27 gennaio 2025

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 27 gennaio al 2 febbraio

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 27 gennaio al 2 febbraio, in scena nei teatri di tutta Italia

BBL Boléro © Admill Kuyler

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 27 gennaio al 2 febbraio.

Teatro e danza

Béjart Ballet Lausanne a Lugano

Il LAC di Lugano omaggia il grande maestro Maurice Béjart a diciotto anni dalla sua scomparsa, ospitando la compagnia Béjart Ballet Lausanne (l’1, e il 2 febbraio doppia replica ore 14 e 19), con un programma diviso in tre parti. Il celebre ensemble, che dal 2024 si avvale della direzione artistica di Julien Favreau, presenterà tre balletti: Bye bye baby blackbird, creato dal coreografo olandese Joost Vrouenraets appositamente per l’ensemble losannese, è un dialogo intimo di luci e ombre che sulle note del cantautore statunitense Johnny Cash si interroga sull’intensità dei legami e sull’ultimo volo che si avvicina; Béjart et nous, medley che omaggia l’arte coreografica di Béjart, e Boléro, coreografia che rese celebre il coreografo belga, che seppe coniugare danza e musica in un’atmosfera colma di erotismo, facendosi ispirare dalla musica di Maurice Ravel. A Lugano la solista del Boléro sarà una danzatrice.

Fin dalla sua creazione, avvenuta nel 1987, Béjart Ballet Lausanne è un punto di riferimento nel mondo della danza. Dopo la scomparsa del suo fondatore, la compagnia preserva la sua eccellenza artistica e la sua memoria coreografica esibendosi in tutto il mondo, dove riceve un’accoglienza trionfale.

BBL Bye bye baby blackbird © Gregory Batardon Mézières

Darwin, Nevada, un racconto di frontiere, spostamenti e migrazioni

Nei sondaggi effettuati da Gallup, all’inizio degli anni 2000, alla domanda “da quanto tempo l’uomo si trova sulla terra?”, il 45% degli americani ha risposto che è stato creato nella sua forma attuale circa 10.000 anni fa. Un ulteriore 40% ha sostenuto invece che si è evoluto nell’arco di milioni di anni da forme di vita meno avanzate, ma sotto la guida di Dio.

Nello stesso periodo, nel 2001, venivano rubati dalla biblioteca di Cambridge i preziosi quaderni di Charles Darwin, i taccuini in cui lo scienziato aveva iniziato ad annotare le riflessioni che lo avrebbero condotto a formulare la teoria dell’evoluzione. Vent’anni dopo, nel 2022, i quaderni venivano misteriosamente restituiti, in una busta, con su scritto “Librarian/HappyEaster/x”.

Chi ha rubato (o preso in prestito…) i preziosi libriccini, frutto di un viaggio di 200 anni fa, dalla Patagonia alle Galapagos, che diedero origine a una delle più controverse rivoluzioni scientifiche? Darwin, Nevada è un racconto di frontiere, di spostamenti e migrazioni, di piaceri e preziosi frammenti di storia della scienza, di conflitti e cambiamenti in corso. Intrecciando i loro linguaggi, Matthew Lenton e Marco Paolini danno vita a una storia del presente, di cui Charles Darwin è il carburante, i personaggi sono il motore e i paesaggi sono il telaio e la carrozzeria.

DARWIN NEVADA, Paolini, Lenton, foto Masiar Pasquali

“Darwin, Nevada”, un progetto di Marco Paolini, regia Matthew Lenton, da un’idea di Niles Eldredge, James Moore, Francesco Niccolini, Marco Paolini, Telmo Pievani, Michela Signori, con Marco Paolini e con Clara Bortolotti, Cecilia Fabris, Stefano Moretti, Stella Piccioni, drammaturgia Marco Paolini, con la collaborazione di Francesco Niccolini e Telmo Pievani, dramaturg Teresa Vila, scene e costumi Emma Bailey, luci Kai Fischer, sound design Mark Melville. Coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro Stabile di Bolzano, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Vanishing Point, Jolefilm, in collaborazione con La Fabbrica del Mondo. A Milano, Teatro Strehler, fino al 16 febbraio.

