03 aprile 2020

La Fondazione Alberto Peruzzo sonda ‘The Power of Art’

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Con "The Power of Art" la Fondazione Alberto Peruzzo interroga artisti, collezionisti e professionisti del settore sul ruolo dell'arte nella società contemporanea partendo da un'esperienza personale. Marco Trevisan, Direttore della Fondazione, ci ha raccontato il progetto

Fondazione Peruzzo
Quayola, 'Seconda Natura', mostra della Fondazione Alberto Peruzzo, 2019, courtesy l'artista e Fondazione Alberto Peruzzo

Con il progetto The Power of Art la Fondazione Alberto Peruzzo ha scelto di interrograsi e interrogare artisti, collezionisti e professionisti del settore sul ruolo dell’arte nella società contemporanea attraverso un’esperienza personale raccontata con un breve testo oppure un video e immagini di opere.

Gli interventi vengono pubblicati, giorno dopo giorno, sul sito web della Fondazione e sui suoi account Instagram e Facebook.

Per ora si possono vedere, leggere e ascoltare gli interventi che si sono susseguiti a partire dal 25 marzo scorso ad oggi, ma il progetto è in fase di svolgimento e se ne aggiungeranno molti altri.

Gli interventi già disponibili

Potete conoscere gli interventi già pubblicati cliccando sui nomi, ci sono quelli di Marco Trevisan (Direttore Fondazione Alberto Peruzzo), Giorgio Fasol (collezionista e Presidente Fondazione AGI Verona), Denis Curti (Direttore Artistico Casa dei Tre Oci), Salvatore Mirabile (collezionista), Alessandro Piangiamore (artista), Elena Zaccarelli (Specialist Modern and Contemporary Art Christie’s), Denis Isaia (curatore MART e critico d’arte contemporanea), Angelo Bellobono (artista) e Will Ramsay (fondatore e CEO Affordable Art Fair).
Oggi, 3 aprile, la Fondazione omaggia Fabrizio Plessi (artista), in occasione del suo ottantesimo compleanno.

I prossimi appuntamenti

Nei prossimi giorni saranno pubblicati gli interventi di – in ordine non cronologico – Alberto Peruzzo (collezionista e Presidente della fondazione omonima, qui la nostra intervista in occasione della personale di Quayola), Fabio Castelli (fondatore MIA Photo Fair), Maurizio Rigillo (socio fondatore di Galleria Continua), Sabrina Donadel (giornalista Sky Arte), Monique Veaute (Presidente Fondazione Romaeuropa), Alessia Zorloni (economista della cultura e docente dell’Università IULM di Milano), Alberta Pane (gallerista Galleria Alberta Pane), Matilde Cadenti (gallerista Marignana Arte), Marco Maria Zanin (artista), Umberto Zagarese (collezionista) e Michael Biasi (gallerista MAAB Gallery) e presto saranno annunciati altri invitati.

Fondazione Peruzzo
Courtesy Fondazione Alberto Peruzzo
Marco Trevisan, Direttore della Fondazione Alberto Peruzzo, ci ha raccontato il progetto.
Come è nato il progetto The Power of Art?

«La Fondazione Alberto Peruzzo nasce dalla passione per l’arte di un singolo, collezionista. Ogni collezione – o quasi – nasce da una storia d’amore con l’arte. Questa storia viene alimentata da alcuni episodi nella vita di ognuno, di scoperte, di momenti nei quali ciascuno scopre il potere evocativo e rivelatorio dell’arte.

Solo nel XVIII secolo si affermò il concetto di bene artistico inteso come patrimonio di pubblico godimento, molte collezioni divennero accessibili a tutti, prima di allora era solo un affare privato. Ci fu un vero e proprio “effetto domino” e la trasformazione delle raccolte principesche in musei rivolti alla “pubblica utilità” si espanse in tutta l’Europa. Questo per evidenziare come la società si sia accorta in quel momento del potere comunicativo e potenzialmente rivolto a tutti dell’arte.

In questi giorni delicati, dominati dal virus e dall’apprensione, la Fondazione Alberto Peruzzo – memore anche delle proprie origini – ha deciso di chiedere ad un po’ di persone del mondo arte – direttori di musei, collezionisti, artisti, curatori, etc. – di raccontare una loro esperienza in relazione all’arte. In momenti in cui il cuore fa fatica a scaldarsi, preoccupato dal quotidiano, volevamo farci raccontare degli episodi di apertura mentale e sentimentale, di rivelazione più o meno lirica. Volevamo sottolineare il “potere dell’arte”, chiedendo all’interlocutore di dirci come l’arte abbia segnato la loro vita in certi momenti particolari, parlandoci di un’opera o di un’esperienza, o di un lavoro che ci rivela qualcosa in relazione a questi tempi complessi. In fondo l’arte è espressione della vita e di ciò che ci circonda, nel bene e nel male, può essere consolatoria o meno, e può essere anche stimolo al cambiamento. Charles Bukowski diceva che ‘La differenza tra l’arte e la vita è che l’arte è più sopportabile’, e questo è stato spunto un altro spunto di partenza».

Come avete scelto le persone che avete invitato?

«Scegliendo persone del mondo arte – direttori di istituzioni, collezionisti, galleristi, artisti, curatori, giornalisti – che pensavamo potessero avere qualcosa da dire e da raccontare. L’arte deve essere anche narrazione».

Il ruolo dell’arte nella società contemporanea è una tematica estremamente vasta. Secondo Lei, quale ruolo può avere, o sta avendo, l’arte contemporanea in questo momento così grave e quale ruolo potrebbe avere per superare in modo positivo il periodo della ripresa, che si prospetta non facile (anche per il sistema dell’arte)?

«Vorrei riprendere il concetto espresso poco fa. La mente ed il cuore si espandono e si contraggono a seconda delle situazioni che viviamo. Il potere dell’arte – contemporanea in quanto si confronta con il presente – si vede probabilmente di più quando la vita e la storia ci mettono di fronte a dei muri e a dei bivi, a momenti di tensione, crisi e cambiamento. In situazioni di “contrazione” razionale-emozionale aiuta ad aprire le visioni, a cercare di ragionare su temi esistenziali, a far percepire il bene comune. L’arte è un “bene comune” di cui deve prendersi cura la collettività, nel suo proprio interesse. L’uomo contemporaneo, essendo stimolato da una maniera di vivere quasi del tutto inedita e a volte sopraffatta dagli stimoli esterni, ha un estremo bisogno di capire chi è. Inoltre, nel futuro e come sta già accadendo, l’arte sarà sempre di più un “mediatore culturale”, ossia si affiancherà e dovrà collaborare con la scienza e la tecnologia per rendere più comprensibili e più umani i concetti legati al progresso. Questa triade avrebbe forse potuto funzionare meglio in questo frangente storico, in maniera sinergica, e penso sarà un ambito da riprendere subito in mano al termine dell’emergenza»

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