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Il ritorno di Darren Almond a Napoli: una storia raccontata in due atti
Mostre
Le mostre Songbirds and Willows da Alfonso Artiaco e Rags negli spazi barocchi del Museo Cappella Sansevero nascono dalla necessità di non poter esibire questo nuovo corpus di lavori in nessun altro luogo se non a Napoli. Darren Almond, partendo da due fonti di ispirazione – gli stracci utilizzati dal pittore britannico Lucian Freud per pulire i pennelli e il sudario del Cristo velato del Sanmartino – descrive una storia dove la materia sospende vita e morte, innestandosi perfettamente nel discorso lasciato interdetto dal Principe di Sansevero, che affidò proprio alla morte e al suo monumento funebre il compito di raccontare la grandiosità della vita.

Credits ph. Andrea Salzillo per Rive Studio
Rags al Museo Cappella Sansevero è una mostra coraggiosa che riesce perfettamente nel suo intento di far dialogare arte contemporanea e barocco napoletano. Si compone di sei grandi tele installate su piedistalli mobili: quattro orizzontali chiamate landscapes e disposte nelle cappelle laterali della navata, e due verticali definite portraits poste sull’altare maggiore. Almond presenta per la prima volta in Italia i lavori nati dalle sue visite allo studio del pittore inglese Lucian Freud a Londra nel 2019. Stracci e tessuti intrisi di pittura sono ciò che resta della vicenda artistica e umana di Freud dopo la sua scomparsa nel 2011, e che riescono, catturati dalla lente fotografica di Almond puntata sulle pieghe ed i rigonfiamenti della stoffa biancastra, a eludere ogni separazione tra stoffa e corpo, materia viva e gli oggetti inanimati.
Gli stracci di lavoro di Freud, che spesso fanno da sfondo ai suoi capolavori, diventano qui sineddoche dell’artista stesso e assumono una nuova linfa vitale grazie alle sporadiche pennellate di pittura perlacea e rosata apposte da Almond sulla superficie delle tele. È interessante infatti notare come Almond riesca a tramutare una pila di stracci sporchi in qualcosa in grado di catturare l’essenza dell’artista, al di là del tempo reale, abbracciando invece del tempo vitale rimasto intrappolato tra le pieghe di tessuto. In aggiunta, la plasticità scultorea creta dal gioco di luci e ombre degli stracci – “rags” in inglese – si inserisce in un dialogo a tre con le sculture del Corradini e del Sanmartino. Se nella Pudicizia di Andrea Corradini vi è il tentativo di sottolineare una vicinanza tra velo e corpo seppur con una netta distinzione, nel Cristo di Giuseppe Sanmartino «la carne…si confonde e si disfa nel velo del sudario, e la figura raggiunge effetti di intenso patetismo». Quello che Almond ricrea è una dimensione emotiva, rievocando la sensazione provata durante la sua prima visita in cappella nel 2019, e al contempo religiosa, dove le tele verticali sull’altare diventano “angeli” tra angeli marmorei e parte di un polittico più ampio che continua nella galleria Alfonso Artiaco.

Courtesy: Alfonso Artiaco, Napoli
Photocredit: Grafiluce
Ad accogliere il visitatore nella prima stanza della mostra Songbirds and Willows c’è l’imponente dittico The Eucharist (2024). Rimando all’Ultima Cena davinciana per forma e orientamento, l’opera ci introduce alle tematiche centrali dell’arte di Almond: ciclicità del tempo e interconnessione di tutte le cose. I rags esposti in galleria sono però più terrosi, e la palette utilizzata ricorda quella degli ultimi quadri di Freud fatti di bianchi, marroni e grigi e che proprio per questo Freud stesso accostava ai colori di un uccello canterino. Il titolo di queste opere è quindi “songbirds” e nasce dalle parole pronunciate da David Dawson, ultimo assistente di Lucian Freud, che vide per primo le opere nello studio di Almond. Propriamente illuminate nel white cube della galleria, gli stracci assumono una profondità concettuale sconcertante dallo spiccato carattere rococò.
I temi della mortalità, memoria, e ciclicità dei processi naturali ricorrono anche nei Willows Works esposti nelle sale successive. È questo un corpus di opere nella quale la ciclicità delle stagioni e il passar del tempo assume la forma di tele imbevute di colore acquoso e rami di salice sospesi. Altro leitmotiv nell’opera di Almond è lo zero, punto di fuga prospettico e simbolo dell’infinito, qui nascosto sotto le colature di colore. La mostra si conclude con quella che l’artista chiama “la mia cappella”, una stanza minore dove dittici preziosi in oro e palladio raccontano della rinascita della natura, dell’infanzia trascorsa a pescare negli stagni della campagna inglese, e della luce che rimbalza sulla tela come sull’acqua situando le opere in un tempo presente.

Courtesy: Alfonso Artiaco, Napoli
Photocredit: Grafiluce

79 x 57 x 6 cm (in due parti) 35 x 50 x 3 cm (ciascuna)
ph: Grafiluce