Intrappolati nello zoo di vetro

Capolavoro assoluto della drammaturgia americana firmata Tennesse WilliamsLo zoo di vetro nella versione firmata da Pier Luigi Pizzi, vede protagonista Mariangela D’Abbraccio. Opera attraversata dalla nostalgia con protagonista anime fragili, Lo zoo di vetro è un testo d’impronta autobiografica e primo successo teatrale del drammaturgo statunitense. Si racconta la vita della famiglia Wingfield nell’America degli anni Trenta. Una storia familiare i cui protagonisti si muovono intrappolati nel loro simbolico zoo di vetro, che diventa anche nostro. Sogni, paure, rimorsi, oppressione, illusioni: i sentimenti e le parole dei personaggi arrivano come un’onda dal profondo delle anime e attraversano il cuore.

Amanda, da tempo abbandonata dal marito, vive con i due figli, Laura e Tom. Laura, ragazza timida e claudicante a causa di una malattia che la rende introversa, vive chiusa in un mondo di illusioni. Tom, che tenta senza successo di diventare un poeta, è costretto a lavorare in una fabbrica di scarpe per mantenere madre e sorella. Per sfuggire alla noiosa e banale quotidianità e anche alla morbosa presenza della madre, si rifugia al cinema a tutte le ore della notte, per cercare conforto nelle storie e nelle avventure proposte dal grande schermo. Senza marito, Amanda è costretta ad affrontare le difficoltà che derivano dal desiderio di assicurare un futuro sereno ai suoi figli.

Lo zoo di vetro CAST – ph Michele Crosera

“Lo zoo di vetro”, traduzione Gerardo Guerrieri, regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi, con Mariangela D’Abbraccio, Gabriele Anagni, Elisabetta Mirra, Pavel Zelinskiy, musiche originali Stefano Mainetti, luci Pietro Sperduti. Produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale e Best Live. Teatro Persiani di Recanati, il 28 gennaio; Rho (Mi), Teatro Civico Roberto de Silva, l’1 febbraio; Belluno, teatro Dino Buzzati, il 9 febbraio; Firenze, Teatro della Pergola, dall’11 al 16 febbraio. In tournée. 

La Carmen di Jiří Bubeníček all’Opera di Roma

«Carmen nel mio balletto è una donna forte e attraente, è uno spirito libero, simile a un cavallo che non si può domare. Non appartiene a niente e nessuno – spiega il coreografo ceco Jiří Bubeníček –. Ho iniziato questo lavoro leggendo Prosper Mérimée e mi sono reso conto che il personaggio della novella è molto più ricco di quello che ho potuto cogliere dal libretto dell’opera».

È questa l’idea di Bubeníček, noto come “coreografo narrativo”, elaborata dal momento in cui Eleonora Abbagnato, nel 2018, gli ha commissionato una nuova creazione di Carmen per l’Opera di RomaNe è nato un balletto a serata intera, una versione moderna, dai movimenti fluidi, dinamici e viscerali, su musiche di BizetFalla, Albéniz, Castelnuovo-Tedesco e Gabriele Bonolis. Lo spettacolo ha visto il debutto assoluto proprio al Teatro Costanzi sei anni fa e torna in scena dal 26 al 31 gennaio. Dopo Roma, Carmen di Bubeníček, con étoiles, primi ballerini, solisti e Corpo di Ballo impegnati nella tournée, arriva a Parigi, dal 21 al 23 febbraio al Palais des Congrès.

Ospite d’eccezione, di questa ripresa romana e anche della tournée, Javier Rojas – attualmente artist del Birmingham Royal Ballet, e al debutto con il Teatro dell’Opera – che interpreta Don José al fianco dell’étoile Rebecca Bianchi, un’indomabile Carmen. Nelle altre repliche, fino al 31 gennaio, si alternano nel ruolo del titolo le prime ballerine Federica Maine (28 e 30 gennaio ore 11) e Marianna Suriano (31 gennaio), in quello di Don José il primo ballerino Claudio Cocino (28 e 30 gennaio ore 11) con Giacomo Castellana (31 gennaio). L’étoile Alessio Rezza (26, 28 ore 20, 29 e 30 ore 20) e il primo ballerino Michele Satriano (29, 30 ore 11 e 31 gennaio) vestono i panni del toreador Lucas. In scena il Corpo di Ballo. Sul podio debutta alla guida dell’Orchestra dell’Opera di Roma Manuel Coves.

