14 febbraio 2025

La mostra di Tarek Atoui a Milano è un paesaggio che suona all’improvviso

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In natura gli accadimenti accadono senza preavviso: è quello che ci ricorda l’artista-compositore libanese con Improvvisation in 10 Days, la sua prima personale italiana ospitata fino al 20 luglio 2025 in Pirelli HangarBicocca

Tarek Atoui “Improvisation in 10 Days” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025 Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Rasa Juskeviciute

In maniera inconsueta la mostra Improvvisation in 10 Days dell’artista libanese Tarek Atoui (Beirut, 1980), ospitata a Milano presso Pirelli HangarBicocca e a cura di Lucia Aspesi, ritrova in uno dei soggetti più tradizionali dell’arte l’espediente per una novità. Sembra non fare altro che esporre un paesaggio, ricercando le impalpabili dinamiche della natura che agiscono sotto silenzio. Un paesaggio rimane, pertanto, un paesaggio se sfrutta le facoltà di una dialettica viva tra scultura e musica; tra le azioni dei quattro elementi e l’installazione di innovativi strumenti capaci di dare voce, con il favore del suono, all’armonia delle trasformazioni in atto. Attingendo dal suo background da pedagogista, Atoui si interroga sull’atto dell’ascolto e legge il tono musicale come un linguaggio di apprendimento. Relativo al progetto Witnin (2013-in corso) in mostra è presente Souffle Continu. Un insieme che, se da un lato, reinventa l’organo tradizionale (Organ Within, 2022), dall’altro, veicola le proprietà “musicali” dell’aria in stanze del vento che ne modellano il flusso e permettono la percezione del suono, ora plasmato dalla medesima struttura espositiva (Wind House, 2023-24). Non è un caso che l’artista si sia formato al Conservatoire à Rayonnement Régional di Reims, dove studia musica contemporanea ed elettronica. Giusto per riscoprire spunti dall’opera di John Cage, oppure per approfondire uno dei suoi interessi primari come, ad esempio, la relazione possibile tra il suono e il corpo, tra la musica e il pubblico, da sempre parte attiva delle sue opere.

Tarek Atoui
“Improvisation in 10 Days”
Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca,
Milano, 2025
Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca,
Milano
Foto Rasa Juskeviciute

Sta di fatto che la sperimentazione, il workshop e la collaborazione con diversi musicisti sono alla base del suo operato. Waters’ Witness (2020-23) lo dimostra. Si tratta di un progetto nato da una ricerca condotta assieme ai compositori Eric La Casa e Chris Watson in diversi porti del mondo. Luoghi in cui l’artista ha registrato con microfoni ambientali e subacquei, per poi arrivare a indagare il tema dell’acqua mediante l’installazione di elementi scultorei quali il marmo, il metallo e la ceramica. Cos’è, insomma, la sperimentazione se non un’altra modalità di “racconto”? Un racconto fatto di immagini e oggetti, strutture e suoni, in grado di dare forma alle diverse realtà culturali, rurali, ecologiche e storiche del mondo che ci circonda. Il marmo e gli altri materiali assumono pienezza simbolica nella loro capacità di rimando, mentre l’aria, l’acqua, la terra e il fuoco rivelano le loro proprietà performative. La loro energia, così ben testimoniata nel corpus in The Rain (2023-in corso). In questo caso, durante un viaggio in Corea del Sud, Atoui ha prodotto diversi strumenti in ceramica, porcellana e hanji, una carta tradizionale coreana. L’acqua ribolle, le membrane dei tamburi vibrano se soggette al flusso dell’aria o se il riscaldamento altera la tensione della pelle. Tutti sommovimenti quasi inafferrabili, ma uditivi e agenti in maniera al fine dirompente. Improvvisi, in una sola parola, come improvvisa è la variazione di un brano musicale. Così lo spazio si riconfigura, idealmente in dieci giorni, attraverso opere in cui «non c’è inizio e non c’è fine», afferma l’artista, ma «un ciclo in costante trasformazione».

In natura, infatti, che ci piaccia o meno, le cose accadono, e molte volte non vi è alcuna possibilità di controllo su di esse. Quel che possiamo fare è decidere se rimanere passivi, oppure se porci in ascolto cercando di cogliere quella melodia estemporanea che, di tanto in tanto, viene offerta. Quel che accade, dunque, è all’improvviso e senza avvertimenti. I tre gruppi installativi, così freddi e così tecnici ad un primo colpo d’occhio, allontanano, tuttavia, la malizia apatica di un’osservazione indifferente e cercano l’innesco, lo scatto di una reazione fisico-percettiva per una nuova conoscenza.

Tarek Atoui
“Improvisation in 10 Days”
Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca,
Milano, 2025
Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca,
Milano
Foto Rasa Juskeviciute

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