20 giugno 2025

Approvata l’IVA al 5% per l’arte: la svolta che potrebbe cambiare il mercato italiano

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Dopo anni di appelli e proteste, il governo approva un’aliquota agevolata al 5% per la vendita di opere d’arte: la misura potrebbe rilanciare le gallerie ma ne beneficerà tutto il sistema?

Nell’agenda politica di questo caldo giugno, all’ordine del giorno c’è un punto che fa battere il cuore al mercato dell’arte: il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato la misura che riduce l’IVA sulla vendita di opere d’arte dal 22% al 5%, allineando l’Italia agli standard fiscali degli altri Paesi europei, come Francia e Germania. Un segnale atteso da anni, fortemente sostenuto dagli operatori del settore. La norma potrebbe segnare un punto di svolta per le gallerie italiane, strette nella morsa della concorrenza internazionale e di un sistema fiscale percepito come punitivo.

«Missione compiuta», ha dichiarato con entusiasmo il Ministro della Cultura Alessandro Giuli durante la conferenza stampa dedicata, svoltasi nella Sala Spadolini a Roma. «Era oggettivamente innaturale la situazione che metteva l’intero settore in svantaggio nella competizione internazionale. Competere ad armi pari per gli italiani significa primeggiare». Giuli ha citato anche i dati del recente rapporto Nomisma: mantenere l’aliquota al 22% avrebbe comportato una perdita fino al 28% del fatturato per il settore, con punte del 50% per le piccole gallerie. Con la nuova IVA ridotta, invece, si stima una crescita del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro in un solo trimestre e un impatto complessivo sull’economia di circa 4 miliardi.

La situazione prima della misura sull’IVA agevolata

Finora, l’Italia applicava alle transazioni artistiche un’aliquota ordinaria del 22%, tra le più elevate d’Europa. In Francia e Germania, due dei principali competitor nel mercato culturale, l’IVA sulle opere è fissata rispettivamente al 5,5% e al 7%. Questa sproporzione ha negli anni scoraggiato collezionisti internazionali e reso più difficile, per le gallerie italiane, trattenere o attrarre talenti. Non è un caso che, secondo molti galleristi, le maggiori fiere internazionali siano diventate sempre più spesso vetrina per operatori stranieri, mentre le realtà italiane faticano a tenere il passo.

Il malcontento si era già manifestato con forza nei mesi scorsi. A febbraio, Italics – il consorzio che riunisce oltre 70 gallerie italiane tra moderno, contemporaneo e antico – aveva diffuso una lettera aperta indirizzata al governo Meloni, esprimendo «Grande stupore e profonda apprensione» per l’assenza della riduzione dell’IVA nel Decreto Legge 201. «È una condanna a morte per il nostro mercato», scrivevano Lorenzo Fiaschi di Galleria Continua e Pepi Marchetti Franchi di Gagosian, rispettivamente presidente e vicepresidente del consorzio, denunciando l’assenza di una visione strategica per il futuro dell’arte in Italia. Le parole della lettera erano poi sfociate in una protesta plateale, a suon di fischietti, ad Arte Fiera di Bologna.

Le richieste non si sono fermate lì. Il Gruppo Apollo – associazione che rappresenta l’industria dell’arte in Italia e riunisce le principali case d’asta, antiquari, gallerie di arte moderna e contemporanea, collezionisti e imprese della logistica, e la cui presidentessa, Alessandra di Castro, era presente oggi alla conferenza – aveva parlato senza mezzi termini di un «Colpo di grazia» al settore, mentre molti professionisti lamentano da anni anche la rigidità delle norme sulla circolazione dei beni culturali: il tetto dei 13.500 euro per l’uscita legale di opere (contro i 300mila euro di altri paesi UE) rappresenterebbe un’ulteriore barriera per un mercato che si vorrebbe dinamico e internazionale.

Ma qualcosa aveva iniziato a muoversi. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo già confermava l’inserimento della misura nel nuovo decreto fiscale, parlando esplicitamente di strumenti per «Valorizzare il patrimonio culturale» e rendere l’Italia più attrattiva per gli investitori. E oggi il Ministro Giuli ha potuto annunciare l’attuazione della misura.

A rafforzare il segnale, sono intervenuti anche i vertici politici coinvolti nel provvedimento. «È una splendida giornata per l’arte italiana», ha dichiarato Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera. «L’Italia è oggi il primo Paese in Europa a portare l’IVA al livello più basso nel mercato dell’arte. Vendere, comprare, collezionare arte qui diventerà più conveniente che altrove». Non è solo una questione fiscale, ha sottolineato Mollicone, ma geopolitica: «L’Italia ha a cuore la filiera dell’arte e il suo ruolo strategico nel mondo».

Dalla Sala Spadolini anche un messaggio diretto ad Art Basel, in corso proprio in questi giorni: «Vorrei che questa notizia rimbombasse anche a Basilea, dove l’Italia avrà ora un ruolo da protagonista», ha detto il Capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Cultura alla Camera, Alessandro Amorese. «Chi dice che abbiamo abbassato l’IVA su un bene di lusso non conosce l’ampiezza del settore: artigiani, restauratori, logistica, assicuratori…È un mondo professionale vasto. E questo risultato è un segnale importante anche per i giovani che si affacciano alla produzione artistica».

Cosa cambia, davvero?

L’introduzione dell’IVA ridotta potrebbe rappresentare un’occasione per rilanciare il sistema delle gallerie, stimolare le vendite, incentivare l’acquisto da parte dei collezionisti anche internazionali e dare nuovo slancio alla circolazione delle opere. Ma resta da capire se e quanto il beneficio arriverà agli artisti e agli altri attori della filiera, come curatori e art advisor. Il rischio di misure simili è fermarsi a monte, senza creare reali ricadute strutturali. Il solo abbattimento dell’IVA, infatti, difficilmente potrebbe risolvere la questione della sostenibilità economica per chi l’arte la pensa e la realizza.

Un altro nodo da sciogliere riguarda le condizioni fiscali delle importazioni e delle esportazioni che, senza un adeguamento delle soglie di valore e delle regole sulla libera circolazione, continueranno a penalizzare l’Italia rispetto ad altri Paesi. In questo senso, però, sembra che qualcosa potrebbe muoversi a stretto giro, come anticipato da Mollicone durante la conferenza: «Grazie al confronto tra Commissione cultura e Governo arriverà in aula nelle prossime settimane la proposta di Legge “L’italia in Scena”, che contiene un riferimento alla semplificazione della normativa sulla circolazione delle opere e sull’esportazione dei beni culturali».

Più competitività o solo meno tasse?

La vera sfida, dunque, sarà quella di affiancare alla riduzione dell’IVA una visione organica per il rilancio del sistema artistico nazionale. Una politica industriale dell’arte, capace di sostenere non solo il mercato ma anche la formazione, la produzione, la curatela e la ricerca. Altrimenti il rischio è che, abbassate le aliquote, si continuino a perdere pezzi: gallerie che chiudono – anche con aliquote favorevoli –, artisti che emigrano, collezioni che volano altrove.

Per ora, quello del 5% sembra un primo passo necessario, che potrebbe riportare l’Italia al tavolo del gioco. Ma serve un progetto a lungo termine per far sì che tutto il sistema possa finalmente tirare una boccata d’aria fresca.

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