Carmen, Rebecca Bianchi © Yasuko Kageyama, Teatro dell’Opera di Roma

Il male oscuro di Giuseppe Berto

Il testo è considerato un caposaldo della letteratura italiana, un successo editoriale che nel giro di una settimana si aggiudicò i premi letterari Viareggio e Campiello. Eppure il romanzo fu rifiutato da più di un editore prima che Rizzoli lo pubblicasse nel 1964. L’onda lunga del successo non si è mai spenta. I teatri stabili di Palermo e Catania ne propongono oggi un adattamento scenico curato e diretto dal regista Giuseppe Dipasquale e interpretato da Alessio Vassallo.

Narra la vicenda autobiografica di uno scrittore in crisi, segnato dai sensi di colpa per la morte del padre. Bepi, l’io narrante del romanzo, è uno scrittore che ha la sensazione di non riuscire a governare la propria vita. Sospinto dagli eventi, dall’incapacità di superare il trauma della morte del padre, di relazionarsi autenticamente con i familiari, la moglie, l’amante, sprofonda nel baratro della depressione. Decide quindi di affidarsi alla psicanalisi per comprendere le ragioni profonde del suo malessere.

L’inettitudine del protagonista, molto simile a quella dell’antieroe sveviano de La coscienza di Zeno, cui Berto ha dichiarato di essersi ispirato, produce paradossalmente situazioni tragicomiche, attimi di straniamento che tuttavia aiutano a comprendere la complessità di una condizione esistenziale tipicamente contemporanea, di un io diviso tra senso del dovere e desideri frustrati.

Il male oscuro di Giuseppe Berto – il cast

“Il male oscuro”, di Giuseppe Berto, riduzione per il teatro e regia Giuseppe Dipasquale, scene Antonio Fiorentino, costumi Dora Argento, musiche Germano Mazzocchetti, movimenti coreografici Rebecca Murgi, con Alessio Vassallo, Ninni Bruschetta, e con: Cesare Biondolillo, Lucia Fossi, Luca Iacono, Viviana Lombardo, Consuelo Lupo, Ginevra Pisani. Produzione Teatro Biondo Palermo / Marche Teatro / Teatro Stabile di Catania. A Palermo, Teatro Biondo, dal 31 gennaio al 9 febbraio.

L’Elena di Ghiannis Ritsos

Chi è Elena? La guerra è forse sempre un inganno? Chi sono gli eroi? E dopo la guerra, cosa rimane? In questo viaggio ogni nuovo pensiero mette in discussione il precedente. L’Elena di Ghiannis Ritsos, interpretata da Elena Arvigo, interprete intensa e attenta indagatrice dell’animo femminile, è il racconto di un viaggio nel tempo che solo il mito ci concede di fare e rifare per rinnovare il senso e la coscienza di ciò che fu. Poemetto, ispirato al personaggio mitico, regina di Sparta, moglie di Menelao, fa parte della raccolta Quarta dimensione.

La forma scelta da Ritsos è quella del monologo drammatico: un discorso che prende vita spesso dai ricordi, sciolto in versi e rivolti ad un personaggio che resta una muta presenza sulla scena. L’Elena di Ritsos, vecchissima, dall’età indefinibile, immersa nei ricordi, riflette sul passare del tempo che tutto travolge; rievoca disincantata e lucidissima l’antico splendore; si duole dell’inevitabile perdita di senso delle cose: «A poco a poco le cose hanno perso senso, si sono svuotate; /d’altronde ebbero mai alcun senso?».

