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Anche il cinerino autunno di Londra potrà essere un po’ più colorato: dal 21 novembre 2025, il Design Museum aprirà le porte a uno degli immaginari più riconoscibili e iconici del cinema contemporaneo, con Wes Anderson: The Archives, una mostra che condurrà il pubblico lungo i binari simmetrici del regista texano, in un percorso dalle tonalità pastello che ne ripercorre i 30 anni di carriera. Scandita da oltre 600 oggetti, molti dei quali esposti per la prima volta nel Regno Unito, la mostra è organizzata in collaborazione con la Cinémathèque française e rappresenta la prima vera retrospettiva museale dedicata all’opera di Anderson che però ha già una “discreta” esperienza da curatore, come per il Bar Luce alla Fondazione Prada di Milano e il Sarcofago di Spitzmaus al Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Arrivato al grande pubblico alla metà degli anni Novanta come enfant prodige del cinema indie con Bottle Rocket (1996), Wes Anderson ha saputo condensare il suo stile, fatto di inquadrature perfettamente centrate, colori desaturati, personaggi eccentrici e un’estetica nostalgica, in un linguaggio cinematografico diventato oggetto di culto e fenomeno virale. La mostra londinese intende esplorare proprio questa grammatica visiva così coesa e riconoscibile, raccontando la costruzione artigianale dei suoi mondi, tra cinema, design, moda e illustrazione.

Al centro dell’esposizione vi è un accesso senza precedenti agli archivi personali del regista, costruiti nel corso di tre decenni: storyboard originali, appunti scritti a mano, schizzi, polaroid, dipinti, modelli in miniatura, costumi e oggetti di scena che hanno dato forma alla poetica andersoniana. Fra i pezzi forti: la motocicletta giocattolo di Fantastic Mr. Fox (2009), il kit da boy scout di Sam Shakusky in Moonrise Kingdom (2012), le creature marine in stop motion de Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2004), la pelliccia FENDI indossata da Margot Tenenbaum – Gwyneth Paltrow in I Tenenbaum (2001), le vending machine di Asteroid City (2023) e, naturalmente, il celebre modellino rosa confetto del Grand Budapest Hotel (2014).

Oltre al feticcio dell’oggetto, l’allestimento celebra la dimensione processuale del fare cinema: bozzetti preparatori, maquette, materiali di lavorazione che testimoniano l’utilizzo si tecniche tradizionali, in particolare quelle legate all’animazione in stop motion, mettono in luce l’ossessione per il dettaglio e la componente artigianale che attraversa tutta la filmografia di Anderson. Non mancherà, per gli appassionati della prima ora, la proiezione del cortometraggio Bottle Rocket (1993), la prima incursione cinematografica del regista.

L’allestimento sarà accompagnato da un volume-catalogo, Wes Anderson: The Archives, curato da Johanna Agerman Ross, Matthieu Orléan e Lucia Savi, con un’intervista esclusiva ad Anderson e una ricca selezione di materiali d’archivio — dai taccuini ai disegni, dalle fotografie ai props — che svelano l’anatomia visiva e concettuale dei suoi film.