottenendo riconoscimenti internazionali come il Canon Young Photographer Award (2007), l’ICP Infinity Award (2010) e il World Press Photo Award (2011).
«Voleva capire e fotografare lo stile, in particolare quel momento in cui il gusto da radicalmente personale si trasforma in un gesto, e volendo in un messaggio, destinato agli altri. La sua ricerca passava sempre, prima di tutto, dalle persone: voleva conoscere i suoi soggetti, intrecciare amicizie, scoprire perché si vestissero in un certo modo, cosa volevano comunicare e a chi», racconta Bardelli Nonino.

Per Aïda Muluneh, «Daniele Tamagni ha intrapreso una missione per dimostrare quanto ricco sia il continente africano in termini di diversità e storie non ancora narrate. Dal mio punto di vista, l’arte ruota attorno alla trasmissione delle nostre verità personali. Daniele si è deliberatamente concentrato su individui ai margini della società, su coloro che sfidano le norme, privilegiando l’affermazione di sé rispetto all’approvazione altrui, su coloro che aprono la strada ai loro viaggi unici. A mio parere, ha scelto narrazioni strettamente allineate al suo cuore e al suo percorso di vita».

Dandy africani, metal heads e luchadoras
Tra le serie più celebri in mostra, spicca Gentlemen of Bacongo, un viaggio visivo tra i sapeurs congolesi – da La Sape – Société des Ambianceurs et des Personnes Élégantes – del quartiere Bacongo di Brazzaville. Tamagni immortala l’eleganza sfavillante di questi dandy africani che, sin dal periodo coloniale, hanno trasformato l’abbigliamento occidentale in una sofisticata strategia di resistenza culturale. Il libro omonimo, pubblicato nel 2009 da Trolley Books, è diventato un cult della fotografia contemporanea, influenzando la moda internazionale, da Paul Smith a Stella Jean, fino alle suggestioni del recente MET Gala dedicato al black dandyism.

Ma l’orizzonte di Tamagni si allarga. Nel 2012, documenta la scena afrometal del Botswana, immergendosi nella quotidianità di una comunità dove la musica heavy metal si fonde con codici visivi e identitari radicali. Catene, borchie, stivali e giubbotti diventano dichiarazioni di appartenenza, pratiche di autonomia immaginativa in un contesto sociale complesso.

Il cromatismo vibrante ritorna nelle fotografie dedicate alle cholitas boliviane, donne indigene che sfidano le convenzioni di genere attraverso il wrestling, rivendicando con orgoglio la propria identità. L’uso della pollera, la tradizionale gonna ampia, diventa un’arma simbolica nella lotta per i diritti delle donne e delle popolazioni native. La serie valse a Tamagni il World Press Photo nel 2011.

Johannesburg e Dakar: luoghi della resistenza estetica
Il percorso continua a Johannesburg, dove il fotografo ritrae le giovani crew urbane nate in risposta alle restrizioni politiche del Sudafrica post-apartheid. Ancora una volta, la moda si fa vettore di una nuova identità collettiva, strumento per reinventare la propria collocazione nel mondo.

A Dakar, nel 2012, Tamagni entra nei backstage delle sfilate della fashion week. Ne cattura l’energia artigianale, la fragilità e la forza dei corpi, la spontaneità delle interazioni dietro le quinte. Questi scatti restituiscono un ritratto intimo della scena fashion africana in uno dei suoi momenti germinali.

Una narrazione che continua
Style Is Life è anche una monografia appena pubblicata da Kehrer Verlag. Il volume contiene, oltre ai testi delle due curatrici della mostra, i contributi di Alain Mabanckou, Angelo Ferracuti, Gerardo Mosquera, Emmanuelle Courreges, Lekgetho Makola e le testimonianze di Alessia Glaviano, Duro Olowu, Michele Smargiassi, Deborah Willis, che ripercorrono la storia professionale e umana dell’artista.

Inoltre, attraverso la Daniele Tamagni Foundation, la sua eredità si traduce in progetti educativi, mostre internazionali e borse di studio che danno continuità a uno sguardo che ha saputo vedere, oltre l’immagine, la potenza trasformativa dello stile.