Ritsos attraverso il suo teatro-poesia che reincarna i miti –libera Elena dal suo stesso mito e concede alla propria amata attrice la possibilità di essere un diverso personaggio: una donna. In questa eterno naufragio c’è qualcosa che si salva: la desolata e inspiegabile bellezza di tutti quegli eventi che sembravano insignificanti e quel mistero vitale e inspiegabile che si nasconde dentro ogni umano “resistere”: «Eppure – chissà – là dove qualcuno resiste senza speranza, è forse là che inizia la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell’uomo».

Elena ph. Alessandro Villa

“Elena”, di Ghiannis Ritsos, traduzione di Nicola Crocetti, regia Elena Arvigo, con Elena Arvigo e Monica Santoro, scene e costumi: Elena Arvigo in collaborazione con Maria Alessandra Giuri, disegno Luci Luigi Chiaromonte e Elena Arvigo. Produzione Teatro OUF Off con Associazione Santa Rita & Jack teatro. A Roma, Teatro Torlonia, dal 30 gennaio – 2 febbraio 2025.

Il grande vuoto, per trasformare il dolore in bellezza

Terzo capitolo della Trilogia del vento di Fabiana Iacozzilli – dopo La Classe e Una cosa enormeIl grande vuoto è una messa in scena visionaria, che accosta alla narrazione teatrale il linguaggio multimediale per raccontare una famiglia e il suo doloroso, inesorabile disfacimento. «Il punto è trasformare il dolore in bellezza. Ci riusciremo ancora?». Fabiana Iacozzilli affida a Re Lear, una tra le più cupe tragedie di Shakespeare, il compito di trasfigurare il dolore attraverso il filtro teatrale.

Con il suo ultimo lavoro, l’autrice porta sul palco l’amore tra una madre malata di Alzheimer e i suoi figli, inquadrando, con una messa in scena a metà tra teatro e riprese video in diretta, le fasi dell’ultimo pezzo di strada percorso da una famiglia prima di perdersi nel vuoto.

Scritto a partire da improvvisazioni e testimonianze dirette e ispirato ai romanzi Una donna di Annie Ernaux, Fratelli di Carmelo Samonà e I cura cari di Marco Annicchiarico, lo spettacolo ritrae un’ex attrice, colpita da una malattia neurodegenerativa, alla quale rimane solo il ricordo di un monologo shakespeariano, mentre gli oggetti di una vita – vestiti, cartoline, calamite e fotografie – fanno da sfondo, come tracce tangibili di esistenze svanite.

Il grande vuoto Ph Laila Pozzo

Il grande vuoto”, di e regia Fabiana Iacozzilli, drammaturgia Linda Dalisi, Fabiana Iacozzilli, con Ermanno De Biagi, Francesca Farcomeni, Piero Lanzellotti, Giusi Merli e con Mona Abokhatwa per la prima volta in scena, scene Paola Villani, luci Raffaella Vitiello, musiche originali Tommy Grieco, suono Hubert Westkemper, costumi Anna Coluccia, video Lorenzo Letizia. Produzione Cranpi, La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello Centro di Produzione Teatrale, La Corte Ospitale, Romaeuropa Festival. A Roma, Teatro Vascello dal 28 gennaio al 2 febbraio.

Il sesso degli angeli nella danza di Roberto Castello

Tra i padri della danza contemporanea in Italia, Roberto Castello presenta (il 31 gennaio, a Roma, Teatro Palladium, per la Stagione Danza 2025 del Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita | Spellbound) in prima assoluta la sua ultima creazione, Il sesso degli angeli con le danzatrici Erica Bravini e Ilenia Romano. Lo spettacolo nasce da una riflessione polemica, declinata in chiave ironica, sullo stato dell’arte del mondo teatrale contemporaneo.

Scrive il coreografo: «L’intento iniziale de Il sesso degli angeli, non ha senso negarlo, era di ironizzare sulla propensione del mondo teatrale – normalmente così prodigo di insegnamenti morali -, a ritirarsi in prudenti silenzi e riposizionamenti tattici nei momenti politicamente più delicati. Una volta iniziate le prove però la vis polemica ha cominciato a spegnersi mentre nel lavoro hanno iniziato ad emergere reminiscenze di anni lontani in cui, tra avanguardismo, teatro povero e influenze orientali, in molti erano alla ricerca della potenza espressiva dei corpi nella loro assoluta, nuda presenza».

