08 gennaio 2016

Trasparenza, questa sconosciuta

 

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La trasparenza dei prezzi è ancora il Santo Graal nel mondo dell’arte. Questa è l’opinione di Magnus Resch, ricercatore della University of St Gallen, in Svizzera, specializzato in mercato dell’arte. L’analisi di Resch, che comprende 400 gallerie internazionali da New York, Londra, Hong Kong e Berlino a Zurigo, dimostra che i listini prezzi sono apertamente disponibili in meno della metà degli spazi: se il 40 per cento delle gallerie distribuisce i listini solo su richiesta, il 10 per cento rivela queste cifre solo a collezionisti noti. 
La questione è da sempre sotto i riflettori, con case d’asta e gallerie che si scontrano da sempre sul tema. Se nelle aste i giochi vengono complicati dalle garanzie delle terze parti, che acquistano opere a cifre ignote, per le gallerie l’opacità è totale. La mancanza di informazioni sui prezzi di vendita di gallerie e commercianti è ancora più preoccupante, perché queste vendite coprono oltre il 50 per cento delle transazioni del mercato dell’arte. Il dubbio che tale segretezza genera negli acquirenti è che molti prezzi non siano resi disponibili per una volontà, da parte di gallerie, mercanti e mediatori di ottenere un risultato migliore nella vendita. Questo gap di informazioni però deve essere colmato, secondo molti, anche a vantaggio delle gallerie. Marc Spiegler, direttore delle fiere Art Basel, ritiene infatti che i galleristi devono essere più trasparenti se vogliono competere con le case d’asta, «il fatto che le gallerie forniscono i prezzi solo ad un pubblico ristretto, mentre le case d’asta lo rendono pubblico mette il mercato totalmente nelle mani di queste ultime. In questo modo, le case d’asta sono stati autorizzati a definire ciò che è e ciò che non è importante». 
Niente di più vero. (Roberta Pucci)

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