12 maggio 2025

De-Rive: sessant’anni di Arnaldo Pomodoro a Genova

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Che sono anche sessant'anni di un segno plastico in continua trasformazione. Indecifrabile per scelta e inconfondibile per vocazione

De-Rive - installation view - courtesy ABC-ARTE e Fondazione Arnaldo Pomodoro

Il segno è a tutti gli effetti «Necessariamente indecifrabile» come da volontà di Arnaldo Pomodoro (Morciano di Romagna, 1926), protagonista da ABC-ARTE a Genova di De-Rive, a cura di Luca Bochicchio. Mostra il cui obiettivo è addentrare il visitatore nel confronto diretto tra epoche e relative produzioni, spaziando tra la fine degli anni Cinquanta e primi Duemila. Storia di un’evoluzione alla Pomodoro, che già da metà anni Ottanta presenta scarti evidenti anche al visitatore più frettoloso e che sintetizziamo così: passano gli anni, e un certo imborghesimento dei costumi (espressivi) coglie anche gli artisti più solidi. Ma è ancora presto per parlarne, ci arriveremo strada facendo.

Arnaldo Pomodoro – Orizzonte IV – 1957 – bronzo – cm 57×125 – courtesy ABC-ARTE e Fondazione Arnaldo Pomodoro

Gli anni Cinquanta

Come parabola artistica comanda, Pomodoro ha modificato il suo linguaggio nel tempo e questo progetto espositivo, fondato sul confronto diretto tra lavori di annate differenti, non fa altro che metterlo in mostra con tutta la chiarezza del caso. Orizzonte IV e Orizzonte V – tra le opere più datate esposte a Genova (1957) – sono il livello base, ovvero l’orizzonte verso cui portare un segno in potenziale crescita. Segno plastico per un Pomodoro attento sin da subito a lavorare sui volumi, sulle estroflessioni possibili (particolarmente evidenti in Orizzonte IV, dove quella materia-bronzo pare esplodere) in fusioni pensate per occupare lo spazio in maniera pervicace e parsimoniosa al contempo. Il bassorilievo doveva regalare a Pomodoro gioie e dolori. Ai tempi andava bene, ma già non benissimo se si pensa alla Tavola dell’agrimensore I, così aggettante, così protesa verso lo spazio esterno ad essa. Così invadente nei confronti del pubblico, ma anche naturalisticamente intesa in quelle volute in bronzo patinato simil-corteccia d’albero. Così velatamente alla Penone.

Arnaldo Pomodoro – Tavola dell’agrimensore – 1958 – bronzo patinato – cm 78×58 – courtesy ABC-ARTE e Fondazione Arnaldo Pomodoro

Dagli anni Ottanta ai Duemila

Cosa hanno in comune Orizzonte IV, Orizzonte V e la Tavola dell’agrimensore I? L’avere non troppo in comune col Murale dell’Alceste (1986) con cui dividono la sala, salto quantico verso un Pomodoro raffinato, patinato quanto il bronzo che va a lavorare. Un Pomodoro alla ricerca di nuove soluzioni espressive all’interno di nuovi sistemi segnici, indecifrabili come artista comanda. Uno scultore che sa creare universi in cui perdersi e pezzi forti come Forze del profondo e del cielo di metà Ottanta (sentimentalmente ancora molto legata alle opere di cui sopra), ma decisamente imborghesito. Ricercato nei progetti, l’Astrolabio del 2011 è un gran pezzo, ma pur sempre imborghesito. Un artista preciso e perfetto, pure troppo, e zero “truce” (virgolettato da “passate il termine e non prendete tutto ciò che si scrive alla lettera”) come in tempi addietro.

De-Rive – installation view – courtesy ABC-ARTE e Fondazione Arnaldo Pomodoro

De-Rive: una nota sulla curatela

È dopo certe riflessioni che si torna a inquadrare il curatore come una figura fondamentale di settore: se sceglie di proporre opere tipo La macchina del tempo (1958), con il suo linguaggio grezzo da saldature e un po’ burriano nei fatti, il pensiero critico non è che di colpo ti si (ri)accende, parte proprio in quarta. Spingendosi in considerazioni magari non condivisibili, ma che comunque vanno oltre la calma piatta offerta da tante proposte espositive poco “ragionate”, o troppo “buttate lì”. E ci si porta a casa una mostra che ha fatto bene il suo lavoro.

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