08 giugno 2025

Art Encounters 2025: il racconto dell’affascinante biennale di Timișoara

di

Giunta alla sua sesta edizione, la Biennale di Timișoara, in Romania, intreccia passato e presente nelle tre location in città. L’esposizione sarà visitabile fino al prossimo 13 luglio

Exhibition view, Bounding Histories. Whispering Tales, Biennale Art Encounters 2025, courtesy of Art Enounters ph. David Dumitrescu

A distanza di due anni dal titolo di Capitale Europea della Cultura (2023), Timișoara —situata nella Romania occidentale, vicino al confine serbo— conferma il proprio ruolo di snodo attivo delle tensioni culturali del presente con la sesta edizione della Biennale Art Encounters, curata da Ana Janevski e Tevž Logar, e intitolata Bounding Histories. Whispering Tales. Si tratta di un titolo duplice e di per sé ambiguo, come ogni buona operazione critica: “storie che si intrecciano”, ma anche “che vincolano”, come legami da sciogliere o da perpetuare; e “racconti sussurrati”, ossia memorie non ufficiali, post-traumatiche, residuali, o semplicemente sommerse.

Proponendo lavori di più di 60 artisti, tra giovani con base a Timișoara e nomi internazionalmente riconosciuti —del calibro di Marina Abramovic, Oscar Murillo, Liam Gillick e Clement Cogitore—, l’esposizione prende come elemento guida il concetto di eco. L’eco, infatti, non solo è un elemento che collega idealmente passato e presente, ma anche un suono che per esistere necessita di un luogo fisico ben determinato: è un’impronta sonora che rimbalza nel tempo e nello spazio.

In questo senso, le tre location della biennale diventano veri e propri contenitori di storie, che vengono portate a galla e messe in evidenza dalle opere presentate.

Exhibition view, Bounding Histories. Whispering Tales, Biennale Art Encounters 2025, courtesy of Art Enounters ph. David Dumitrescu

Il Garrison Command: l’eco dei traumi

Primo —e principale— di questi spazi è il Garrison Command: un ex edificio militare sviluppato su due piani, in cui i traumi dell’epoca sovietica e delle dominazioni straniere si intrecciano a storie di resistenza e di rinascita.

L’anima di questo spazio viene convogliata allo spettatore fin dall’inizio del percorso espositivo, con l’opera LET THERE BE MOTHER, MOTHERFUCKERS! (2025) della croata Nora Turato. Celebre in particolare per i suoi lavori incentrati sulla parola e il linguaggio, la Turato, nel caso di questa opera audio, decide di abbandonare completamente l’aspetto verbale e propone un rombo sordo, un respiro affannato che sembrerebbe quasi giungere dalle viscere dell’edificio: è il subconscio del luogo, che ci ricorda prepotentemente di essere una bestia viva, solo apparentemente assopita.

Anche l’albanese Bora Baboçi mette in risalto l’anima del Garrison Command: i suoi sono affreschi “strappati”, realizzati con una tecnica solitamente utilizzata per la preservazione del patrimonio culturale, ma anche per il suo furto. In questo modo, l’artista ci ricorda di quanto sia sottile la linea tra memoria e potere.

Tutta una serie di video, poi, propone storie di traumi recenti e contemporanei: vi è il soldato disegnato a gessetto di Alban Muja, il triste racconto di uomini di plastilina dell’ucraina Dana Kavelina e il dramma palestinese narrato in chiave ironica e fantascientifica dalla giovane e talentuosa Mona Benyamin.

Exhibition view, Bounding Histories. Whispering Tales, Biennale Art Encounters 2025, courtesy of Art Enounters ph. David Dumitrescu

Art Encounters Foundation: la cura come atto radicale

Seconda location del percorso espositivo è la sede della fondazione Art Encounters: un edificio costruito tra 1904 e 1905, prima fabbrica di lana e poi asilo. In quanto tale, l’edificio porta in sé gli eco della creazione e dell’istruzione e proprio questi sono i fili che legano i lavori qui esposti.

È il prendersi cura —si tratti dell’ambiente naturale o dei più piccoli— l’azione fondamentale che guida le pratiche qui presentate, si tratti di Simone Forti, di Jumana Manna, di Cecilia Vicuña o dei molti altri artisti che qui riflettono su sistemi di apprendimento e di sostenibilità.

Exhibition view, Bounding Histories. Whispering Tales, Biennale Art Encounters 2025, courtesy of Art Enounters ph. David Dumitrescu

FABER: rileggere il passato industriale

Infine, FABER, ex sito industriale e oggi centro culturale, ospita le riflessioni più esplicitamente politiche. Ex sito di produzione, oggi esso si propone come luogo ideale per esplorare la condizione post-socialista dell’est Europa e le relazioni tra cultura, industria e sistemi politici.

La scultura Apparatus (2025) di Lorena Cocioni, ad esempio, riflette sulle relazione tra design moderno e rivoluzione industriale, nonché su come il confine tra corpo e oggetto standardizzato si facciano sempre più labili. La bosniaca Selma Selman, poi, propone un ampio disco satellitare da lei ritrovato, su cui la frase «God make me the most famous so I can escape this place» ci parla di un desiderio di libertà e di escapismo: la ricerca di una vita migliore, insomma.

In Bounding Histories. Whispering Tales, perciò, l’eco non è solo metafora, ma diventa vero e proprio approccio curatoriale: un modo per il passato di manifestarsi, non tanto per spiegare il presente, ma per incrinarne il tessuto. E i luoghi —militari, educativi, industriali— smettono di essere contenitori neutri: diventano organismi sensibili, parte attiva del discorso.

Exhibition view, Bounding Histories. Whispering Tales, Biennale Art Encounters 2025, courtesy of Art Enounters ph. David Dumitrescu

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui