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Fino al 29 giugno 2025, Palazzo Reale ospita Art Déco. Il trionfo della modernità, a cura di Valerio Terraroli, un percorso all’interno delle atmosfere di sogno e l’allure di glamour e fascino, misto a un tocco di fragilità, tipici degli Anni Venti e Trenta. A cento anni dall’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, che ne ha decretato il trionfo nel panorama artistico e non solo, nonché il successo dell’arte decorativa italiana, la mostra diventa l’occasione per riscoprire l’eleganza scintillante e ruggente dello Stile 1925.


Un’ampia selezione di oggetti ricostruisce quel clima di straordinaria originalità e incanto: tra creazioni di grandi maestri italiani e lo charme di ville borghesi, hotel di lusso, transatlantici e stazioni ferroviarie – fra tutti il capolavoro del Padiglione reale della stazione centrale di Milano, emblema di progresso e originalità, celebrato in una sezione complementare alla mostra – è possibile osservare alcuni esempi di quel decorativismo che esploderà nel primo dopo guerra. Materiali preziosi, tecniche straordinarie e creatività senza confini sono i principali ingredienti che hanno reso queste produzioni simboli di eccellenza e innovazione, decretando l’affermazione del Made in Italy e riscattando finalmente il ruolo delle arti decorative, veicolo di un gusto rivolto a tutti.
La multimedialità accompagna il visitatore attraverso quattordici ricche sezioni che ripercorrono le fasi più importanti dell’Art Déco, dalla sua genesi allo sviluppo più maturo, per raccontare di una stagione brillante seppur fugace. Piu di 250 opere, grazie alla collaborazione con realtà museali e collezioni private, ne rievocano i tratti principali ma anche le inesorabili tensioni. Esempi di attraente avvenenza, di accurato eccesso ornamentale e appariscenza (accessoria) propri di un gusto estetico internazionale che ha unito la tradizione ai nuovi linguaggi figurativi delle avanguardie, in forme di artigianato artistico e produzione industriale. Tra porcellane, dipinti e sculture ma anche arredi, mosaici, alta oreficeria e vetrate, con qualche esemplare di abito haute couture ed accessori da Palazzo Morando, siamo in costante bilico tra manifestazioni di straordinaria bellezza Style Moderne e un senso di smarrimento ed incertezza.



Protagoniste indiscusse le preziose manifatture, soprattutto italiane, che dialogano con frame cinematografici, riproduzioni di manifesti e riviste, fotografie storiche e installazioni multimediali. Sono le invenzioni per la Richard-Ginori di Gio Ponti, fra cui il magnifico vaso La casa degli efebi operosi e neghittosi, le opere ideate da Tomaso Buzzi, Paolo Venini e Galileo Chini – monumentale lo studio preparatorio per i dipinti delle Terme Berzieri – ma anche esemplari dell’artista del vetro Vittorio Zecchin, del maestro ebanista Ettore Zaccari e dell’orafo Alfredo Ravasco. Una generazione di artisti, artigiani, architetti e designer che hanno sancito la nascita del design italiano, raccontanti accanto ad altri esempi francesi e austro-tedeschi. Dopo le prime sezioni di introduzione ed alcuni approfondimenti legati allo sviluppo e alla maturazione del linguaggio déco – affascinante in particolare il ritratto di Wally Toscanini di Alberto Martini– il percorso si focalizza sull’esotismo, una vivida fantasia dell’immaginario di quegli anni, con le produzioni di Alfredo Biagini e Sirio Tofanari, nonché lo splendido mosaico di Jouve, che ritrae una pantera impegnata in una lotta mortale con un pitone. Spazio anche alla distorta visione colonialista delle civiltà africane, con i disegni di Paul Colin o Africa nera di Louis Bouquet, al fascino per l’oriente, come nel Corteo di Francesco Nonni, e alla cultura slava nelle atmosfere del Ballets Russes di Sergej Djagilev. Infine, l’antico e la mitologia presenti in diversi pezzi, tra cui la serie Venatoria di Gio Ponti, le ciste decorate con La conversazione classica e il Trionfo dell’Amore e della morte, o Le mie donne, con ironici nudi femminili sospesi su corde. E così, tra esempi straordinari di eleganza scintillante ma a tratti anche cinica, proprio come lo sguardo seducente della Dame en bleu di Jaro Hilbert, si arriva all’apice – il Centrotavola per le Ambasciate o la favolosa Wunderkammer déco con vetri di Zecchin e di Barovier e opere in oreficeria – e all’inesorabile fine dell’Art Déco.
È il trionfo di orpelli decorativi, forme rigorose, motivi astratti, linee e geometrie declinate all’uso di materiali lussuosi ed esotici, con una palette di colori vivace e lavorazioni che conferiscono alla produzione, agli oggetti e agli ambienti in mostra un aspetto sofisticato e di grande impatto. Un viaggio per raccontare di come l’Art Déco sia riuscita, seppur per un breve lasso di tempo, ad influenzare e definire in modo pervasivo ogni sfera della vita, con il desiderio di vivere con dissolutezza e gettare alle spalle le ombre della guerra. In ogni sala racconta l’entusiasmo del progresso in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni, espressione libera e disinvolta di modernità e adesione a tutto ciò che è nuovo, splendido e mondano. L’esaltazione di un ideale, una vivida illusione, per ciò che era e non è più, per ciò che sarebbe potuto essere, per ciò che probabilmente non è mai stato.
Non che oggi siamo tanto distanti da allora, smarriti tra manifestazioni di raffinatezza e di sogno, alla disperata ricerca di atmosfere attraenti in cui rifugiarci, ammaliati da finte lucentezze, nascosti in una patina di eleganza. Prodomi di quella cultura del pop ancora in vita, folgorata da luci, colori e superfici fredde ma accattivanti, che danno valore a motivi vuoti e un po’ frivoli capaci però di distrarre ed addolcire la vita. La storia di un linguaggio, una riforma estetica del mondo o anche solo un semplice fenomeno di gusto, o del gusto, in una mostra che è la celebrazione di un’epoca intera.



Buonasera,dalle foto sembra un allestimento di grande gusto e attenzione.
Complimenti
Deve essere molto bella e interessante questa mostra