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Paolo Grassino, il tempo di una guerra perpetua: la mostra alla Galleria Caldirola di Monza
Mostre
Due opere compongono BLAST, la mostra di Paolo Grassino visitabile alla Galleria Maurizio Caldirola di Monza fino al 30 aprile 2025: una scultura monumentale posizionata al centro dello spazio e una serie pittorica che ne abita le pareti. Insieme, danno forma a un dispositivo che interroga la nostra capacità di riconoscere la violenza, il silenzio che la circonda, la memoria che troppo spesso la rimuove.
Guerra è sempre, Edificare
Una struttura compatta di materiali edilizi si addensa in Guerra è sempre, Edificare, opera che nel titolo stesso custodisce un paradosso: si costruisce per raccontare ciò che distrugge. I mattoni, simili a quelli impiegati nell’abusivismo edilizio, riportano incisi i numeri delle vittime dei conflitti armati tra il 2013 e il 2019. Giorno per giorno, Stato per Stato, la materia si trasforma in cifra, archivio, omaggio a un’umanità spesso silenziata e rimossa.
Grassino definisce l’opera un “almanacco della guerra”: un dispositivo che non archivia il passato ma restituisce l’attualità di una guerra perpetua, silenziosa e sempre letale. Il titolo è ispirato a un passaggio de La tregua di Primo Levi, in cui Mordo Nahum risponde così all’illusione della pace:
«Ma la guerra è finita», obiettai.
«Guerra è sempre », rispose memorabilmente Mordo Nahum.
La scultura non solo rievoca ma denuncia, impone una sosta, un confronto e soprattutto un’assunzione di responsabilità.
Ardere
La serie Ardere, realizzata con acrilico e inchiostro su carta, propone un’altra forma di attraversamento. Ispirata all’estetica dei visori notturni in dotazione ai soldati, mette in scena un paesaggio alienato e deformato, fatto di contrasti netti, di luci acide e zone d’ombra. Il punto di vista è quello della trincea: non osserviamo il conflitto dall’esterno ma attraverso gli occhi di chi lo vive.
Le figure umane sono assenti. Restano gli oggetti, le architetture, i relitti: contenitori svuotati di senso, frammenti di realtà mutate dalla violenza. Ardere non documenta, espone le tracce che la guerra lascia dietro di sé: ciò che pur non facendo notizia continua a esistere. Un paesaggio che, seppur inosservato, si sente ancora bruciare.
La guerra non finisce. Cambia forma
Grassino lavora da sempre sul confine tra reale e surreale, tra organico e artificiale, tra forma e trasformazione. Con BLAST avvalora il suo sguardo lucido e visionario: la guerra, più che mostrata, viene intercettata nei suoi residui, nei suoi segni secondari, nei suoi vuoti. È una condizione persistente, che può mutare contesto ma non sostanza.
BLAST è un’esperienza partecipativa di una realtà cruda che, per quanto riteniamo relegata al passato, rappresenta una sfera dell’umano e una condizione di conflitto che perdura da sempre.