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In un tempo in cui l’insegnamento della storia dell’arte sembra destinato a essere marginalizzato nei programmi educativi e in cui la pratica pittorica è sottoposta a un radicale processo di trasformazione sulle nuove vie del digitale, la mostra Maestri d’arte. Pittura in Accademia, visitabile dal maggio al 7 giugno 2025 presso la nuova sede di Roma della Galleria Lombardi Project, intende aprire una riflessione sulla trasmissione del sapere artistico attraverso la didattica, la prassi e la memoria collettiva.
La mostra, curata in dialogo con la direzione di Luca Gismondi e accompagnata da un testo di Dario Evola, docente di Estetica all’Accademia di Belle Arti di Roma, riunisce le opere di artisti che, oltre ad aver segnato la storia dell’arte italiana del Novecento, hanno anche contribuito alla formazione di generazioni di nuovi sguardi: Marcello Avenali, Ennio Calabria, Giuseppe Capogrossi, Mario Ceroli, Gianni Dessì, Piero Dorazio, Renato Guttuso, Antonio Passa, Giulio Turcato, Vincenzo Scolamiero, Alberto Ziveri.

Con questa collettiva, la Galleria Lombardi Project – fondata da Lorenzo ed Enrico Lombardi in collaborazione con Roberta Avenali Dugoni – inaugura il nuovo spazio in Via di Panico 13, a due passi da Piazza Navona, consolidando così la propria presenza nella capitale insieme alla sede storica di Via di Monte Giordano e a quella milanese.

Il progetto espositivo mette al centro l’idea che l’insegnamento artistico, oltre a essere un canale di trasmissione tecnica, possa attivare anche modalità critiche di costruzione del pensiero visivo. Come ricorda Evola nel suo saggio in catalogo, «La funzione delle Accademie di Belle Arti sviluppa, per tre secoli nell’Europa moderna, un particolare sapere fondato sulla operatività artistica, dove la prassi corporea delle arti diventa capacità di forma del possibile, fino all’attuale collocazione degli Istituti nell’Alta formazione artistica, formazione terziaria avanzata. Particolarmente significativa è la storia delle Accademie di Belle Arti europee come laboratori di formazione dell’artista, dello sguardo operativo, parte fondante della formazione delle a cultura e dei valori etici occidentali». Ed è anche, inevitabilmente, una storia di relazioni tra maestri e allievi.

Nel percorso della mostra convivono astrattismo e figurazione, linguaggi post-concreti e vibrazioni informali. Ma ciò che tiene insieme queste voci è la tensione comune verso l’atto formativo, inteso come gesto di responsabilità intellettuale e politica. Dalla forza gestuale di Capogrossi all’umanesimo critico di Guttuso, fino alle visioni più liriche o analitiche di artisti come Passa o Scolamiero, ciò che emerge è un’idea di arte come veicolo di sapere incarnato e condiviso.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo, con un testo critico di Ilaria D’Ambrosi, che riproduce 20 opere che rappresentano un panorama dell’arte degli anni Sessanta e Settanta.