11 marzo 2023

I “Profili” di Nello Petrucci in mostra a Villa Tittoni di Desio

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A Villa Tittoni di Desio i “Profili” di Nello Petrucci sono esposti in occasione dell’omonima mostra, a cura di Chiara Canali, fino al 26 marzo

Nello Petrucci, Profili. Villa Tittoni, Desio

Guardando i Profili di Nello Petrucci, esposti in occasione dell’omonima mostra a cura di Chiara Canali inaugurata il 04 marzo negli spazi del museo Giuseppe Scalvini di Villa Tittoni (Desio, MB), l’occhio è come assorbito in un caos calmo, sospeso tra una certa solitudine contemplativa e l’intuizione di una perturbante frenesia metropolitana, che come assopita punteggia le pareti della villa di delizia lombarda risalente alla metà del XVII secolo. Se arrivando dall’esterno e guardando il frontone neoclassico dell’architettura si rimane colpiti dalla serie di statue che vi campeggiano con la loro postura classica e definitiva, una volta varcata la soglia bastano pochi gradini per entrare in uno spazio ogni totalità sembra scomparire. 

Nello Petrucci, Profili. Villa Tittoni, Desio

Non più corpi ma, appunto, ‘profili’: le stesse fisionomie della classicità si frammentano e si saturano, attraversando e lasciandosi attraversare da locandine, manifesti, tracce di slogan e quant’altro si riesca a scovare di quell’alfabeto mediale urbano sempre in divenire. Collage e décollage: così Petrucci smonta, rimonta, preleva e ricostruisce le ramificazioni possibili che può assumere l’immaginario, dove tutto – antichità compresa – può diventare mitologia e icona. Non sorprende allora che nel percorso espositivo gli antichi volti marmorei convivano con altri ‘profili’, ognuno inserito nella propria cacofonia di segni e grammatiche. Da Marco Aurelio al poeta francese del XIX secolo Arthur Rimbaud – che con i suoi versi frantumò a sua volta la realtà nelle infinite possibilità del linguaggio – passando per l’astrofisica Margherita Hack, tra le fondamenta dell’immaginario scientifico contemporaneo, e un giovane Charlie Chaplin svestito del tipico baffo di Charlot, il gesto di Petrucci diventa l’innesco di uno stratificato e complesso cortocircuito orizzontale, dove tempi e figure si confondono, dilatando il proprio mistero. 

Nello Petrucci, Love Park

La mostra Profili offre una testimonianza diretta di come Petrucci, nato a Pompei nel 1981, sbrecci la patina senza pieghe dell’antichità. Uno sguardo, il suo, che scortica e in un certo senso scolpisce il proprio rumore, come se anche i marmi del tempo e della storia diventassero muri di un edificio di periferia, pronti ad accogliere le tracce – i profili – di chiunque passi in quel momento. In questo approccio radicalmente contemporaneo la mitologia incontra allora la fluida disciplina della street art e il glamour olimpico del divismo cinematografico, come evidenzia il critico e curatore Luca Beatrice, nel testo introduttivo del catalogo edito da SilvanaEditoriale: «In verità mi piace pensare che i Profili di Nello […] siano la continuazione attuale di quel pantheon di celebrità inscenato da Warhol negli anni dopo e passato al setaccio della Street Art, il cui sfondo è sempre un muro cittadino sbrecciato, ricoperto di manifesti a pezzi e brandelli».

Le immagini dell’artista sembrano sfuggire, perché quella dell’immaginario è un’anatomia difficile da sezionare, un corpo opaco di cui ne si può intuire la superficie vibrante a patto di porsi ‘alla giusta distanza’. Interessante a tal proposito è la tecnica attraverso cui l’artista rende visibile le architetture instabili di collages, decollages e stampe che caratterizzano la mostra di Villa Tittoni: si tratta dell’halftone – stampa a mezzatinta – attraverso cui rimane visibile a occhio nudo il retino fotografico delle immagini, distillate in una maglia di puntini a metà tra cellule organiche e bit digitali. Come sottolineato dalla curatrice Chiara Canali, è obbligatorio il riferimento al sociologo e teorico dei media Marshall McLuhan, che nel suo testo seminale Understanding Media: The Extensions of Man (1964) definisce l’halftone come medium freddo, con la sua bassa definizione che implica un alto coinvolgimento dell’utente.

Nello Petrucci, Margherita, 2022

Canali continua dicendo che «sia per i profili recuperati dalla classicità sia per i soggetti provenienti dal cinema, Nello Petrucci ha volutamente individuato e scelto la tecnica dell’halftone proprio per questa sua caratteristica di essere a bassa definizione, opaca, discontinua, composta da unità discrete tra le quali sono visibili degli interstizi».

Ognuno è chiamato a colmare le lacune, ponendosi ‘alla giusta distanza’. Se osservate da troppo vicino, le immagini in halftone possono infatti confondersi e confondere, eppure chiamano il visitatore a un’attenzione particolare, ancor più giustificata nel momento in cui si scopre che le stampe installate ora sulle pareti della villa nobiliare sono tutte nate in origine negli interstizi e negli angoli architettonici di alcune città: è il caso, ad esempio, di Red Zone, apparsa a Pompei in cui un gruppo di figure della classicità erra sulla superficie di Marte in compagnia di una sonda rover; oppure di Attese, comparso a Miami, in cui Petrucci fa riferimento alla complessa vicenda giudiziaria e mediatica di Chico Forti, tuttora incarcerato negli Stati Uniti, che viene immortalato mentre aspetta un tabellone di voli – tutti cancellati – per ritornare a Roma. 

I profili e le figure di Petrucci vengono dalla strada caotica del Tempo (con la T maiuscola). A Villa Tittoni si lasceranno intravedere fino al 26 marzo, anche se, come in Red Fish – immagine in mostra che è anche locandina del progetto – sembrano essere colti velocemente nell’atto di fuggire.

Nello Petrucci, Supreme, 2021

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