Su questa scia, Castello punta l’accento sul desiderio di riportare al centro dei discorsi l’umanità ricercata negli anni ‘70 e ’80 tra la politica, filosofia e psicanalisi. Le strategie di un’altra epoca vengono riportate nel vivo del nostro presente, in cui sembra diffusa la convinzione che «Solo le tecnologie, il mercato, le intelligenze artificiali e le migrazioni su Marte ci potranno, forse, salvare».

Roberto Castello ALDES, Il sesso degli angeli Ph Marco Moscato

Radio Argo trasmette ancora

A distanza di tredici anni Peppino Mazzotta e Igor Esposito portano in scena RADIO ARGO suite (a Roma, Teatro India, dal 29 gennaio al 2 febbraio), una nuova edizione dell’acclamato spettacolo che ha conquistato consensi di pubblico e critica e aggiudicandosi diversi premi e riconoscimenti. La performance per voce e musica (musiche originali di Massimo Cordovani, eseguite dal vivo con Mario Di Bonito) incentrata sull’opera teatrale Radio Argo del 2011, si presenta come una riscrittura dell’Orestea di Eschilo, ad opera del poeta e drammaturgo Esposito, con l’interpretazione di Mazzotta, per una coraggiosa impresa drammaturgica che porta sul palco una densa partitura dalla forte vocazione libertaria e ribelle, tuttavia fedele ai materiali classici di riferimento. Infatti, con una prosa decisa e diretta, l’autore vuole farci dimenticare il linguaggio edulcorato, diluito e politicamente corretto della cronaca contemporanea, tornando a un parlare franco e appassionato, senza censure né compromessi dettati dal calcolo o dall’interesse.

Così facendo, ci fa sentire di nuovo il pericolo della realtà che ogni giorno attraversiamo inconsapevoli, in un processo di smascheramento continuo e inesorabile. Il testo snocciola la sua versione dei fatti attraverso sei testimonianze dirette che, in ordine cronologico e lontane da qualsiasi tentativo di attualizzazione, ripercorrono le vicende precedenti e successive alla guerra più conosciuta e celebrata della storia dell’umanità: la guerra mossa dagli Achei contro la città di Troia. La prima è quella di Ifigenia, l’ultima quella di Oreste. In mezzo si rincorrono quelle di Egisto, Clitennestra, Agamennone e Cassandra. Sei fantasmi che tornano in vita, che tornano in voce, per spiegarci l’arcano passato da cui veniamo e il tragico presente in cui navighiamo.

Peppino Mazzotta in Radio Argo

Marco Cacciola e le Lettere a Bernini

Il rapporto fra gli intellettuali e il Potere in un’epoca segnata dalla propaganda. La complessità dell’animo umano contro ogni tentativo di semplificazione. Uno sguardo su un Passato che, per certi versi, somiglia al nostro Presente. Sono soltanto tre dei nodi affrontati in Lettere a Bernini, la nuova creazione del drammaturgo e regista Marco Martinelli, fondatore delle Albe insieme a Ermanna Montanari, con cui condivide l’ideazione di questo spettacolo (coproduzione Albe/Ravenna Teatro, Emilia-Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale) che sarà in scena dal 28 al 30 gennaio al Teatro Eleonora Duse di Genova, prima tappa del tour nazionale (dal 4 al 9 febbraio, al Teatro Elfo Puccini di Milano).

Lo spettacolo si svolge interamente in un giorno d’estate dell’anno 1667, esattamente il 3 agosto. In scena, nel suo studio di scultore, pittore e architetto, il vecchio Gian Lorenzo Bernini interpretato dall’unico attore sul palco, Marco Cacciola, che recita in italiano e in napoletano. La massima autorità artistica della Roma barocca è infuriata con Francesca Bresciani, intagliatrice di lapislazzuli che ha lavorato per lui nella Fabbrica di San Pietro e che ora lo accusa, di fronte ai cardinali, di non pagarle il giusto prezzo per il suo lavoro.

