16 ottobre 2020

VADO AL MASSIMO. Cronache dall’Italia postmoderna – Galleria Astuni

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Una manciata di artisti in una collettiva dove si trovano spunti di riflessione per rivivere e calarsi in quegli anni in cui l’entusiasmo e l’energia della vita “andavano al massimo"

Veduta parziale della mostra. Foto Michele Alberto Sereni

Un tuffo negli anni ’80, attraverso le opere di Stefano Arienti, Alighiero Boetti, Maurizio Cattelan, Francesco Clemente, Cuoghi Corsello, Riccardo Dalisi, Gino De Dominicis, Daniela De Lorenzo, Massimo Iosa Ghini, Missoni, Aldo Mondino, Nunzio, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Salvo, Oliviero Toscani, Antonio Trotta, è ciò che accade percorrendo lo spazio della Galleria Astuni, dove è in mostra, fino al 19 dicembre 2020, “Vado al Massimo. Cronache dall’Italia postmoderna” a cura di Luca Beatrice.
È una energia vitale, esplosiva e creativa che caratterizza l’arte degli anni ottanta, già in fermento dalla fine degli anni ’70 con la nascita della Transavanguardia. Una grande voglia di cambiamento è nell’aria, nonostante le stragi terroristiche e naturali, desiderio di innovazione, di influssi culturali, di apertura, di entusiasmo e fiducia come dimostra il titolo dell’album di Vasco Rossi del 1982 Vado al massimo, scelto dal curatore come titolo della mostra in omaggio al cantante emiliano. Lo dimostrano i concerti di artisti stranieri, ma anche i successi sportivi con la vittoria dei mondiali dell’Italia nel 1982 e della Formula 1. In questo clima si sviluppano e fioriscono le più svariate espressioni artistiche, già maturate nel corso degli anni settanta, ma ora giunte a compimento, di cui è possibile prendere visione durante il percorso espositivo.

Aldo Mondino, Vado al Massimo – Galleria Astuni, foto Michele Alberto Sereni

Gli artisti selezionati documentano le più differenti riflessioni sull’arte e sulla società. Arte, moda, architettura, scultura i mezzi espressivi presenti e utilizzati dagli artisti.
Ad accogliere lo spettatore le creazioni multicolore di Missoni, un tappeto e un abito dalle linee e tinte inconfondibili, realizzate con preziose tessiture. Spostando lo sguardo, Paladino con tre opere iconiche e rappresentative della sua poetica, seppur in alcuni tratti innovativi. Maggior portavoce è la tela Selvatico Selvaggio del 1980, in cui l’artista rappresenta, attraverso i più svariati materiali, sulla scia dell’informale, una sagoma iconica dalle linee umane e animali.

La parete dedicata a Maurizio Cattelan. Foto di Michele Alberto Sereni

Un Cattelan diverso dal suo inconfondibile stile, ma sempre irriverente e provocatore è presente con le opere sulla parete a lui dedicata. Esempio rappresentativo è Cuore, pezzo di ricambio, 1988, realizzato con un pezzo di cartone Alfa Romeo a forma di cuore, tagliato, bucato e tenuto insieme da un pezzo di nastro adesivo. L’uso di svariate tecniche, le frasi, le riflessioni riportano lo stretto legame con la società e con tutto ciò che in quegli anni ne richiamava l’attenzione. Del torinese Aldo Mondino presente la serie dei cinque sultani, Murad I (1359 – 1389), Abdul Mejid (1839 – 1861), Osman II (1618-1622), Mustafa I (1617 – 1618) e Murad V (1876), ciascuno ricordato per una particolare caratteristica con cui ha vissuto, come ad esempio l’avarizia e la mancanza di senno. L’opera Jugend Stilo, 1992, è un meravigliosa scultura/lampadario realizzata con penne bic, ancorate alla struttura del lampadario, che conferiscono all’ambiente una luce soffusa grazie alla loro trasparenza. Jugend Stilo furono presentati per la prima volta alla Biennale di Venezia, curata da Achille Bonito Oliva, nel 1993 e testimoniano la riflessione dell’artista sul contrasto e la coesistenza nel reale tra oggetti industriali quali le penne e oggetti tradizionali quali il lampadario.
Le opere di Ontani, visionarie e oniriche risaltano per particolarità e originalità. La statua, Pio tempio d’empio tempo, 1986, sulla porta d’ingresso della galleria, introduce nel percorso espositivo. Realizzata in marzo e bronzo unisce in sé modelli classici, alludendo alle tre fasi del tempo, presente, passato e futuro, rappresentati con volti di differenti età.
Le sculture di Trotta dominano lo spazio espositivo. Lampadario e Sasso (1989-2002) enfatizzano la poetica dell’artista, teso a creare lo spazio, a ridefinirlo, a viverlo, attribuendo forte vitalità agli oggetti, all’inanimato.
La diversità delle opere presenti, l’eccletticità degli artisti in mostra, le diverse tecniche utilizzate, come le fotografie e le copertine di moda firmate da Olivero Toscani, la reinterpretazione del mondo nella poetica di Boetti nella sua opera Fregio (avere un’insicura confusione nella mente…), 1989, il rimando al mito con le opere di Paolini, di cui in mostra Empedocle, 1980, sono solo alcuni dei molteplici spunti di riflessione per rivivere e calarsi in quegli anni in cui l’entusiasmo e l’energia della vita “andavano al massimo”.

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