29 gennaio 2020

Dadamaino, Dare tempo allo spazio | A Arte Invernizzi

di

Fino al 5.II.2020
La profezia di Dadamaino. Dare tempo allo spazio e mostrare il tempo allo spettatore. Da A Arte Invernizzi una personale della grande artista

dadamaino invernizzi

Dadamaino mi ha fatto materialmente vedere il tempo, come se i suoi segni avessero una fisicità organica. La ripetizione precisa, ossessiva era già in sé un’immagine del tempo, quello che lei aveva impiegato nel fare e quello che io impiegavo a guardare. Nel 1993 ho curato una mostra alla galleria di Federica Inghilleri dove Dadamaino ha scelto di svolgere uno rotolo di Sein und Zeit e di sospenderlo in  una diagonale che accompagnava lo spazio e “avvolgeva” chi guardava. La leggerezza e l’imprendibile messa a fuoco di quei milioni di segni, mi avevano fatto sentire non tanto il tempo che passa, quanto la sua permanenza. 

La ritrovo alla mostra alla  galleria A Arte Invernizzi di Milano. Vedo in più una profezia. 

Oggi che siamo abituati a scorrere da un’immagine a un messaggio WhatsApp, da una mail a Instagram, al web, le sue Costellazioni (1986 – ’87), i suoi Passo dopo Passo (1989) ci avvertono che bisogna inventare un modo per rientrare nei propri segni, stare attenti al tempo, altrimenti scivola via. Com’è successo a me.

Appena ho visto la mostra, volevo scrivere subito e poi … Il tempo è scivolato e sono arrivata al finissage.  Non sono stata attenta al messaggio che Dada mi aveva mandato, mi consola che da A Arte Invernizzi lei c’è sempre. 

Questa è la lezione: l’arte resta, ma chi la guarda deve fermarsi, coltivare l’immaginazione. Oggi, nelle sue opere c’è un’urgenza che ci riguarda: bisogna esercitare i rapporti diretti con le persone, con l’arte, senza moralismi rispetto ai messaggi informatici, mettere alla prova la vista, la memoria, i sentimenti, scoprire come ci influenzano. 

dadamaino milano
Dadamaino
Ennetto, 1986
China su carta intelata, 160×220 cm
© A arte Invernizzi, Milano Foto Bruno Bani, Milano

Alle figure di Dadamaino bisogna andare vicino, molto vicino, individuare i segni e poi allontanarsi per entrare nella visione. E’ un movimento che richiede coraggio. Nel contatto ravvicinato con le opere o con le persone, si incontrano anche cose che feriscono, che inibiscono.

Dadamaino era coraggiosa, sceglieva da che parte stare, difendeva la sua identità di donna, era battagliera e cordiale, simpatica e decisa. Nel 1975 aveva donato alcune opere alla Libreria delle donne di Milano per contribuire alla sua apertura. Nelle sue  figure emerge la nitidezza della mente e la mobilità dell’invenzione. Mi ha sempre colpito come un piccolo segno anonimo potesse prendere una visione così ampia. Allo stesso tempo sono attratta dalla metafora del gesto quotidiano ripetuto, manualmente, senza enfasi che è, per me, un simbolo del riscatto del linguaggio materiale in cui le donne erano state confinate, mentre lei con grande anticipo lo metteva in dialogo con il principio di indeterminazione della fisica contemporanea, con la possibilità di vedere l’universo, recuperando con calma e precisione i bagliori delle  Costellazioni e “appuntandoli” in milioni di piccoli tratti neri, qua e là intramezzati di rosso Ennetto (1986). Lo faceva senza bisogno di telescopi, con la sapienza che viene dalla sperimentazione. 

Ecco, anche oggi Dadamaino dice tutto questo. E tutto questo non per ridurre i campi di conoscenza, ma frequentarli sapendo che le percezioni che ricaviamo concorrono alla visione di sé e del mondo. 

Di nuovo profetico è il ciclo Inconscio Razionale (1975). In mostra ce ne sono due. Su fondo bianco e su fondo nero  traccia con regolarità segni orizzontali e verticali, la superficie vibra senza perdere definizione e contemporaneamente emerge una “pellicola” trasparente, dove i segni a volte si coagulano nella loro ortogonalità, a volte assumono direzioni regolari. 

Il titolo è esplicito: l’inconscio affiora, ma bisogna interpretarlo, riconoscere le direzioni, lo sprofondamento come avviene nel nero, ma anche nel bianco. Questi due colori, normalmente interpretati come oppositivi, in Dadamaino disegnano la figura del complicato processo della conoscenza di sé, che si avvale di intuizioni,  calcolo, razionalità, sentimento. Non sono mai nettamente bianchi o neri. 

La sua profezia riguarda la necessità di inventare una relazione tra gli opposti, oggi più che mai urgente.

Francesca Pasini

Dal 28 novembre 2019 al 5 febbraio 2020

Dadamaino, Dare tempo allo spazio
A arte Invernizzi
Via D. Scarlatti 12, Milano
Orari: da lunedì a venerdì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00, sabato su appuntamento
Info: info@aarteinvernizzi.it

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