Da questa vicenda, storicamente documentata, prende il via Lettere a Bernini: sono le lettere che la Bresciani spediva ai potenti committenti del Bernini, per denunciare il torto subito e rivendicare i propri diritti, rivelandosi figura di emancipazione femminile ante litteram.

Marco Cacciola in Lettere a Bernini

Sole e Baleno (una favola anarchica)

Un’opera di teatro musicale per voci recitanti e un musicista, ispirata alla storia realmente accaduta a Torino alla fine degli anni Novanta: quella di Sole, una ragazza argentina, e del suo compagno Baleno, un anarchico italiano. Imputati di associazione sovversiva, senza alcuna prova evidente, e soggetti a reclusione preventiva, si suicidarono a breve distanza l’uno dall’altra. Una storia che intreccia, secondo il regista Pietro Babina, le parabole di Romeo e Giulietta e di Sacco e Vanzetti in un unico dramma in cui si ritrovano i grandi temi della tragedia: amore, morte, potere, ingiustizia, amicizia, idealismo, aspirazione a un mondo migliore.

La pièce S&B – Sole e Baleno (una favola anarchica) (a Bologna, Teatro Arena del Sole, dal 28 gennaio al 2 febbraio), è stata costruita a partire dalla struttura dell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht con le musiche di Kurt Weill, alla quale Babina e il musicista Alberto Fiori, che firma la partitura sonora, si sono ispirati specialmente nell’accostamento tra canto, musica e recitazione. La messa in scena è essenziale: tutti i personaggi sono interpretati solo da due attori (lo stesso Pietro Babina e la musicista e cantautrice Serena Abrami), mentre Alberto Fiori esegue dal vivo i brani concepiti per strumenti e dispositivi elettronici.

S&B ph Claudia Marini

Ex – esplodano gli attori, a Napoli  

«Anche se prende le mosse dal racconto di una famiglia segnata da una dittatura, indagando la possibilità di sanare e superare un trauma collettivo, questo testo di Gabriel Calderón, fra i maggiori artisti di teatro in Uruguay, può parlarci, in realtà, di una famiglia qualsiasi e del tentativo di rimetterne assieme i cocci, collocandosi, quindi, su un terreno assolutamente universale», afferma il regista Emanuele Valenti.

Ex – esplodano gli attori è la storia di una ragazza che vuole capire cosa abbia portato i propri familiari a odiarsi e non parlarsi più per anni. Come fosse un po’ un regalo, un po’ un esperimento di fisica quantistica, tutti si ritrovano riuniti in casa la notte di Natale. Procedendo nel racconto, il cenone si fa sempre più improbabile e tragicomico: il presente lascia spazio a scene ambientate nel passato da cui si delinea una vicenda familiare che deve fare i conti con le conseguenze della storia politica del proprio paese.

L’autore racconta che l’idea del testo è nata interrogandosi sulle risposte che l’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica dava quando gli si chiedeva come sarebbe stato possibile superare lo scontro sociale conseguente alla dittatura. Mujica rispondeva che forse l’unica soluzione era che tutti gli attori della storia morissero, anzi più precisamente, esplodessero. Da qui l’interrogativo: l’uomo non è abbastanza intelligente e pronto per risolvere le cose quando i suoi protagonisti sono ancora in vita? E, il tempo, può davvero guarire le ferite?

Ex – Espodano gli attori, regia di Emanuele Valenti, Ph. Luca del Pia

“Ex – esplodano gli attori”, di Gabriel Calderòn, regia Emanuele Valenti, con Monica Demuru, Christian Giroso, Lisa Imperatore, Marcello Manzella, Daniela Piperno, Lello Serao, Emanuele Valenti, scene Giuseppe Stellato, costumi Daniela Salernitano, disegno luci Massimo Galardini, direttrice di produzione Hilenia De Falco. Un progetto realizzato dal Teatro Metastasio di Prato produzione Teatri Associati di Napoli/Teatro Area Nord Fondazione Teatro di Napoli/Teatro Bellini. A Napoli, Teatro Piccolo Bellini, dal 30 gennaio al 9 febbraio.

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