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A Napoli, il Museo del Tesoro di San Gennaro accoglie Per Grazia Ricevuta – Visioni contemporanee dell’Ex Voto, un’affascinante esplorazione del tema votivo attraverso i linguaggi della contemporaneità. Curata da Alberto Mattia Martini e prodotta da D’Uva, la mostra, visitabile fino al 30 settembre 2025, espande e rinnova il progetto già presentato a Milano con nuove opere. Fulcro simbolico dell’esposizione è il monocromo blu di Yves Klein, donato dal grande artista nel 1958 al monastero di Santa Rita da Cascia e ora eccezionalmente esposto nella Sacrestia della Cappella, in dialogo con i dipinti di Luca Giordano. Un blu immenso e silenzioso che, nella penombra barocca, amplifica il suo richiamo al trascendente.

Una coralità di visioni
Con oltre 120 artisti coinvolti — da Mimmo Jodice a Michelangelo Pistoletto, da Mimmo Paladino a Igor Mitoraj, passando per autori come Giulia Piscitelli, Antonio Biasucci e Roxy in the Box, Andrea Mastrovito, Robert Pan, Nicola Samorì, Vedovamazzei, Giovanni Frangi, Maurizio Galimberti — la mostra si configura come una grande riflessione collettiva sulla fragilità umana, la malattia, la morte e la possibilità della rinascita. Attraverso pittura, scultura e installazione, l’ex voto viene ripensato come simbolo esistenziale, capace di parlare tanto al credente quanto al laico.

«Nella mostra – afferma il curatore – la tradizione antica si fonde con nuovi linguaggi e forme espressive contemporanee. L’oggetto votivo, da materia, si fa emblema del rapporto con altre dimensioni e affronta questioni delicate come la malattia, la morte, la rinascita: un simbolo che diviene mezzo per esprimere emozioni universali o narrazioni individuali».

Il concetto della speranza, oltre il sacro e il profano
Gli ex voto — che Georges Didi-Huberman descrisse come «Forme capaci di sparire e riapparire nel tempo» — riaffiorano qui con una forza rinnovata. Sin dalle impronte delle mani nella grotta di Pech-Merle in Francia, passando per le tavolette dipinte dell’antica Roma, fino alla tradizione cristiana medievale, la pratica votiva ha sempre costituito un ponte tra visibile e invisibile, tra uomo e destino.

In questo contesto, il Museo del Tesoro di San Gennaro — luogo che da oltre sette secoli custodisce offerte votive di papi, sovrani e aristocratici — diventa un palinsesto in cui le opere contemporanee si stratificano accanto ai tesori storici, generando un intreccio di memorie, domande, speranze.

Lungo il percorso museale, dalla Cappella alle antiche Sacrestie, fino alle sale espositive, la mostra propone un allestimento che richiama l’accumulo emozionale dei luoghi di culto. I lavori degli artisti si susseguono come tappe di un pellegrinaggio laico, componendo una polifonia di stili, materiali e visioni che interrogano il visitatore sul proprio rapporto con la fragilità, il desiderio di protezione, la speranza.

Ogni opera diventa così un’offerta contemporanea non a un dio determinato ma al concetto stesso della salvezza, al bisogno insopprimibile di lasciare traccia di sé e delle proprie invocazioni.
