-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
anonymous art project debutta a Venezia con Kengo Kito e Mika Ninagawa con EiM
Mostre
Linee e interstizi, o spiragli, o varchi per riflettere sulla relazione tra arte, architettura e società: è così che anonymous art project, nato nel 2023 da un’idea dell’imprenditore Hiroyuki Maki e fondato sulla filosofia del “restituire alla società”, si presenta a Venezia con due mostre che rispecchiano fedelmente ciò che è, ovvero uno spazio libero in cui l’arte possa essere vissuta come esperienza autentica e trasformativa.
L’una, LINES by KENGO KITO, a cura di Masahiko Haito e in programma fino al 28 settembre nella corte del Museo Archeologico Nazionale di Venezia; l’altra, Mika NINAGAWA with EiM: INTERSTICE, a cura di Eriko Kimura e ospitata nelle sale di Palazzo Bollani fino al 21 luglio, sono iniziative indipendenti a sostegno della mostra del Padiglione Giappone alla Biennale di Venezia (ve l’abbiamo segnalato qui), e portano entrambe a condividere una sensazione di stupore e di meraviglia, perdendosi lungo il confine (precario) tra ciò che è sogno e ciò che è realtà, anche nel vasto mondo dell’architettura.


A proposito di architettura, va detto che dopo tanti anni, passeggiando in Piazza San Marco di fronte a Palazzo Ducale nella direzione verso il Campanile o verso la Laguna, si potrà tornare a vedere il Cortile dell’Agrippa: parte del progetto espositivo è l’intervento temporaneo di manutenzione sostenuto da anonymous art project che interessa la parete alle spalle della scultura di Agrippa accolta nel cortile, parzialmente consumato dall’azione del tempo e dell’umidità. Con la sua installazione LINES, infatti, Kengo Kito segna dunque l’inizio di una nuova fase della storia del Museo archeologico, che riapre lo storico accesso al civico 17 restituendo il percorso espositivo nell’ordine originario voluto tra il 1924 e il 1926 da Carlo Anti. Più fini e più colorate delle briccole veneziane, le linee di Kito escono da una base specchiata di forma ovale – che richiama quella di alcune finestrelle del cortile – come fossero acqua innalzandosi verso l’alto ma anche, illusivamente per via dello specchio, verso il basso, come se venissero da molto lontano, come se non esistesse inizio né fine. È così all’esterno, nel cortile, dove Kito posiziona tre installazioni, e parimenti all’interno, in una sala del museo confinante con la storica Biblioteca Marciana, dove ne è posizionata una quarta, una soltanto, che rinforza la sensazione che ciascuna di quelle linee (letteralmente) sia in realtà un varco (metaforicamente) che in maniera soggettiva scatena un contatto dialogante con il pensiero e nello spazio.

La sensazione di sentirsi di fronte a una lanterna magica – benintesa in senso proustiano per cui anziché il mondo immaginato ci troviamo davanti il mondo visibile creato e contaminato, con la lanterna magica appunto – salendo le scale di Palazzo Bollani, quando si intravede la prima delle tre installazioni di INTERSTICE di Mika Ninagawa e EiM: Within the Breath of Light and Shadows, ce lo dice anche letteralmente, siamo dentro al respiro di luci e ombre, dove sfumano i confini di immaginazione e percezione, dove ogni perlina e ogni gemma – tante, tantissime, di infiniti tipi che danno anche forma a motivi ricorrenti, come cuori o farfalle – perde la sagoma del proprio carattere puntuale la raddoppia, continuamente, con un alone fantasmatico.

Remnants of Life, nella sala successiva, è un’inno all’eternità: «you are the wild that stirs forgotten petals», ovvero sei il vento che agita i petali dimenticati. L’inno è restituito formalmente come una scultura, al neon, che cattura l’attenzione tra le tante immagini stampate su tessuto che Ninagawa, fotografa tra le più influenti della scena contemporanea giapponese, ha scattato ai fiori non recisi che si lasciano nei cimiteri. Si apre da questa sala la vista sull’ultima installazione, Dreams of the beyond in the abyss. Ci immergiamo in un ambiente buio, avvolto da tessuto, all’interno del quale viene proiettata un’immagine, in movimento, sempre diversa, che ci mette di fronte all’abisso: cosa è l’abisso? Un varco, ancora una volta, come le linee: un’apertura che dà la possibilità di incontrare nuovi mondi, con gli occhi e con il cuore.
